Nato a Parigi nel 1920, era uno dei più grandi fotografi di scena della fine degli anni ’50, Dopo Parigi e Roma, l’associazione Palatine propone all‘istituto francese di Napoli la mostra «La Nouvelle Vague di Raymond Cauchetier» (foto) la prima dedicatagli, dalla sua scomparsa nel febbraio 2021 a 101 anni. 
Inaugurazione oggi, mercoledì 14 settembre, alle 18, a Palazzo Grenoble, in via Crispi 86, proprio all’indomani del suicidio assistito in Svizzera del regista Jean-Luc Godard, protagonista della Nouvelle Vague con Truffaut. Poi, alle 20, 30, verrà proiettato in terrazza il film Cléo de 5 à 7 di Agnés Varda.
Al vernissage ci saranno Madame Kaoru Cauchetier, Anais Ginori dell’associazione Palatine, Marco Russo, presidente Tempi Moderni , Maria Paola Cioffi, direttrice organizzativa di Tempi Moderni , Alfonso Amendola, professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi Università degli Studi di Salerno, direttore Scientifico di Tempi Moderni, accolti dalla nuova console di Francia e direttrice dell’istituto,  Lise Moutou Malaya.
Cauchetier ha firmato gli scatti iconici di Jean Seberg e Jean-Paul Belmondo sugli Champs-Élysées in À bout de souffle o la risata di Jeanne Moreau che corre sul ponte con Jules et Jim. Fotografo di scena di Godard, Truffaut, Demy, Rozier e Chabrol, Cauchetier, seppe meglio e prima di tutti guardare l’insolenza di una generazione nuova, capace di irrompere ancora oggi nel cinema e nell’immaginario collettivo,
Il suo nome è rimasto sconosciuto per decenni, eppure le sue foto, lo sguardo che posò su quei registi e quei film che facevano la rivoluzione per le strade di Parigi, li conoscono tutti.
Era stato partigiano poi arruolato nell’aviazione militare francese e inviato in Indocina nel 1951, dove lo avevamo messo a occuparsi del servizio informazione. Per illustrare un album fotografico destinato ai militari, aveva acquistato e imparato a usare la sua prima Rolleiflex.  
Di ritorno a Parigi spera di trovare lavoro a Paris Match, si ritrova invece sugli Champs Elysées nell’agosto 1959 accanto a Jean-Luc Godard che comincia le riprese di A bout de souffle. Non dice di aver imparato a fotografare facendo il soldato, ma applica sul set quello che faceva sulle zone di guerra: andare a caccia d’immagini.
Al contrario dei suoi colleghi, fotografi fantasma che si posizionavano accanto al regista, fissando una scena prima di scomparire in fretta e furia per non dare fastidio, Cauchetier metteva in scena gli attori, spiava i registi, li coglieva mentre scrivevano una sceneggiatura al tavolino di un caffè, mentre giravano, con la camera sulla spalla, oppure nascosta in un carretto della posta in mezzo ai passanti, li immortalava mentre suggerivano i dialoghi di una scena, in diretta. 
Li scrutava talmente bene da diventare regista anche lui: creando fotoromanzi. Scriveva sceneggiature, dirigeva gli attori, inventando addirittura un modo nuovo di usare le luci, sbattendo i flash contro i muri nei soffitti: “Se ne ispirarono i registi della Nouvelle Vague – osservava – e i critici, che ai fotoromanzi non si avvicinavano nemmeno per sbaglio, gridarono al colpo di genio…”.
E dal 22 settembre Salerno ospiterà a Palazzo Fruscione una retrospettiva completa delle sue opere, a cura dell’associazione culturale Tempi Moderni con un concerto sinfonico inaugurale (ore 20) al Teatro Verdi di Salerno.
Per saperne di più:
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