Era un venerdì. Il 15 marzo 2003. A Napoli,  se ne va un pezzo di storia della canzone napoletana: Roberto Murolo. Abbiamo ancora oggi impressa nella mente  la sua immagine, con la sua chitarra, lui  che canta appassionatamente il suo repertorio, con un viso  quasi inespressivo, ma con aria sognante, come se in quel momento lui stesse vivendo gli amori, la tragedia, la storia del testo che sta interpretando con la sua voce. Se in quel momento stava cantando “Munastere e Santa Chiara, tengo o core scuro, scuro” ecco che  avevi la sensazione di provare lo stato d’animo di chi è triste e prova un senso di malinconia.
Roberto nasce a Napoli da una agiata famiglia, il 19 gennaio del 1912. Per un periodo viene impiegato nella compagnia del gas, ma la sua passione è la musica. Figlio d’arte. Il padre è Ernesto Murolo, autore di canzoni che sono diventate in seguito dei classici come “Nun me scetà””Napule ca se ne va”,”Piscatore e Pusilleco”,”Mandulinata a Napule” e tanti altri successi che rimarranno nell’antologia della canzone.
Ernesto Murolo nasce a  Napoli  nel 1876  e muore nella sua città natale il 1939. Poeta, giornalista, scrittore teatrale (tra le sue commedie: ’O ’mpuosto, Niny Bijou, Anema bella). Svolgeva libera attività in campo editoriale, collaborando con alcune riviste (Il Pungolo, Monsignor Perrelli).
Nel 1932, in qualità di direttore artistico, realizzò a Sanremo il Festival partenopeo di canti, tradizioni e costumi, ideando il prototipo di festival canoro italiano. Era figlio di un ricco commerciante, Vincenzo Murolo e  di Maria Palumbo, ma “inciuci” di quartiere e voci non ufficiali – insieme a altre fonti dell’epoca – affermano che in realtà il noto poeta sia stato frutto di una relazione dell’attore/commediografo Eduardo Scarpetta e Anna De Filippo (da questa unione nasceranno anche Eduardo Passarelli e Pasquale De Filippo), sorellastra di Rosa, amante del re Vittorio Emanuele II.

Qui sopra, il padre, Ernesto Murolo. In alto, Roberto con de André. In basso, ancora un'immagine dell'indimenticabile artista
Qui sopra, il padre, Ernesto Murolo. In alto, Roberto con De André. In basso, ancora un’immagine dell’indimenticabile artista

Scarpetta, pare dietro a un compenso di 25.000 lire la sposò nel 1876 legittimando Domenico, il figlio settimino, ma in realtà concepito appunto dal sovrano e Rosa De Filippo,- un complicato intrigo di nascite, e di paternità.
Nello stesso anno nacque Ernesto Murolo, affidato e legittimato dalla famiglia Murolo. Insomma come andarono le cose realmente non si ha da sapere, di sicuro Ernesto  sposò la giovane Lia Cavalli, figlia di un pittore toscano, con la quale ebbe sette figli, dei quali il penultimo fu il celebre Roberto.
Il nostro da giovanissimo inizia a prendere lezioni di chitarra, ma contemporaneamente partecipa a campionati nazionali di nuoto universitario vincendo e premiato da “Il Duce” in persona. Nella casa paterna di Roberto è un via vai di nomi di poeti e letterati del calibro di Salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani Ernesto Tagliaferri, Gaetano Lama, Libero Bovio.
Sul finire degli anni trenta Roberto fonda un quartetto musicale i “Mida”  prendendo a modello la musica americana, forme musicali derivate da stile jazz, in cui le voci simulavano ‘a cappella’ i timbri tipici degli strumenti di una vera e propria band, diffusi in Europa dai Mills Brothers. Con gran dispiacere del padre che preferisce la canzone napoletana. Il  gruppo Mida ottiene un discreto successo e per otto anni gira l’Europa proponendo i ritmi statunitensi.
Dopo lo scioglimento del gruppo Roberto ritorna a Napoli trovando una città da ricostruire, un popolo sfregiato e ferito dalla guerra, anche la sua famiglia aveva problemi economici.
Roberto, su invito del fratello Massimo, va a Capri. Alla fine della guerra a Napoli prende piega la moda delle melodie stile arabo mediterraneo,- ma una fascia di estimatori predilige l’ottocento. Roberto propone un filone musicale da “chansonnier”  e inizia a esibirsi in uno dei piu famosi locali di Capri, il Tragara Club, accompagnato solo dalla sua fedele chitarra.
Incide il suo primo  78 giri. Arriva il cinema titoli come “Tormento” e “Catene”  dove si cimenta come attore, e affianca nomi famosi: Da Yves Montand a Louis Armstrong e Gino Latilla.
Il 1954 per il nostro Roberto è un periodo tragico: viene accusato di abuso su di un minore, un accusa che in seguito si rivelerà infondata , ma il “marchio” infamante  rimane. Le porte dello spettacolo si chiudono, l’artista si ritira a casa della sorella- qualcuno dice che è emigrato in America, gli anni passano… la gente… dimentica?
L’amore per la musica, la caparbietà, la passione, fanno si che Roberto approfondisca la conoscenza della musica studiando i classici, cosi tra il 1963 e 1965 incide ben dodici 33 giri, “Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea”.Un breve periodo di pausa, poi propone autori come Libero Bovio, Raffaele Viviani, Salvatore di Giacomo e anche testi di suo padre  Ernesto.
La sua carriera concertistica va avanti fino a arrivare al 1990: in questo periodo la sua attenzione discografica è rivolta a capolavori come “Lazzari felici” di Pino  Daniele, “Caruso” di Lucio Dalla, ”Senza fine”  di Gino Paoli. Il lavoro discografico si intitola “Na voce e ‘na chitarra”.
Quattro anni dopo, ormai ottantenne, festeggia il compleanno con un album che rimarrà nella storia della musica italiana “Ottantavoglia di cantare” duettando con altri artisti: con Mia Martini “Ccu me” , con Fabrizio de Andrè “Don Raffaè” riproposto in seguito da Peppe Barra all’interno del film “Passione” di John Turturro.  E lui ci ci intenerisce con la sua voce antica.
Dopo il periodo buio, rinasce Roberto  e lancia un nuovo successo “L’Italia è bella” (1993). Mentre nel 2002 arriva “Ho sognato di cantare” con autori dello spessore di Enzo Gragnaniello (che da tempo scrive brani per lui) e Daniele Sepe. Questo disco sarà la sua ultima incisione.
Riceve la nomina di Grande Ufficiale della Repubblica italiana per meriti artistici. Poi ancora un altro riconosciment , sul palco di Sanremo dove gli assegnano un premio alla  carriera. Questa sarà la sua ultima apparizione televisiva, nel marzo 2002.
Si spegne l’anno successivo, lasciandoci in eredità incisioni indimenticabili: da “Scalinatella” a ”Luna caprese” , passando per “Tarantella cu’Pulecenella” e “Notte ‘ e Natale”.
E non dimenticheremo mai la sua discreta, signorile  umile figura di un signore della canzone partenopea… di altri tempi.Roberto Murolo | ilmondodisuk.com
E’ nostalgicamente bello guardare le foto in bianco e nero del nostro artista, un uomo affascinante. Da giovane oltre al nuoto, aveva una vera passione per lo sport: praticava pugilato, canottaggio, studiava strumenti musicali come fisarmonica, sassofono per decidere poi che la chitarra era la sua passione vera.
Non si è fatto mancare nulla. Nemmeno l’epoca fascista riuscì a tarpargli le ali. Lui andò sempre per la sua strada facendo scelte contro la chiusura sistemistica del regime -e come dicevamo prima- le sue scelte musicali furono diverse dal volere del padre Ernesto.
Roberto nel 1938 ebbe anche un rapporto con Radio Napoli e solo dopo la morte paterna, si avvicinò al repertorio napoletano classico. La critica giornalistica diceva di lui : «Il Murolo è, sotto certi aspetti, un interprete ideale della nostra canzone, perché egli non forza mai gli effetti facili del deteriore folclorismo, ma riporta l’espressione a una nuda purezza e intimità» (Alfredo Parente, in Il Mattino, 22 marzo 1954).
Oltre a Mimì Berté con Roberto hanno duettato Amàlia Rodrigues in una struggente “Anema e core” ma anche con Lucio Dalla che lo accompagna al pianoforte mentre canta “Caruso” e tanti artisti conosciuti e meno famosi. Perchè lui era un generoso. Della diffusione e della promozione del suo patrimonio culturale  ha cura la Fondazione Murolo, istituita nel 2001. Ma la sua arte continua a vivere un po’ dovunque. Tra cd, fanclub e youtube. Perché lui non smetterà mai di stupire.

 

 

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