“Beati i bambini perchè solo a loro è concesso di sfidare Dio” R.Saviano

La sezione contemporanea del Museo di Capodimonte si risveglia dal torpore della pandemia. Tra gli spazi nuovamente allestiti con cura e attenzione, si inserisce perfettamente la mostra di Paolo La Motta da poter visitare fino a Settembre 2021 e che dialoga in maniera sorprendente con i pezzi delle collezioni circostanti.


Nella saletta sono riunite 23 opere tra dipinti e sculture intrise di ricerca e attualità, di richiami storici e di quei “valori” artistici che troppo spesso l’arte contemporanea tende a bannare.
Parliamo di un grande lavoro alle spalle (che comunque in genere per un artista non finisce mai) legato in questo caso all’arte figurativa, ai chiaroscuri, alle campiture e all’elaborazione del colore materico o alla manipolazione della terracotta. Cose che, dal punto di vista “concettuale”, sono superate secondo molti ma che invece possono risultare più contemporanee di altri elaborati artistici.
Tra tante performance o personalità-meteore del panorama creativo, fenomeni del momento o artisti “del sistema”, La Motta è quella voce fuori dal coro di cui si ha bisogno, per ricordarci che i maestri d’arte non sono degli esseri mitologici nè si sono estinti ma è semplicemente il mercato che punta la sua lente sempre troppo lontano, ghettizzando alcune categorie, con prassi e gestioni ormai tristemente viste e riviste.
Il talento dell’artista è una boccata di ossigeno ma anche il suo essere fuori dagli schemi può insegnarci molto, in un’epoca in cui apparire sembra essere tutto e la parola “contenuto” vuol dire postare sui social.


Lungimirante si rivela dunque la scelta del direttore Bellenger di tenere in permanenza l’opera di “Diego”, un olio su tavola dalle piccole dimensioni, in cui la ritrattistica coglie tutte le sfumature dell’infanzia persino in un’icona come Maradona. L’opera è stata donata al Museo dall’Associazione Premio GreenCare Aps con il socio sostenitore Gianfranco D’Amato e la presidentessa Benedetta De Falco.
Attraverso il viso del giovanissimo calciatore, ritroviamo i temi cari a La Motta che non separa mai il suo essere pittore e scultore dall’impegno sociale. Nella sua casa-studio alla Sanità, passano gli occhi vivaci dei bambini e dei ragazzi che partecipano ai suoi laboratori e che lui ritrae, passano le loro storie spesso troppo complesse per degli sguardi così giovani, prendono forma e colore le loro gioie e i momenti difficili.
Così, sulle pareti accanto al piccolo Diego troviamo Ludovica, Giuseppe, Sasy, Francesco, Antonia. E tra loro anche Genny, in un polittico composto sia da una scultura, sia da 4 tele che lo figurano con le sue scure iridi intense, a memoria del suo tragico destino da vittima innocente della camorra proprio in Piazza Sanità.


La Motta ci riporta a Gemito, ad Augusto Perez, alle ispirazioni venute dalla letteratura, alla plasticità della pittura italiana. Ma soprattutto ci restituisce quell’umanità e quel calore che ad oggi hanno ancora più efficacia e che si oppongono a questi nostri tempi di distanza e indifferenza. I colori sono quelli legati alla città che per Paolo è uno stimolo costante: l’ocra del tufo, il bianco del sole forte nelle giornate calde, il blu oltremare, le tonalità scure dei sotterranei e dei bassi.
A cornice dell’esposizione, un mini-docufilm di 20 minuti che segue l’artista durante alcuni dei suoi momenti quotidiani tra lo studio, i vicoli e le creazioni.

Una mostra per scovare il vostro bambino interiore se non lo vedete da un po’, lo troverete che gira per le strade della città, che si nasconde o che vi fa un dispetto, per poi sorridervi di traverso e ricordarvi cosa volevate fare da grandi, in mezzo a tanti sogni e fantasie.
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In pagina, istantanee dalla mostra

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