Poesia/ “Come un congedo” di Antonio Filippetti: un viaggio liberatorio nel teatro della mente

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Pubblichiamo di seguito un brano del testo “Tenerezza elegiaca e toni neo-crepuscolari nella poesia di Antonio Filippetti”dal saggio introduttivo di Carlo Di Lieto a libro “Come un congedo” edito dall’Istituto culturale del Mezzogiorno. Il volume sarà presentato domani, venerdì 29 settembre, alle 17 a Palazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio, 14, Napoli.

La limpidezza espressiva del verso alato di Antonio Filippetti rende icasticamente coessenziale la densità della sua ispirazione, in un’area dai toni neo-crepuscolari. Il rinfrangersi delle immagini in fuga da se stesse sono calate in uno scenario di disincanto e di mestizia: «A quest’ora del giorno/la luce che si spegne/ rinfrange attimi infiniti/ di eterne passioni.// Cala troppo presto il buio della notte/ a infrangere/ i venti sottili/ delle disperse speranze». (Come un congedo).
La squisita fattura del verso, dalla forte tensione evocativa, indulge a una coinvolgente empatia con il lettore, segnata da una travolgente tensione emozionale: «E siamo giunti alla svolta/ all’ultima curva/ la più pericolosa/ che avanza sull’ignoto.// Ma ora più s’insinua /il lamento perciò che è stato/ e vorrebbe ancora essere/ testimone di verità». (Ultima Curva).
Prosciugato nella sua essenzialità, il verso di Filippetti fa riemergere echi di un altrove inattingibile e cifre di un “inquieto sentire”, emulsionate dal fantasma eidetico, che metabolizza l’interiorizzazione dello stato di grazia dell’ispirazione; è un andante trasversale di una vertigine inusitata: «Quando sarà tutto finito/ sotto un cielo privo di luce/ ci chiederemo dove siamo stati/ o ce ne andremo forse ancora/ in cerca del girasole/ “impazzito di luce”. Altrove si dipana/un’altra vita: sfugge il senso a chi la vive». (Quando sarà tutto finito (2).
Da questo reticolo di insiemi infiniti traspare la composizione di un diverso flusso di pensiero e la pulsione di un viator, che volge lo sguardo verso un altrove, le cui immagini sono il vettore straordinario di un interessante percorso emozionale, affidato all’immaginazione: «L’immaginazione è il migliore/ dei mondi possibili?/ Nell’incerto presente/ ravviva la speranza, l’attesa premurosa.// Ma il tempo trascolora/ e pure la jeune fille d’antan/ obliando stanca si trascina/ e nessuno più la ricorda.// Passato è il tempo dell’illusione: /l’immaginazione è il migliore dei mondi possibili?». (Immaginazione (2).
Lo sguardo magico della visionarietà creativa incanta e inchioda l’immaginario,  “demone d’accatto” Ad una radialità da scenario onirico e ad un  fluido vitale di uno spazio inconscio. L’aura archetipica dello stato di grazia della poesia si confonde con l’empito dell’astrazione; il varco è proprio qui: un’esperienza poetica che si apre, in modo pervasivo, all’alterità inconscia e specularmente si riflette sul proprio io disajutato  e deluso.
L’immaginazione conferma l’epicentro energetico di una levità fluttuante di stati d’animo e di un Tempo ritrovato alla maniera proustiana. La memoria involontaria del Poeta interagisce con le immagini limpide ed icastiche, correlate al vulnus esistenziale e a dilaceranti brandelli di ricordi. Il dettato lirico di Antonio Filippetti diventa un breve viaggio liberatorio nel teatro della mente, per proiettarsi in una rapita visione dell’oltre. (….)


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