Chi è? Non è un cantante.
Non è una voce.
È
un miracolo.
 Thomas Burke

A Napoli, Palazzo Reale accoglie nella sala dorica. il nuovo Museo Enrico Caruso Ecco la seconda parte dell’excursus dedicato all’iniziativa, firmato da Carmine Negro, che da questo portale già condotto i lettori nell’atmosfera del progetto con un‘introduzione ben documentata sull’idea e sull’artista che l’ha ispirata.

Nelle foto, qui sopra e in basso, dischi proiettati con note biografiche
e grammofoni nel percorso museale

SECONDA PARTE
Quando si ripercorre una vita intensa come quella di Enrico Caruso si finisce per confrontarsi con problemi di carattere tecnologico, sociologico, storico e di costume.
L’invenzione delle incisioni e del grammofono ha avuto un successo immediato prima in America e poi in Europa. La diffusione dei dischi permette alle persone di potere ascoltare la musica in casa senza l’obbligo di andare a teatro. La registrazione avvenuta il giorno 11 aprile 1902 dei brani nell’Hotel Spatz odierno Grand Hotel a Milano è stato un grande evento. Alla fine Caruso, bravo disegnatore, rilascia una caricatura in cui riprende Fred accanto alla macchina per le incisioni.
I dischi di Caruso hanno avuto un successo eccezionale, nonostante il prezzo di 10 scellini, non certo economico, e consentito alla società di attrarre molte altre star della lirica. Anche Caruso, grazie a essi, ottiene la conferma di un contratto col Metropolitan di New York, dopo che il suo direttore artistico ha ascoltato l’aria E lucean le stelle, dalla Tosca di Puccini.
Dopo questa prima esperienza con la Berliner Caruso firma un contratto, il 28 giugno 1908,  con un’altra azienda quella di Elridge Johnson che miete successi grazie ad un impegno continuo nel miglioramento del grammofono. Con questa società, chiamata Victor, Caruso diviene una star mondiale.
Dopo essere stato il primo dei grandi artisti a cimentarsi con la nuova tecnologia, nel 1902 diventa anche il primo artista in assoluto a raggiungere e a superare, con il disco Vesti la giubba dai Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, il milione di copie vendute. Un successo che persiste nel tempo: quella incisione, etichetta Victrola, nel 1975 ha ricevuto il Grammy Hall of Fame Awards[1].
Si può sostenere che il successo dell’industria discografica, che ancora perdura ai nostri giorni ha avuto l’avvio in quel fatidico giorno 28 gennaio 1904 quando la Victor scrittura il tenore napoletano Enrico Caruso per incidere una serie di dischi. È l’esplosione di un successo che mai nessun altro artista ha conosciuto prima.

Enrico Caruso è stato la prima star mediatica e il cinema degli inizi, allora muto, non se lo lascia sfuggire. Nel 1918 a New York, il tenore firma un contratto con Jesse Lasky della Famous Players per l’ingente somma di 200.000 dollari per due film. Il primo è My Cousin, una commedia degli equivoci in cui interpreta il ruolo del tenore Caroli e del cugino Tommaso, figurinaio a Little Italy. I personaggi sono proposti con stili recitativi diversi, bonario e pasticcione il cugino, annoiato dalla fama il tenore, entrambi interpretati col naturalismo moderno che caratterizza il cantante. Tutte le recensioni rilevano le grandi doti di interprete di Caruso anche sul grande schermo.
Puccini già nel primo incontro con Caruso riconosce da subito il talento del cantante con Toscanini il rapporto, specie all’inizio, è più difficile. Nella prima prova di Bohème[2], Caruso, esordiente alla Scala e non in perfetta salute, ha dei contrasti con il direttore Toscanini perché canta il do, dell’aria Che gelida manina, in falsetto.
Toscanini gli chiede di emettere un do più vigoroso, ma dato che le cose proseguono nello stesso modo fino alla terza prova, il direttore decide di abbassare di mezzo tono l’aria ma senza avere risultati perché Caruso continua a cantare in falsetto anche il si. Il contrasto continua anche nelle prove successive tanto che Caruso è intenzionato a restituire la caparra e ad abbandonare il Teatro. Solo grazie ad una intermediazione da parte del duca Visconti di Mondrone e dell’imprenditore Gatti-Casazza si ricompone il diverbio.
Per le cronache del tempo la prima delude la platea ma nelle nove repliche successive si assiste a una convincente rivincita di Caruso che si conclude con gli applausi e le richieste accettate di bis. Toscanini, che considera la ripetizione a richiesta roba da fiera, mugugna.

Successivamente sempre alla Scala alla prima dell’Elisir, il pubblico è diffidente fino all’uscita di Caruso, l’arrivo del tenore sul palco riscalda gli animi. Gli applausi sono interminabili e la richiesta di bis è così insistente che Toscanini, nonostante la sua avversione per tale usanza, deve concederli e rivolgendosi a Gatti-Casazza, dice: Perdio, se questo napoletano continua a cantare così, farà parlare di sé il mondo intero[3].
L’8 giugno 1904 è il protagonista del galà in onore di Re Alfonso al Covent Garden di Londra. A seguito di ciò, convocato dai reali d’Inghilterra a Buckingham Palace riceve come dono una un preziosa spilla di diamanti e rubini.
A marzo 1906, durante la consueta tournée americana di quattordici recite in venticinque giorni, il tenore è stato invitato a Washington, alla Casa Bianca, per ricevere in dono dal Presidente Theodore Roosevelt una foto con dedica.
Sempre nel 1906 il 18 aprile, un terremoto a San Francisco fa tremare la terra per tre lunghissimi minuti. Il risultato è la distruzione di tre quarti della città. Altre scosse telluriche si succedono per quattro ore, facendo propagare il fuoco e inghiottire interi quartieri da giganteschi roghi e tubature del gas che esplodono. Enrico Caruso racconta la sua fuga dall’albergo in fiamme mentre la gente si raduna nel parco dove viene montata la prima tendopoli e il bilancio della tragedia riporta un migliaio di morti, centinaia di feriti, 300.000 senza tetto ed enormi danni materiali.
Nella notte del 14 aprile 1912, con l’affondamento del transatlantico Titanic,  perdono la vita 1518 sui 2223 imbarcati. La nave lunga 269 metri nel suo viaggio inaugurale entra in collisione con un iceberg e affonda. Il 29 aprile 1912 Caruso canta il brano The Lost Chord, composto nel 1877 da Arthur Sullivan su una poesia di Adelaide Anne Procter, al Metropolitan Opera House al concerto di beneficenza a favore delle famiglie delle vittime. Il brano ha avuto un successo che si è protratto nel tempo. Nel 1931 è stato cantato da Beniamino Gigli mentre nel 1968 la rock band The Moody Blues ha intitolato il suo terzo album In search of the lost chord.
C’è stato anche un momento quando Joe Petrosino salva Enrico Caruso dalla mafia. Nel 1903 quando Caruso arriva negli States, dopo il travolgente successo al Metropolitan di New York, si esibisce per numerose serate. Una di queste rischia di essere l’ultima per il tenore partenopeo.
Al teatro newyorchese, che lo ospita quella sera, c’è un poliziotto famoso di origine campana Petrosino, che con entusiasmo si è recato, dopo il servizio, ad assistere allo spettacolo perché finalmente, grazie al tenore, si parla bene di un italiano.
Finita la rappresentazione, il poliziotto si avvicina alla macchina dell’artista per poterlo salutare ma si accorge che il cofano dell’auto sembra manomesso. Si qualifica, ferma Caruso, fa scendere il suo autista e da esperto artificiere, apre il cofano e si accorge che qualcuno ha posizionato una bomba con innesco a orologeria con una esplosione programmata otto minuti dopo la partenza.
Fra Caruso e Petrosino nasce subito un sentimento di fratellanza: entrambi italiani, entrambi campani, entrambi emigrati, anche se per ragioni molto diverse. Caruso rimane favorevolmente colpito da quel suo strano connazionale e, in segno di gratitudine, gli fa pervenire un disco d’oro che il poliziotto apprezza molto.



La vita di Enrico Caruso è così: tutta un susseguirsi di trionfi e momenti dolorosi, di ovazioni e di tradimenti. Terribile è stato quello di Ada Giachetti, il grande amore della sua vita. L’unione, dopo circa 10 anni, finisce quando Caruso scopre che l’autista è l’amante della Giachetti. In seguito i due amanti montano una tresca per estorcere soldi al grande tenore intentando un processo che si svolge a Milano nell’ottobre 1912.
Il tribunale ritiene Ada Giachetti colpevole di diffamazione e le infligge una pena che viene ridotta per effetto dell’indulto del 1911. La sentenza, però, non può lenire le sofferenze morali che Caruso ha dovuto subire, ma chiude un triste capitolo della sua vita. Caruso la ricorda interpretando Core ‘ngrato e scrivendo Tiempo Antico proprio per ricordare quel dolore.
Per fortuna rinasce l’amore: un’altra donna Dorothy Benjamin conquista il suo cuore. Si sposano nel 1918 e l’anno dopo nasce una bambina che chiamano Gloria.
Nel maggio del 1920 canta a Cuba per diecimila dollari a recita. Si sente realizzato, scrive ai vecchi amici, rievoca i tempi lontani, li ringrazia per l’aiuto che gli hanno dato.
L’11 dicembre, il tenore ha una forte emorragia dalla gola e il giorno di Natale, quando il dolore si fa insostenibile, gli viene diagnosticata una pleurite infetta. è operato il 30 dicembre al polmone sinistro. Nel mese di giugno torna in Italia con la famiglia a bordo del Presidente Wilson si trasferisce a Sorrento dove la sua salute sembra migliorare. Quando alla fine di luglio si aggrava viene chiamato il prof Antonio Cardarelli da Roma, che sostiene che va operato d’urgenza a Roma perché Napoli non è abbastanza attrezzata.
Viene anche raggiunto dal medico Santo Giuseppe Moscati il quale però afferma che ormai resta da fare ben poco e che solo Dio può salvare Caruso. Trasportato da Sorrento a Napoli, nel tentativo di raggiungere Roma, scende all’Hotel Vesuvio e alla moglie chiede: Dorothy, fammi portare al sole, voglio vedere la mia città. Dopo poco muore: è il 2 agosto 1921. I funerali hanno luogo nella Chiesa di San Francesco di Paola di piazza Plebiscito tra una folla numerosa e commossa.
Il canto carusiano era quello della sua terra e in ogni canzone napoletana il tenore si trasferisce a Napoli, rivela completamente la sua folgorante napoletanità. E quella nota sanguigna di dolore virilissimo che è il colore dei suoi armonici, nella canzone napoletana s’intinge e s’arroventa ancor più solarmente. (Riccardo Vaccaro).
Un’immagine del tenore e la scritta che lo lega alla città emergono nel primo ambiente di questo nuovo Museo, che il colore nero ha reso senza pareti. Sembrano introdurci al tema di questa esposizione permanente e al luogo in cui ci troviamo. Un grande lampadario, posto ad altezza uomo, accoglie e incanta. L’eleganza e la classe espresse in luce e riflessi rimandano ad un posto magico, come quello di un teatro, che permette di attraversare spazio e tempo e regalare emozioni. L’impalpabile scintillio delle luci che brilla nelle trasparenze pendule richiama quella della voce e quella della musica.
Progettare un percorso museale come quello del Museo Caruso significa mettere in scena l’immateriale. È quello che ha fatto NEO (Narrative Envirenment Operas) gruppo specializzato che ricerca, progetta e realizza ambienti narrativi per mostre e musei multimediali. Si tratta del racconto di una voce, legata a quella di una vita, fatta di tante storie che spesso gli oggetti più comuni riescono  a rievocare.

Scultura in bronzo, autocaricatura di Enrico Caruso
sotto forma di Budda 1909

Il Museo si sviluppa su una superficie di 500 metri quadrati, e si compone di 60 rari oggetti originali, 3.500 documenti digitalizzati in 11 tra tavoli e mappe multimediali, animazioni 3D, 43 postazioni audio e installazioni cinematografiche.
L’allestimento[4] ha valorizzato lo spazio originale attraverso un’illuminazione che mantiene visibili elementi, come le colonne, che delineano e caratterizzano la spina centrale della sala e dividono in due tragitti il percorso. L’ambiente espositivo, suddiviso in porzioni separate cerca di condurre il visitatore a immergersi e conoscere la storia del personaggio. Tramite anche l’uso della tecnologia egli può interagire con oggetti di collezione, immagini fotografiche, locandine originali e oggetti collocati lungo il percorso.
Il potere evocativo che nasce dagli oggetti fisici presenti viene utilizzato per far rivivere il patrimonio intangibile di storie a essi collegati. Sono storie che definiscono e costruiscono lo spazio e realizzano degli ambienti narrativi, dove la materia e la forma non sono mai disgiunte dalla loro essenza immateriale. All’interno di ogni ambiente narrativo la dimensione digitale composta da immagini, suoni, voci, luci si fonde con la dimensione fisica e il racconto che si articola nello spazio e nel tempo stimola la sfera razionale ma soprattutto quella emotiva che è capace di scavare più profondamente nella memoria.
I dischi registrati da Caruso ci consentono di poter ascoltare oggi la sua voce e di poter raccontare che fu proprio il grande tenore a determinare il successo dell’industria discografica. A ispirare l’impianto multimediale dell’allestimento non poteva che essere l’oggetto disco.
Dopo il primo ambiente, di cui abbiamo parlato all’inizio, la mostra si apre con la sala che ospita l’installazione immersiva dedicata alla biografia di Enrico Caruso. Cinque grandi dischi sono proiettati sulla parete di destra e ad ognuno è associato un brano significativo della sua storia. I dischi lasciano spazio alla musica per introdurre il percorso, mentre l’approfondimento scritto è riportato sulle pareti opposte alle proiezioni circolari.
Segue la sezione dedicata alla sua discografia, dove con i beacon e i braccialetti sensorizzati è possibile attivare i contenuti, i tavoli touch multimediali che consentono approfondimenti immersivi e le teche multimediali che permettono l’accesso a podcast sonori. Le ultime due sale, quella dedicata alla vita del cantante in tour, sul palco e fuori dal palco, e quella dedicata alla carusomania continuano il racconto tra oggetti fisici e originali ed elementi multimediali ed emozionali.
Nell’ultima sezione, quella che chiude la visita al Museo, c’è una piccola Sala Cinema in cui si può assistere da una minuscola tribuna alla proiezione di My Cousin, l’unico sopravvissuto dei due film interpretati dall’artista. Il film è del 1918, per cui si tratta di un muto, ma grazie a uno straordinario lavoro di restauro e sincronizzazione è possibile vedere e ascoltare Enrico Caruso nella celeberrima aria dai Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, Vesti la giubba.
Fondamentale la collaborazione con un donatore speciale, Luciano Pituello, che ha dedicato tutta la sua vita al collezionismo di cimeli e incisioni originali e che ha deciso di donare i materiali di sua proprietà come atto di generosa condivisione di un progetto sul grande tenore.
Enrico Caruso è stato uno straordinario artista, dice il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, dopo avere inaugurato il museo dedicato al grande tenore a Palazzo Reale. E continua: Noi stiamo portando avanti all’Unesco il riconoscimento come arte immateriale del bel canto italiano perché il mondo della lirica è una delle eccellenze della nostra nazione. Caruso è stato uno dei migliori prodotti italiani nel mondo, era giusto che Napoli gli rendesse omaggio con questo museo.
La nascita del Museo è stato un riconoscimento dovuto e importante, anche se tardivo, ad un concittadino dotato di grande talento che ha contribuito a rendere immortale nel mondo la canzone e la musica napoletana.
Il Museo anche quando utilizza tecnologia moderna non si sottrae alla sua funzione di archivio e di custode di un racconto capace di generare altre narrazioni. Quella di Caruso è una vita che parte da una periferia umana e sociale e ricerca un suo riscatto. Un modello a cui fare riferimento nei momenti difficili e di sbandamento.
Alla Musica ovvero all’Arte delle Muse i greci attribuiscono una funzione educativa. Secondo Platone la musica serve per arricchire l’animo umano come la ginnastica provvede ad irrobustire il fisico. Il Mediterraneo ha visto sulle sue sponde il fiorire di tante civiltà e di tanta musica ed è sempre stato un mare che ha unito e diviso. Oggi le rotte coloniali sono ripercorse a ritroso, dall’Africa all’Europa, da un ospite indesiderato che inquieta. La presenza del migrante ha rideterminato il Mediterraneo stesso che, nelle paure europee, ha assunto progressivamente le sembianze di un confine e di un muro presidiato militarmente, e che ha tracciato un nuovo discrimine tra legalità e illegalità. Per Walcott l’essenza liquida del mare può fornire criteri ontologici[5] con i quali revisionare le nostre teorie radicate nella terraferma[6]il mare è storia  e in quanto tale spinge al ripensamento delle categorie di tempo e spazio.
Se indaghiamo i generi dell’arte musicale, delle sue coste il raï e il raggae, il ma’luf e il rap, il rebetiko (greco-turco-anatolico) e il flamenco, il fado, il blues e poi la canzone napoletana ci ritroviamo in una storia mutevole delle forme e delle innovazioni musicali tracciate contemporaneamente attraverso memorie, temporalità e affettività diverse[7].


Mappe sonore che permettono di scoprire discendenze culturali disparate e sommerse, esito di molteplici ibridazioni. Quando si riesce a uscire dalla superficie dei suoni, e ad immergersi nella loro profondità si possono recuperare le origini e le intersezioni. Questo viaggio non può che restituire alla sua complessità e alle sue differenze il Mediterraneo … Un’infinità di tracce senza…inventario[8]
La musica, risorsa immateriale capace di incidere su quella materiale,
può diventare con la sua narrazione conoscenza e incontro solo se ci si mette in ascolto. Napoli città situata al centro del Mediterraneo e per sua natura accogliente, può, con i suoi componimenti e quelli di una rassegna di Musica Internazionale Mediterranea[9] trasformarsi in spazio di ascolto.
Il nuovo Museo che pone al centro la Musica e la straordinaria figura di Caruso potrebbero essere chiamati a stimolare la crescita di una nuova colonna sonora del Mediterraneo. E Caruso con la sua storia e la sua voce potrebbe continuare a essere un Cantore che dona ancora al mondo la luce del suo canto immortale[10]


La musica, con la capacità di evocare potenti risposte emotive, ridurre i sentimenti di ansia, aiutare a recuperare i ricordi, stimolare l’immaginazione e la creatività, riconoscere i diritti e sostenere la crescita personale e collettiva può aiutare a costruire un nuovo Mediterraneo.La musica è una rivelazione, più alta di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia.
(2.fine)
©Riproduzione riservata


Nell’immagine di copertina, la conferenza stampa al teatrino di corte di Palazzo reale con il ministro della cultura Sangiuliano e il sindaco di Napoli, Manfredi per presentare il Museo dedicato a Caruso nella Reggia borbonica

Per saperne di più
Museo Caruso – Palazzo Reale di Napoli – Sito Ufficiale
A Ferragosto il Palazzo Reale di Napoli resterà regolarmente aperto al pubblico nei consueti costi e orari di apertura.
Orari di visita: 
– Appartamento storico e nuovo allestimento del presepe napoletano dalle collezioni di Intesa Sanpaolo, 9.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
– Mostra ‘’Paladino. I 104 disegni di Pulcinella’’, Galleria del Genovese, 9.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00) 
Museo Caruso, Sala dorica, 09.00-15.00 (ultimo ingresso 14.00)
– Galleria del tempo, Scuderie borboniche, 15.30 ‒ 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
– Androne delle carrozze, mostra documentaria Palazzo Reale: danni di guerra e restauri. Una storia per immagini dal 1943 agli anni Cinquanta, 9.00-19

NOTE
[1] Il Grammy Hall of Fame Award è un premio Grammy istituito nel 1973 per onorare le registrazioni che sono state pubblicate da almeno 25 anni e che hanno “un significato storico o qualitativo”.

[2] La prima di quella stagione alla Scala era prevista per il 26 dicembre 1900.

[3] Eugenio Gara, Caruso. Storia di un emigrante Rizzoli 1948 p. 92.

[4] L’allestimento del museo è stato realizzato da ETT (Digital Strategy & Design) in collaborazione con Space e Corepixx

[5] Ontologia, dal greco òn, genitivo óntos ‘ente, participio presente del verbo èimi essere logìa da logos discorso dottrina. Scienza dell’Essere

[6] Derek Walcott, Mappa del nuovo mondo, Adelphi, Milano, 1992.

[7] Iain Chambers, Mediterraneo Blues, Tamu, Napoli, 2020.

[8] Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 2014.

[9] https://www.ilmondodisuk.com/racconto-passeggiata-da-via-chiaia-a-piazza-vittoria-voci-ritmi-e-contaminazioni/

[10]Riccardo Vaccaro, Caruso, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995 pp. 372-373.

Ecco la seconda sala a Palazzo reale dedicata a Caruso

Per saperne di più
Museo Caruso – Palazzo Reale di Napoli – Sito Ufficiale
A Ferragosto il Palazzo Reale di Napoli resterà regolarmente aperto al pubblico nei consueti costi e orari di apertura.
Orari di visita: 
– Appartamento storico e nuovo allestimento del presepe napoletano dalle collezioni di Intesa Sanpaolo, 9.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
– Mostra ‘’Paladino. I 104 disegni di Pulcinella’’, Galleria del Genovese, 9.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00) 
Museo Caruso, Sala dorica, 09.00-15.00 (ultimo ingresso 14.00)
– Galleria del tempo, Scuderie borboniche, 15.30 ‒ 19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
– Androne delle carrozze, mostra documentaria Palazzo Reale: danni di guerra e restauri. Una storia per immagini dal 1943 agli anni Cinquanta, 9.00-19

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