Il Chiavicone è crollato. O arco borbonico che dir si voglia. Per i napoletani erano due appellativi dalla stessa valenza, nel parlato comune. I video della mareggiata dei giorni scorsi lasciavano poche speranze e la brutta notizia ha fatto il giro in poche ore.


Moltissimi gli articoli che ne esaltano la storia, che in sintesi ne vede l’ origine come un grande condotto di raccolta delle acque piovane che da San Martino scendeva e passava sotto Via Toledo, per sbucare dove sappiamo. L’arco sulla terminazione fu poi costruito a fungere da frangiflutti e utilizzato anche come piccolo approdo, già che c’era.
Viene naturale ora focalizzare l’attenzione sul perché sia stato lasciato tutto al caso o meglio alla natura. Nonostante le numerose segnalazioni, anche in passato, di richiesta di interventi urgenti sulla struttura, nulla è stato fatto se non una formale messa in sicurezza con una discutibile gabbia in ferro e qualche paletto a reggere i massi. Le autorità fanno scaricabarile e il risultato è presto detto: si farà (forse) qualcosa adesso, con ciò che è rimasto (un restauro, si presume, per rimettere in piedi un “simil Chiavicone”).
Ma se andate a visitare ciò che ne resta dopo la mareggiata, non potrete non far caso anche ad altri elementi che subiscono l’incuria amministrativa: le balaustre in ferro di tutto il lungomare sono completamente arrugginite e divorate dalla salsedine, i lampioni lo stesso, i mattoni che circondano il monumento della Colonna Spezzata sono stati divelti e anche Castel dell’Ovo ha subito pesanti danni e chissà quando saranno riparati.
I problemi di una gestione adeguata sono diversi. La Campania, come alcune altre regioni d’Italia, ha un’elevata concentrazione di Beni culturali sul territorio a cui non corrisponde una doverosa copertura economica per manutenzione, restauri o altro. Va da sè che molte delle iniziative che si riescono ad intraprendere in questo senso sono private. Se, ragionando per assurdo, pensassimo di mettere a restauro tutte le chiese di Napoli che ne necessitano, forse riusciremmo ad avere una vaga idea della problematica. Non è chiaramente una giustificazione ma bensì una provocazione che vale da riflessione: cosa si può fare se l’incuria è addirittura reato penale vista come omissione di lavori o danneggiamento al patrimonio storico/artistico e nessuno sembra tenerlo in considerazione?7


Abbiamo numerosi, troppi episodi del genere. Senza andare molto lontano basti pensare a Piazza Bellini che è “LA” testimonianza storica per eccellenza in pieno centro, con le mura greche. Un patrimonio che non è nè segnalato a dovere con la cartellonistica nè tanto meno protetto perchè ancora dopo secoli non si è trovata una soluzione!
A danno fatto, l’unico modo per non rendere vano l’episodio è l’ applicazione della legge. Se così non fosse, sarebbe mortificata anche l’iniziativa dei cittadini stessi che non è cosa da poco. Se non si ha fiducia nell’autorità a causa delle mancate esecuzioni, diventa sempre più inutile denunciare e segnalare, tanto nessuno farà nulla.


In un periodo di fermo come questo, potrebbero essere avviate delle buone attività di rimessa in piedi di una parte del nostro patrimonio cittadino in previsione della ripartenza post-covid del turismo ma una programmazione futura è assente e il prossimo cambio amministrativo comunale rende distratti verso altre questioni.
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Foto di Valentina Guerra

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