L’ennesima ospitata in Tv di Daniela Di Maggio francamente comincia a stonare. La madre di Giovanbattista Cutolo, ucciso a tradimento per futili motivi a Piazza Municipio da un minorenne, lo scorso 31 agosto, ieri è stata in studio a “Domenica In”, condotta su Rai 1 da Mara Venier.
Sacrosanta la richiesta di giustizia con tono fermo e deciso, inevitabile l’esternazione del dolore per la perdita di un figlio. Tuttavia il linguaggio e gli obiettivi decantati lasciano non poco a desiderare: in veste di condottiera chiede una legge con il nome di GiòGiò, l’abbassamento dell’età imputabile per i minori (ergastolo), l’incontro con esponenti del CSM, annuncia una manifestazione a Roma il prossimo 9 ottobre, dice di voler creare una fondazione per salvare la generazione del figlio ucciso.
Cara mamma Daniela, l’amore incommensurabile per un figlio strappato alla vita non può che lasciare una scia di dolore permanente che nontroverà mai pace, strascichi comportamentali, smarrimentoe chiusure. Non è descrivibile un episodio del genere, non è possibile stroncare un’esistenza per nulla. Lei ha la facoltà di chiamare a raccolta la Napoli giusta e laboriosa, a vigilare su quanto accade, ha tutta la libertà di gridare alle istituzioni di svegliarsi e prestare attenzione ai minori, ha il diritto a buttare giù muri di gomma.
Ma da sole (e da soli) non si va da nessuna parte, nella sua analisi non ho notato motivi convincenti che combattono devianze, dis-valori, esclusioni, sopraffazioni, povertà. Lei ha voluto immaginare solo atteggiamenti punitivi, afflittivi, definitivi,che isolano ancor più i ragazzi difficili, dimenticando tutto un altro mondo, “sbagliato”, ma che esiste e su cui dobbiamo interrogarci.
Molto più interessante l’atteggiamento, pacato e riflessivo, del maestro Gaetano Russo, direttore dell’orchestra Scarlatti Camera Young. Il quesito posto in Tv da quest’ultimo è stato semplice quanto rivoluzionario: tutti dicono che questi problemi si risolvono anche e soprattutto con la cultura, che la cultura allontana e combatte concretamente la barbarie di questa società, che la cultura salva, forma, apre coscienze; è sapere, cognizione, preparazione. Allora, perché non ha salvato GiòGiò che questo livello lo aveva già raggiunto, cosa non ha fatto Giovanbattista per meritarsi l’incontro assurdo con la morte?  
Un quesito fondamentale che non ha trovato risposta, che lascia un vuoto incolmabile. Istituzioni, politici, magistrati, scuola, famiglie, chiesa, tutti noi ci riempiamo la bocca di cultura, ma cos’è, come ci si appropria e come si trasmette agli altri? Qual’é la soglia al di sopra della quale ci si può salvare?
Ecco, quanto sapremo rispondere concretamente a questi interrogativi, senza decantare solo la parola “cultura” come accezione vuota e priva di contenuti, allora potremmo sentirci una comunità inclusiva, solidale, efficace. Ma fino ad allora sarebbe opportuno parlare solo se si hanno cose concrete e da poter calare in una possibile realtà.
Qui non si tratta più di evocare un tema a voce grossa. Qui è in gioco la vita di tutti, nessuno escluso. E soprattutto il futuro dei giovani e di una intera comunità. Non si può ridurre il tutto a botta e risposta, sia pure emotivamente legittime in uno stato di stravolgimento e devastazione delle proprie esistenze. Pesare le parole e provare a costruire fatti.
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Nella foto, la nuova Orchestra Scarlatti che ha aperto la V Edizione di Unimusic, il Festival della musica e della cultura per Napoli, ideato e realizzato insieme a l’Università Federico II, con un concerto dedicato al giovane musicista ammazzato in piazza Municipio

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