Enzo era il maggiore dei figli maschi del Cavalier Fiscialetti. Bench soprattutto mamma Ernestina ci tenesse moltissimo a che il giovane conseguisse una laurea, o almeno il diploma di ragioniere come suo padre, egli aveva tenuto lo studio nella stessa considerazione in cui i napoletani tengono la scala marmorea laterale di Santa Chiara imbrattandola, ripulendola, imbrattandola nuovamente finch non ci sia quasi pi spazio per nuove scritte, nuovi cuori infrecciati, nuovi falli. Cos, preso il diploma di terza media e iscrittosi a un liceo scientifico, Enzo due anni dopo aveva mollato tutto e si era fatto assumere come apprendista in un laboratorio di oreficeria al borgo Orefici, appunto.
Era un lavoro stancante, dalle otto di mattina alle otto-nove di sera, quando tornava a casa, dai suoi, con la palpebra destra e lo zigomo dello stesso lato marcati da un segno circolare rosso-violaceo, e problemi di allergia alla luce. Ma quello era il suo lavoro, l’aveva voluto lui, ci s’era impratichito e doveva stargli bene cos. In realt  gli stava ottimamente, perch gli consent di mettere da parte un bel gruzzolo. Con cui, in societ  con un amico, rilevò il laboratorio, messo in vendita dall’anziano proprietario e, quindi, mise in piedi un negozietto nello stabile che ospitava il laboratorio. Cos arrivarono un microscopico appartamento in affitto, il primo motorino (usato), la prima automobile (anch’essa di seconda mano).
Nel frattempo, in zona, le ragazze crescevano, sbocciando all’improvviso come fanno a primavera i fiori rosa della magnolia giapponese. Una fioritura che per le ragazze del Mezzogiorno, e della Campania in particolare, significa principalmente uno sviluppo pazzesco e simultaneo di seni, sederi e cosce, in un complesso armonico e sensuale terribilmente attraente. Sembra quasi di sentire il profumo, di quella carne, quando ti passa a fianco in una condizione di copertura appena sufficiente. Poi, come i fiori della magnolia giapponese all’improvviso vengono gi, formando un tappeto rosa alla base dell’albero, cos le fresche e seducenti fattezze di quelle ragazze all’improvviso collassano, e la sfioritura generalmente coincide con quell’evento chiamato matrimonio. Che al Sud, di solito, è seguito prestissimo dalla prima gravidanza e dalla nascita di un figlio.
Patrizia bruna, formosetta, quindicenne era all’apice di questa parabola quando Enzo l’aveva conosciuta, in una festa di quartiere. Lui lavorava gi , ma guadagnava ancora troppo poco per pensare di mettere su famiglia. E forse non ci pensava neppure, almeno per il momento. Ma era lei che, invece, ci pensava eccome. Perch ovunque, tranne forse che al Polo Nord, a una certa et  le ragazze cominciano ad avere pruriti vaginali, e se venti secoli di storia hanno radicato nel cervello di quelle ragazze l’associazione prurito-matrimonio, come di sicuro avviene nel nostro Sud, il matrimonio diventa la prima tappa obbligata della vita. Qualcosa da raggiungere con tutti i possibili mezzi della seduzione.
Quando mamma Ernestina seppe di Patrizia, dalle solite amiche ben informate e, a sua volta, si informò sulla ragazza, decise di chiamarsi Enzo e di fargli, anche alla presenza del padre, un pistolotto dissuasivo. Al quale Enzo, dopo aver compreso quale fosse lo scopo di quel discorsetto, rispose con la frase resa celebre da Raz Degan «Sono fatti miei».
Donna Ernestina, però, aveva parecchia ragione. Perch aveva scoperto che Patrizia, a prescindere dalle poco chiare attivit  dei genitori, possedeva solo la licenza elementare e ignorava praticamente la lingua italiana. Ma ad Enzo, di queste cose, non importava un emerito cazzo. A lui importava solo di acquisire l’esclusiva di portarsi a letto quella ragazza, per voltarsela e rivoltarsela a suo piacimento ogni qual volta l’avesse desiderato. E che altro poteva desiderare, tornando dal laboratorio con la lente a cilindro stampata intorno all’occhio? Magari, in pi, solo un buon piatto di pastasciutta al rag e due polpette con l’insalata “di rinforzo” cose che Patrizia avrebbe saputo certamente cucinare. Invece, una domenica mattina a mezzogiorno, dopo la messa, quando Enzo convinse Patrizia a salire a casa sua per preparare qualcosa da mangiare insieme, come avrebbero fatto dopo sposati, si sent dire «Iamm’accatt  quaccosa a ‘o Mecdon ld».
Una sera, nella sua macchina parcheggiata a Posillipo a fianco di molte altre, tutte con i giornali applicati dall’interno ai finestrini, Enzo ebbe l’idea infelice di informare Patrizia dell’antipatia che le portava sua madre, e dei motivi che ci stavano alla base. Dunque accennò a quell’eterno parlare in dialetto e alla mancanza di un titolo di studio adeguato. Incredibile proprio lui, uomo da terza media, rinfacciava alla ragazza di non essere andata oltre la quinta elementare, e con ciò veniva a schierarsi implicitamente con sua madre… Forse si illudeva che Patrizia, in uno slancio di folle amore e di tangibile dedizione, manifestasse il proposito di iscriversi a un corso serale per giungere a un pi decoroso diploma. Magari iscrivendosi             6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7eEèHlèNO» OJe
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»E  »RLIKERESETeNULLSHARESLAVErPSIGNMIDptkoi8uRTRIMdopo anche all’universit . Ma a quel punto Patrizia, che si era tolti i jeans e aveva cominciato ad abbassarsi i collant, se li ritirò su, si infilò nuovamente i jeans e usc dalla macchina, sbattendo la portiera e urlando «Nun m’ha da caca’ o cazzo, chella fmmena!»
Enzo rimase di sale. Sentire offendere in quel modo sua madre lo addolorava, anzi, lo sconvolgeva. Ma lui stava gi  col preservativo pronto, tolto dall’astuccio di stagnola, in uno stato di eccitazione che difficilmente poteva essere controllato pi a lungo. Pensò ai discorsi di sua madre e considerò che altro è la teoria, altro è la pratica della sessualit  e della vita di coppia. Pensò pure, per un attimo, che per lui si profilava una serata da concludere in bagno, con un orribile solitario. Quel pensiero gli procurò una sensazione di vuoto, di inanizione, da cui però si riprese quando la portiera della Uno si riapr, e Patrizia si ridistese su quel precario pseudotalamo riabbassandosi a velocit  supersonica jeans, collant e questa volta anche le mutandine nere, mentre Enzo la baciava con ardore dicendole «S, s, ammore mio…».
Allora avvenne qualcosa di imprevisto e di imprevedibile. Patrizia strappò a Enzo il preservativo di mano e lo lanciò alle sue spalle, verso il bagagliaio, dicendo e quasi gridando «Chisto no, stasera!». Quindi la sua mano si posò sull’oggetto del desiderio e lo trascinò alla meta, mentre Enzo paonazzo in volto lasciava fare.
Tre mesi dopo Patrizia rivelava di essere incinta (una femminuccia, che per quieto vivere si sarebbe chiamata Ernestina); e dopo altri due mesi diventava la signora Fiscialetti. Il tempo di partorire due volte (la seconda sarebbe nato Alfonsino) ed ecco Patrizia bell’e sfasciata due seni tipo palloni aerostatici e un sedere su cui da dietro si poteva scrivere, appoggiandovi senza problemi carta e penna. A completare il quadro, una terna di misure di rara equivalenza 90, 90, 90.
E Vincenzo? A riparare braccialetti e collanine, augurandosi di rientrare a casa, ogni sera, il pi tardi possibile, e di trovare sua moglie gi  immersa nel sonno.

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