Quanta retorica in questi decenni sul concetto di carcere umanizzante, di restrizione della libertà personale educativa, di detenzione rispettosa della dignità umana, tutti concetti che cozzano con una dura realtà, dove gli sforzi del legislatore non sono all’altezza e la Costituzione non viene ancora del tutto “rispettata”.
Chi da oltre un trentennio cerca di “ascoltare” questi concetti è Samuele Ciambriello che ha raccolto la sua esperienza nel libro dal titolo: “Carcere. Idee, proposte e riflessioni” – Prefazione di Raffaele Grimaldi – Rogiosi Editori – pagg. 192, euro 12,50.    
Il Garante dei detenuti della Regione Campania stabilisce un concetto di partenza il quale molto spesso non viene preso in considerazione: combattere i fenomeni di esclusione ed emarginazione sociali, in qualità di elementi che creano devianza.

Qui sopra, la copertina del libro.
In alto, una vecchia prigione

Basterebbe applicare alla lettere i fondamentali della filosofia giuridica, ovvero l’utilitarismo ed il contrattualismo. E’ sicuramente utile scontare una pena giusta e stabilire un contratto chiaro tra governati e governanti, attraverso regole precise e vincolanti per ambedue le categorie
L’autore si spinge all’analisi ma non rinuncia a raccontare dall’interno volti, storie, persone. Dietro le fredde sbarre di quei luoghi monocolore si nascondono emozioni, sogni, speranze, spesso il ravvedimento.
Ciambriello analizza la grande questione del sovraffollamento dei luoghi di reclusione con dovizia di numeri, specialmente per la regione Campania, cifre straordinariamente preoccupanti. Oltre al fatto che migranti e disagiati mentali risultano essere ancora più danneggiati da un sistema “correttivo” sordo rispetto alle esigenze specifiche di inclusione.
Ci si trova di fronte alla specificità del meticoloso lavoro dei volontari e delle altre figure non istituzionali, che cercano di curare l’anima e la psiche dei reclusi. Il lavoro di Garante è ampio e articolato, è una interfaccia tra i “ristretti” ed il sistema penitenziario, un corpo a corpo non facile, fatto di mancanze materiali ed affettive, svolto con passione e umanità, spessissimo in condizioni proibitive.
Poi la riflessione più profonda, quella che accarezzò Altiero Spinelli già nel 1949: l’utopia di abolire il carcere penale. E’ davvero complicato confrontarsi con un aggregato disumano, dove ci sono pochi modi per farti ascoltare come l’autolesionismo, lo sciopero della fame. E quando sei più debole il suicidio. Si dibatterà ancora per molto su un carcere che produce dolore, rancore, vendetta.
Il libro di Samuele Ciambriello si completa con ben 4 sezioni tematiche di approfondimento, a cura di altrettanti autori: comincia Celestina Frosolone che analizza il paradosso del carcere, mentre Anna Malinconico cura i servizi della Giustizia minorile, Anna Bonaiuto approfondisce le detenute madri e i bambini dietro le sbarre e Dea Demian Pisano che si sofferma sui sex-offender.
Comincia Celestina Frosolone spiegando la concezione tradizionale di punizione, facendo notare che è completamente sganciata dalla concezione garantista connotata dalla tutela delle libertà individuali, mettendo in discussione gli obiettivi della risocializzazione del recluso.
Anna Malinconico ci porta con mano a capire che “il binomio carcere/minore è di per sé un non senso”. Gli interventi correttivi sui minori possono avere efficacia solo se si interviene sugli adulti che hanno la responsabilità genitoriale. In quel luogo familiare vanno indagati i rapporti tra minori e adulti.
Secondo Anna Bonaiuto i bambini in carcere è un problema risolvibile ricorrendo a misure detentive alternative per le madri recluse, l’interesse primario è quello del ruolo genitoriale e lo sviluppo del bambino nei suoi primi anni di vita.
Infine Dea Demian Pisano mette a fuoco il problema dell’aggressore sessuale. Stupratori, pedofili, molestatori verbali, produttori di pedopornografia, stalker. Comportamenti abbastanza gravi e difficili da “trattare”. Anche qui bisogna, secondo l’autrice della sezione, capire cosa succede nell’ambiente familiare e sociale, ovvero dove si sviluppa la personalità di questi individui. La complessa analisi porta a dire che parte del sistema penitenziario non è dotato, sul punto, di specifiche ed approfondite conoscenze.
Il libro di Samuele Ciambriello è un affresco completo della situazione carceraria, il lettore non si troverà di fronte ad un piglio indagatore, ma avrà modo di apprezzare l’umanità con la quale vengono trattati temi complessi e delicati. L’autore indovina la messa a fuoco del lavoro psicologico, sull’anima dei detenuti, facendoli sentire vivi, dotandoli di senso, di prospettiva, di futuro.
Quei pochi scampoli di dialogo e cura ai reclusi, offerti in condizioni disastrose, dove la pena è qualcosa di completamente opposto alla umanità, prospettano l’oltre, il fuori. Basterebbe poco, secondo l’autore, a migliorare aspetti umani e comportamentali nel frattempo deviati.
Ma la politica, come spesso accade, sembra voltare la faccia altrove. Tanti parlano delle condizioni carcerarie, molti visitano le galere, ma pochi le conoscono.
Chi scrive un libro ha da dire qualcosa, evidentemente qualcosa che conosce bene.

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