Una collettiva d’arte contemporanea, “Gennaro”, nella sede dell’Istituto di Cultura Meridionale (Napoli- Palazzo Arlotta- via Chiatamone , 63 – fino a sabato 3 ottobre), d  modo di fare delle osservazioni sull’arte dei nostri giorni. Che, in generale, gode di una certa diffidenza da parte del pubblico e di una esaltazione entusiasta da parte dei critici. In proposito, Clementina Gily, prof di estetica alla Federico II, nel suo libro “La didattica della bellezza” osservava che le odierne tendenze artistiche, essendo tante e deboli, disorientano gli stessi critici. I quali, aggiungo, non volendo mostrare il loro disorientamento, lo coprono con un discorso complicato da cui non si capisce un granch. E sono i loro incomprensibili discorsi, più che le stesse opere artistiche, a far dire ai non addetti “ma io di arte non ne capisco”.
Gli artisti, a loro volta, trovano arduo farsi largo tra moltissimi concorrenti, i quali, pur non essendolo, sono convinti di essere artisti. Si avvalgono, questi ultimi, dell’affermazione dell’uguaglianza tra gli uomini, nata, in antico, nell’Atene democratica e passata poi negli scritti di Marx, nei comizi sindacali ecc…e soprattutto ai nostri giorni in voga. Per la qualcosa ognuno può pretendere di esser consacrato artista.
A crear confusione ci si mettono anche i filosofi che discettano che l’arte è creativit , per cui il povero aspirante artista si sveglia la mattina spremendosi il cervello per cercare qualcosa di astruso, finendo col mostrare che ogni “sturcio” è novit . Non solo. Vi sono anche moderni filosofi che affermano che l’arte è sentimento, per la qual cosa si pensa che, per essere artisti contemporanei, si possa fare a meno della logica, senza sapere che questo dividere l’uomo in parti, tra la mente e il cuore, è un portato antico, addirittura da Aristotele e da Teofrasto, mentre, in realt , ogni uomo è un tutt’intero. E di quest’uomo tutt’intero l’arte è espressione integrale. Ma forse bisogna andare ancora più indietro nel tempo, al campano Parmenide da Elea, per farglielo capire.

Per chiarire un po’ la questione, forse ci si potrebbe affidare agli storici.
I quali sanno che la crisi attuale dell’arte trova origine dalla reazione al neoclassicismo ottocentesco, che pretendeva che il mondo fosse a tre dimensioni, come, nel 300 a.C., Euclide aveva predicato. Quindi il neoclassicismo, per realizzare questo cubico spazio sulla superficie piana di un dipinto, imponeva l’uso della classica prospettiva, la quale, avvalendosi di un unico punto di vista, d  l’idea anche della profondit .
Gi  nell’Ottocento, secolo romantico e positivo insieme, gli artisti si ribellarono consapevolmente a queste regole prospettiche e ci fu l’impressionismo. Poi ci fu il cubismo, che usò più punti di vista ma spezzettò la sua visione togliendole realt ; il futurismo, che negò l’astratto spazio cubico e lo pensò in movimento ma secondo un’unica direzione. E poi e poi… Et cetera, et cetera… Ora la scienza ha dimostrato che il fermo spazio cubico non esiste, che lo spazio reale è movimento e che, di conseguenza, occorre guardare la realt  da più punti di vista.

Ed ecco, a proposito, questa collettiva d’arte contemporanea che si propone di mostrare una realt  da diversi punti di vista, quelli degli artisti partecipanti.
E, per aiutare quelli che non sanno a quale realt  appigliarsi, a quali valori attenersi, giacch ormai quelli tradizionali sono out e in quelli astratti è faticoso credere senza essere ipocriti, questa collettiva gliene offre il tema, l’oggetto artistico, San Gennaro, una figura che ha una sua realt , pur se contestata, incontestabile, in quanto è stata ed è vissuta con fede, con sincera e passione, per secoli, da un popolo intero, da milioni di persone. Commissionare agli artisti un tema non significa togliere loro la libert . Non è forse vero che lo stesso Michelangelo non avrebbe dipinto gli affreschi della Cappella Sistina se non fossero stati commissionati da un Papa, Giulio II, con la raccomandazione di dipingervi anche un grande Giudizio Universale?

L’iniziativa di questa collettiva di arte contemporanea è brillante, spiritosa,
anche considerando che il giorno dell’inaugurazione era quello della festivit  di San Gennaro e anche dell’onomastico del presidente dell’Istituto, Gennaro Famiglietti. Quindi l’apertura della mostra aveva il tono gioioso di una festa, tra signori eleganti vecchiotti e non, signore giovani o ringiovanite e ragazzotti di belle speranze.
La mostra si presentava con un tono vivacissimo e molto vario, anche un po’ dada, a volte un tantino dissacrante, non tanto di San Gennaro, quanto dell’arte contemporanea, che, spesso, assume toni enfatici soprattutto, in verit , nei saggi dei critici paludati. Tanti gli artisti partecipanti, in maggioranza giovani.
L’incoraggiarli, dar loro la soddisfazione di un riconoscimento è cosa buona, contro la scoramento di cui in questi mali tempi la gioventù potrebbe esser vittima. Tanti gli stili, la grandezza materiale            6                 è« «    oè  á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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B7 delle opere, i significati. Contro il pensiero unico. Un commento alla mostra ce lo offre anche un artista partecipante con delle opere estrose e divertenti,
Antonio Iazzetta, il quale, per prima cosa ci dice di non essere artista ma un artigiano e ci racconta come l’operare artigianalmente richieda attenzione e concentrazione e faccia bene allo spirito. «Quando le donne facevano i loro bellissimi lavori all’uncinetto, esercitavano a lungo la pazienza ed erano certo più serene di oggi» conclude.
Ecco quindi nelle magnifiche sale del palazzo Arlotta, sede dell’Istituto, tante opere in cui si avverte l’impegno del dire e dell’operare, con un apporto artistico più o meno accentuato. Opere dai colori forti, in cui l’accostamento giallo e rosso ci sta bene, oppure toni sfumati, linee scattanti, forme nette o delicate, rilievi in stucco o uso di gesso bianco e di dorature. C’è un San Gennaro inquadrato come un’icona bizantina e un altro nelle vesti di Diabolik, un santo vegliardo e uno con l’aspetto di bambino, uno che racconta di s, della sua casa, la cappella del tesoro nel duomo napoletano, e dei suoi fedeli, un altro ancora rappresentato in una processione in suo onore, e ancora un altro nel macchinoso valore simbolico di un complicato macchinario; ma ce ne è pure uno che appare in una serie di deliziose immaginette antiche e un altro nella sintesi di un grande rettangolo coperto di rosso, un’opera tra le più efficaci, che ne esprime la passione e il sacrificio.
La mostra, curata da Sabina Albano, è comunque interessante. Tutto in onore di san Gennaro.

In foto, due scorci della mostra

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