Dalle cartoline in bianco e nero che i signori di un tempo si passavano di nascosto, alle riviste vendute nelle edicole notturne; dalle video cassette, passando per i cd-rom interattivi, fino ai siti internet; potremmo dire dai lupanari di Pompei ai nostri smartphone, la pornografia è da secoli parte della vita di milioni di persone. Cambiano le culture e i costumi, ma non cambia la curiosità degli esseri umani verso il proprio e altrui desiderio.
La rappresentazione della sessualità umana si è fatta genere letterario e cinematografico, tra arte e voyeurismo, ha conquistato i salotti e creato modelli di riferimento; gli schemi e le retoriche della pornografia convenzionale oggi permeano la cultura popolare e raggiungo precocemente adolescenti e bambini.
La pornografia ha visto per secoli gli uomini nel ruolo di produttori e fruitori, in maniera preponderante rispetto alle donne. L’entrata in scena delle donne come soggetti e non solo oggetti di piacere, è una conquista dell’ultimo secolo. Si deve ai femminismi la tematizzazione del discorso erotico e delle dinamiche di potere legate al sesso e alla sua rappresentazione. Grazie agli studi femministi il piacere, non solo femminile, diventa centrale e mostra il suo carattere di terreno di rivendicazione.

Qui sopra, la copertina del libro. In alto Fruit Fingering series di Stephanie Sarley.
Qui sopra, la copertina del libro. In alto Fruit Fingering series di Stephanie Sarley

Che il sesso sia parte del discorso politico è ormai assodato, che la pornografia abbia un ruolo determinante nella formazione dell’immaginario, dei rapporti tra i generi e, quindi, della società non sembra discutibile.
Siamo però ben lontani dalla liberazione sessuale, con la pornografi industrializzata, targhettizzata e conservatrice, che ripropone ossessivamente un catalogo estremamente limitato di attività sessuali, focalizzate sul sesso genitale e la soddisfazione maschile, testimoniata da un’eiaculazione che costituisce anche il termine della scena. Si capitalizzano desiderio e godimento umani, di fatto limitandoli e incastrandoli in una gabbia di stereotipi.

I Porn Studies fanno parte dei curricula dei dipartimenti di scienze umane di numerose celebri università nel mondo, in Italia invece faticano a trovare spazio. Unico lavoro di approfondimento rilevante è il testo di Michi Staderini Pornografie. Movimento femminista e immagnario sessuale, del 1998. L’ambito di sviluppo dei Porn Studies si colloca all’interno degli Studi di genere, approccio interdisciplinare e multidisciplinare che studia la sessualità e l’identità. Gli Studi di genere devono affrontare nel nostro paese grandi difficoltà, essi vengono continuamente confusi nel discorso pubblico con attività che nulla hanno a che fare con il loro ambito di ricerca.
Esiste però un luogo in cui la pornografia è terreno di discussione e rielaborazione in ogni direzione, ed è quello dell’attivismo, quello del Postporno. Cos’è il Postporno? Quando è nato? Dove si fa? Chi lo fa?  A queste domande risponde Postporno. Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali, un agile saggio divulgativo edito da Eris, di cui è autrice l’attivista transfemminista, traduttrice e scrittrice Valentine aka Fluida Wolfe. Circa 60 pagine in cui, a partire da sé, nella più classica delle prassi femministe, Valentine traccia una breve storia del Postporno e ne spiega le istanze.

Nella foto qui sopra Valentine aka Fluida Wolfe
Nella foto qui sopra Valentine aka Fluida Wolfe

La postpornografia ha come intento “quello di smascherare i codici della pornografia convenzionale, maschilista, razzista e abilista (che discrimina le persone con disabilità) e sovvertirla, sessualizzando lo spazio pubblico, dando voce e dignità sessuale a tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati e umiliati da essa”.

“Quali sono i corpi degni di provare e provocare piacere? Quali sono i corpi desiderabili e quelli che hanno dignità sessuale? Quali corpi vengono rappresentati e quali sono esclusi dalla rappresentazione sessuale o trattati come soggetti passivi della rappresentazione? Quali sono le pratiche ammissibili e quali non, e su quali basi vengono stabilite?” Queste sono alcune delle domande che si pone la postpornografia.

I prodromi del Postporno risalgano agli inizi degli anni ’70 del Novecento, con i collettivi femministi che si interessano delle questioni centrali della sessualità: prostituzione, trans, disabilità, lotta contro l’AIDS, piacere femminile. Numerose le attrici porno che passavano dall’altro lato della cinepresa, non più dirette da uomini nel ruolo di donna assertiva al servizio del piacere maschile, sviluppano una pornografia femminista con film e documentari di educazione sessuale. Un nome spicca tra gli altri, Annie Sprinkle, sex worker, attrice porno, scrittrice e sessuologa.
Da quel momento la decostruzione della pornografia eteronormativa ha per protagonista l’alterità che prendere parola, i soggetti emarginati – donne, lesbiche, gay, trans, soggetti non binari, queer, disabili, intersessuali, non-bianchi –  formano nuovi immaginari. La rappresentazione dei corpi è centrale, attraverso la produzione di Manifesti poetici, video e opere teatrali lontane dall’industria culturale sia d’elite che di massa, la postpornografia fa del sesso un’arma politica anti-colonialista.
Si tratta di una pornografia sperimentale che dagli Stati Uniti passa all’Europa attraverso la Spagna per tornare al Sud America. Il filosofo Paul B. Preciado, la scrittrice e registra Virginie Despentes, l’attivista Diana Torres, le scrittrici Itziar Ziga, Maria Llopis, La Fulminante, pornoartista colombiana, sono i nomi più noti di questa rivoluzione. Ma un numero enorme di soggetti fa postpornografia, prevalentemente in luoghi marginali, lontani dai grossi circuiti culturali, attraverso workshop ed eventi controculturali come Queerruption e Muestra Marrana.
In Italia, il Postporno arriva soprattutto grazie a Slavina, pornoattivista, scrittrice e artista multimediale, e Rachele Borghi transfemminista e professora universitaria. Per tutti gli anni Duemila c’è un grande fermento dentro e attorno alla postpornografia, una varietà di obbiettivi, esperienze e attività che ne rende complessa la definizione.

Qui sopra Annie Sprinkle, anatomy of a pinup
Qui sopra Annie Sprinkle, anatomy of a pinup

Il discorso postpornografico è radicalmente politico ed educativo, questo lo differenza da tutto il resto, senza però definirlo completamente. L’industria pornografica commerciale massimizza i profitti attraverso il crudele sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, non diversamente da ciò che fa qualsiasi altra industria. Nel Postporno la commercializzazione non ha spazio o ne ha uno incidentale, questo è un dei motivi per i quali difficilmente si trova on line. Non è solo questione di sesso, la postpornografia è “un’esperienza di vita”.

Nella storia dell’autrice significa “potersi finalmente specchiare, uscire dalla solitudine, raggiungere verità occultate, intraprendere un percorso di liberazione e guarigione personale. Non si tratta di guardare un bel prodotto eccitante, ma di guardare prima di tutto dentro se stessi”.
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Postporno
Corpi liberi di sperimentare per sovvertire gli immaginari sessuali
di Valentine aka Fluida Wolf
Eris edizioni
pp 64
6,00 euro

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