Il volume che Viviana Farina dedica agli anni giovanili della formazione di Rosa nella citt  partenopea indaga sulle relazioni stilistiche tra Aniello falcone e Rosa, sul problema della competitivit  con Domenico Gargiulo. L’autrice, nel volume “Il giovane Salvator Rosa 1635-1640 circa” (Paparo , pp. 248, € 25,00), affronta con dottrina e maestria problemi di datazione, attribuzioni e confronti. Mette in gioco questioni inerenti lo stile partendo dagli impasti di colore fino all’analisi scandagliata di particolari grafici.

Le immagini fotografiche che fanno da corredo al testo sono illustrate dall’autrice con una minuzia di particolari ai quali un profano non farebbe attenzione. Sono tre i punti di forza di questo volume il primo è l’impeccabile ricostruzione di un periodo molto circoscritto dell’attivit  di questo artista, ovvero cinque anni della sua vita.

Con una lettura di sintesi ammirevole Farina costruisce un traliccio di notizie sulle fonti della fonte che è il libro di De Dominici. Il secondo punto è la capacit  di leggere insieme la produzione dei dipinti e la produzione grafica in un taglio di audace modernit . Il terzo è la napoletanit  di Rosa, problema che molti autori hanno affrontato. L’artista fatica nel trovare una adeguata collocazione professionale in citt .

Determinante a tal proposito fu il dominio assoluto del Ribera sulla scena artistica napoletana nel 600. Una personalit  stravagante e primadonna come quella del Rosa non avrebbe potuto tollerare di vivere adombrato da una figura più importante della sua. Viviana Farina riprende la questione della matrice partenopea nell’arte di Rosa, affrontando il punto di domanda da una prospettiva differente; recupera a pieno titolo la napoletanit  stilistica del autore seppur con le stravaganze e le commistioni che ne caratterizzano lo stile.

“Poeta e pittore, letterato e uomo d’armi, uomo di teatro e pratico di alchimia, condensa in s tutti gli aspetti più diversi e contrastanti di un partenopeo, che pur essendo stato costretto a lavorare altrove conservò, comunque, dentro di s l’animo di un uomo nato e cresciuto a Napoli, all’ombra del Vesuvio. La sua pittura, con temi biblici ed evangelici, alchemici e filosofici, magici e di stregoneria, ma anche fatta di straordinari ritratti di uomini e donne del suo tempo e autoritratti di coinvolgente comunicativit , è, infatti, attraversata, come tutta la realt  napoletana di ieri e di oggi, da luci e ombre, fatti e misfatti, miseria e nobilt , profonda religiosit  e irreversibile superstizione”(Nicola Spinosa).

Delle quattro principali fonti a cui Farina fa riferimento, l’epistolario rosiano di Giangiotto Borrelli è sicuramente quella che più di ogni altra ci restituisce una perfetta visione del personaggio. Brillante, “spaccone”, effervescente, attore talentuoso, Salvator Rosa è un giovane pieno di inquietudini, anarchico e insofferente alle costrizioni. Esprime nei suoi lavori quel dissenso tipico degli artisti che si pongono in una posizione critica nei confronti dell’egemonia politica.

Il libro analizza più in generale la difficolt  degli artisti nel 600 di riuscire a vivere della propria arte; la stessa famiglia del Rosa aveva osteggiato le propensioni creative del ragazzo invogliandolo allo studio della Legge. A Dispetto delle pressioni familiari Salvator Rosa perseverò nel suo cammino; dipinse numerosi paesaggi, vedute marine e scene popolari che gli valsero un confronto per affinit  con la “pittura di genere”, dei cosiddetti bamboccianti.

Concepito come una sorta di appendice alla tesi di dottorato su Aniello Falcone, il libro di Viviana Farina, è il lavoro di una mente sapiente che con piglio scientifico e amorevole curiosit  ricostruisce i pezzi mancanti nella biografia di questo artista, ancora oggi non pienamente apprezzato eppur figura di spessore culturale ed estro pittorico, i cui paesaggi conquistarono con prepotenza il cuore degli inglesi.

Ne parliamo con l’autrice

Quel personaggio un po’ spinoso

Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a dedicare un intero volume al Salvator Rosa?
“Studiando il 600 napoletano per la mia Tesi di laurea e proseguendo negli studi ho notato che taluni aspetti della vita e dell’evoluzione stilistica di Salvator Rosa che non erano ancora stati completamenti sviscerati. Ho scelto di sondare il terreno”.

Perch concentrare l’analisi e la ricostruzione storica nel breve quinquennio della formazione giovanile?
“Ero da tempo concentrata nell’analisi delle opere degli artisti che hanno fatto scuola a Napoli nel XVII secolo. Ho pensato di canalizzare l’attenzione sulle opere della formazione di Rosa perch sono le uniche concepite nella citt  partenopea e in un certo senso le uniche che possiamo definire “napoletane”, sia per il luogo del concepimento che per l’impronta stilistica”.

Nel libro si parla di una “napoletanit ” stilistica del Rosa che seppur in maniera parziale è a suo modo confermata nel periodo giovanile. Quali sono le assonanze e l’elemento di            6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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“Salvator Rosa teneva ben nascoste le sue origini partenopee, probabilmente perch a Napoli il pittore non trovò una sua dimensione gratificante. Lo stesso Rosa afferma “In Partenope ebbi le mie origini ma questa citt  è tutto fumo e niente arrosto”. A dispetto della fatica che il pittore fa per celare i suoi natali, la napoletanit  stilistica di Salvator Rosa è evidente, almeno nelle opere giovanili, nella corposit  della materia pittorica, nella scelta di alcuni soggetti ritratti e nell’affinit  stilistica con Falcone e Ribera”.

Come mai ha scelto per il volume una stesura di tipo saggistico e non biografico?
“Perch il mio lavoro è quello dello storico dell’arte. Ci sono stati e ci saranno bravi romanzieri in grado di trattare in maniera piacevole e scorrevole una scrittura d’arte con impostazione biografica. Per quanto mi riguarda non sono brava a inanellare storie, n mi interessa. Da studioso di arte mi concentro sulla decodificazione di uno stile pittorico attraverso l’analisi e il confronto”.

Come si spiega il concentrarsi negli ultimi anni di energie di pensiero e mostre gravitanti intorno alla figura del Rosa?
“E’ una bella domanda a cui non saprei dar risposta precisa. Forse per una serie di congiunzioni astrali o probabilmente, perch negli anni precedenti al 2008 ci sono state una serie di piccole iniziative museali, e convegni, sia sul territorio nazionale che estero, intorno alla figura del Rosa che avranno probabilmente spinto la citt  di Napoli, in una sorta di emulazione espositiva, a non essere da meno e organizzare una mostra interamente dedicata al Salvator Rosa. Purtroppo la mostra non ha avuto il seguito che si sperava anche per la difficolt  di far assimilare al pubblico un personaggio spinoso, eccentrico, in un certo senso poco simpatico come il Rosa. Mi ritrovo, mio malgrado, a seguire la scia di questa coagulazione di energie intorno all’artista i miei interessi sulla vita e lo stile del pittore abbiano inizio nel 2002, in tempi non sospetti, con la prefazione al libro di De Dominici”.

In foto, la copertina del libro e l’autrice

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