Alla Certosa e Museo di San Martino dal primo luglio di quest’anno è stata aperta la sezione espositiva dedicata alla Cona dei Lani. In un’ambiente appositamente allestito, si può ammirare un insieme monumentale di opere in terracotta che facevano parte della ricca decorazione della distrutta cappella dei Lani nella chiesa di Sant’Eligio al Mercato bombardata nel 1943. Carmine Negro ne ripercorre la storia.



PRIMA PARTE

Il pensiero corre all’estate 2001. Sono seduto sulle scale di piperno in uno degli ultimi piani del Provveditorato agli Studi di via Settembrini, attualmente sede del Museo Madre: attendo il mio turno per l’incarico di presidenza. Io guardo solo una sede: quella di piazza Mercato. Mi affascina il pensiero di poter operare in un luogo speciale, sede di avvenimenti importanti per la città e per le dinastie europee.
Mi attrae questo posto che è stato teatro dello sviluppo economico e culturale di una città capitale ma anche ignaro spettatore di quelle lotte per la ridefinizione del potere. Le contese devono riconfigurare domini e confini cui sono legati i destini degli spazi e delle persone che le abitano.
Dopo l’incarico il contatto con il territorio mi consente di verificare quanto fosse vera la frase Il modo più efficace di distruggere le persone è negare e cancellare la stessa comprensione della loro storia[1]. Nei percorsi educativi che nascono nel corso degli anni viene inserita la Storia di Napoli. Lo scopo è far riappropriare la comunità del proprio passato, partendo dai più giovani. Questa scelta nasce anche da una considerazione: solo una conoscenza del vissuto del proprio territorio può arginare l’effetto nefasto di una globalizzazione invasiva e selvaggia.
A questo percorso di recupero identitario, vengono associate altre attività, aperte al territorio: si svolgono nelle sale di cui la scuola si dota[2], alcuni siti on-line specifici[3] e lo spazio dedicato alla foto del mese, che racconta una storia partendo da un’immagine, in una sezione della home page sul sito web istituzionale.
È stata proprio una foto presentata nel gennaio 2016 a farmi conoscere quella straordinaria macchina in terracotta policroma, proveniente dalla Chiesa di S. Eligio a piazza Mercato e denominata “Cona dei Lani”.
Si tratta di una sibilla dalla splendida capigliatura a treccia avvolta in un nastro e raffigurata di spalle. La torsione del busto contrapposta a quella della testa e dello sguardo è una posa articolata che affascina e trova una forte sintonia con la potenza, la maestosità e il vigore intenso proprio dell’arte rinascimentale di Michelangelo.
A compendio della foto sono riportate alcune importanti informazioni sull’opera.In la Ecclesia di Santo Eligio, un gran lavoro, pure di plastice nella cappella delli Lanii, di mano di mastro Dominico Napolitano, persona ingegnosissima”.
Così Pietro Summonte scrive, in una lettera del 1524, sull’arte e sugli artisti del meridione, inviata da Napoli a Venezia al raffinato umanista  e intenditore d’arte Marco Antonio Michiel a proposito della Cona della corporazione dei Lanii (dal latino lanius macellai), che sorgeva nella chiesa di Sant’Eligio.
L’umanista napoletano, dotato di rara sensibilità artistica, riconosce l’eccellente qualità della pala e non tralascia di elogiare l’autore. Più superficiale è il commento del cardinale Gesualdo, che l’ammira durante una visita pastorale nel 1599. 
In linea con lo spirito e le prescrizioni del Concilio di Trento, il resoconto della visita è molto accurato, ma non fa che esaltare la ricchezza dell’altare e degli arredi liturgici. Vengono comunque sottolineate alcune caratteristiche della cappella fondata nel 1506 come il soffitto a rilievo dipinto e dorato, gli elaborati sedili lignei, il pavimento in laterizi dipinti.
Il documento aiuta comunque a ricercare le dimensioni originarie[4] del fondale dietro l’altare, non più esistente, indispensabile per ipotizzare quell’intelaiatura architettonica che doveva incorniciare le figure che compongono la Cona. Un altro spunto che emerge dalla trascrizione della Visita del Cardinale Gesualdo sembra utile alla ricostruzione della tipologia della cappella.

Qui sopra e al centro, piazza Mercato e la chiesa di Sant’Eligio dopo il bombardamento. Nelle altre foto, le terrecotte restaurate ed esposte nel Museo di San Martino


A proposito dell’illuminazione del vano si legge, infatti, che Ipsa capella recipit lumen a’ duabus fenestis /una a’ parte meridionali et alia septemptrionali / munite cancellis ferrei set obductis ex opere vitreo. Dunque, la presenza di finestre, una a meridione, l’altra a settentrione, farebbe pensare ad aperture poste sui lati. Questo particolare potrebbe avvalorare l’ipotesi, già supposta sulla base dell’analisi delle antiche piante della città di Napoli, come quella Carafa, che la cappella si sviluppasse con un corpo di fabbrica esterno al perimetro della Chiesa[5].
L’immagine della Madonna col Bambino, riportata sul sito istituzionale della scuola nella foto del mese di ottobre 2018, ha segnato un secondo incontro con quello che può essere considerato uno dei più importanti complessi del Rinascimento nell’Italia meridionale.
Si tratta di una figura a tutto tondo e riprende un’incisione di Marcantonio Raimondi da Raffaello. Quando nel 1508 Raffaello si trasferisce a Roma, su invito di papa Giulio II, che gli affida il programma decorativo delle Stanze Vaticane, gode ormai di una fama incontrastata.
A Roma, inizia un’intensa collaborazione con Marcantonio Raimondi, affermato incisore bolognese, non solo creando appositamente disegni destinati alla traduzione a stampa, ma affidando anche all’incisore studi per dipinti e affreschi. Nasce così uno scambio continuo tra grafica e pittura.
L’incisione della Vergine seduta su una nuvola con il bambino in piedi del 1510 di Marcantonio Raimondi potrebbe aver ispirato la Madonna della Cona. L’opera, che rimase a vista nella chiesa cambiando probabilmente diverse collocazioni, fu danneggiata durante la guerra e ricomposta nel 1953 con un intervento di rifacimento che comprese anche una ridipintura integrale.
Nel 1524, nella lettera che Summonte invia a Marco Antonio Michiel, si menziona la Cona dei Lani. In un atto notarile del 1532 Matteo Mastrogiudice commissiona a “Domenico Impicciati alias della musica” un complesso presepe in terracotta per la cappella dei Lani (o Lanii) dedicata a San Ciriaco e situata nella chiesa di Sant’ Eligio a Napoli. Successivamente l’Impicciati veniva identificato da Borrelli come Domenico Napolitano autore dell’opera.
L’ultima fonte che cita il retablo[6] di S. Eligio, che attribuisce erroneamente l’opera a Guido Mazzoni, è la guida di Napoli di Domenico Antonio Parrino del 1751.
Nel 1788-1789, Sigismondo, nella sua descrizione della città di Napoli, indica la presenza  nella cappella di Lani, soltanto di un quadro di Fischetti, la Nascita del Redentore, e di due tele con Storie della vita di San Ciriaco, il Santo titolare della Cappella. L’iscrizione dedicatoria DIVO CIRIACO MARTYRI CONLEGIUM LANIORUM riportata sul portale di marmo, ancora presente nella chiesa e datato 1509, testimonia che San Ciriaco è il protettore della corporazione.
Tra il 1751 e il 1788 del monumentale polittico si perdono le tracce. Probabilmente un fatto traumatico come l’incendio del 1781 di piazza Mercato potrebbe essere alla base di tale scomparsa. In quell’occasione si determinò un ammodernamento del complesso di S. Eligio, su progetto di Ferdinando Fuga, ben documentato dal Sigismondo che a proposito della Chiesa scrive: “Prima era in forma gotica, a tempi nostri è stata tutta rinnovata ed abbellita[7]

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Il 4 marzo 1943 un violento bombardamento colpisce il complesso monumentale di piazza Mercato. La Chiesa di S. Eligio Maggiore, che è situata vicina al porto, diviene obiettivo privilegiato delle bombe alleate, subisce gravissimi danni.
Gennaro Borrelli, durante i lavori di restauro nella Chiesa, tra gli anni ’60 e gli anni ‘70, riconosce i resti di un’opera dall’eccezionale valore documentario, ritrovata nelle murature della Cappella dei Lani. Erano stati sepolti sotto il pavimento nel ‘700, quando la chiesa venne ammodernata.
La fattura dei frammenti rimanda al passaggio tra ‘400 e ‘500 e l’artista doveva essere Domenico Napoletano, un autore poco conosciuto. Di formazione lombarda, viene citato dalle fonti del periodo come tra i protagonisti di quella composita cultura napoletana tardo rinascimentale che riprende e prova a reinterpretare e rifunzionalizzare la lezione di Raffaello.
La firma e la data trovate su un frammento della natività della Cona «(Do)minici/(opu)s/(MD)XVII», confermano le notizie tramandate dalle fonti e ne attestano il completamento al 1517. Oltre all’incendio, anche le numerose scosse rilevate a Napoli nel ‘700 avevano lesionato il grandioso polittico e le opere danneggiate, secondo antiche norme del Concilio di Trento, andavano bruciate o sepolte per non offendere gli occhi dei fedeli. Nella rimozione molti frammenti andarono dispersi o utilizzati come riempimento delle nuove murature.
Demolizioni e interramenti furono dettati da motivi legati a fenomeni naturali (terremoti, incendi) e culturali. I 1072 pezzi ritrovati, raffiguranti volti, vesti, motivi vegetali ed elementi architettonici che rappresentano solo parte del complesso originario, sono stati oggetto di un cantiere di lavoro che li ha recuperati dai diversi depositi in cui erano stati immagazzinati, studiati, restaurati e con l’aiuto di strumenti informatici, per quanto possibile, ricomposti. 
Malgrado l’enorme perdita di materiali si può riconoscere il tema dell’opera: la profezia della nascita del Cristo e la promessa di redenzione. Nel corso del complesso restauro ed assemblaggio che è stato fatto con l’utilizzo delle nuove tecnologie, dall’insieme dei frammenti sono state ricostituite numerose figure di Sibille e Profeti, il Cristo Redentore, la scena dell’Adorazione del Bambino, quella del coro di angeli musicanti, oltre al recupero della Vergine e della predella con le Storie ed il martirio di San Ciriaco.
L’intervento di pulitura, oltre a rendere più leggibili le superfici e i segni di lavorazione delle terrecotte, ha fatto emergere la finitura cromatica delle sculture. Oltre ad evidenziare la presenza dell’azzurro e dell’oro dei frammenti architettonici, il ritrovamento di piccole parti di colore originale, restituisce ai monumentali pezzi il senso della loro preziosità ma non riesce a definire il livello di finiture di queste policromie. Non si riuscirà mai a sapere se i frammenti di lamina dorata sui manti delle sibille e dei profeti, fossero in origine rifiniti con dei disegni damascati come arditamente proposto nel restauro della madonna (foto del mese ottobre 2018). Di sicuro è possibile immaginare basandosi sulle poche tracce di colore conservate, che il grandioso polittico doveva offrire un forte impatto cromatico complessivo[8]
La mancanza di dati dell’epoca e l’assenza di tante parti, rende impossibile ricomporre un quadro unitario dell’opera. L’originaria collocazione di tutti i personaggi della sacra rappresentazione può essere al momento soltanto immaginata, ma non riproposta. L’allestimento sul fondo bianco nella nuova sezione espositiva della Certosa di San Martino, intende solo presentare nella maniera più eloquente ed al contempo coerente i maestosi frammenti.
©Riproduzione riservata


NOTE

[1] Da “La politica e la lingua inglese” (Politics and the English Language) è un saggio di George Orwell, pubblicato nel 1946.

[2]La Sala Corradino di Svevia a piazza S. Eligio 106, la Sala Eleonora Pimentel Fonseca piazza G. Pepe, 7, laSala Cona dei Lani di via Duca di S. Donato.

[3]http://www.scuolaspazioper.it/scuolaeterritorio/; http://www.ilcastellodelcarminetorna.it/;

[4] Si ipotizza che fosse di circa 9 m x 6 m.

[5]Maria Ida Catalano Dal Cantiere della Cona dei Lani di Domenico Napoletano: Nuovi esiti per la ricerca pag.162. Da: La scultura meridionale in età moderna  nei  suoi rapporti con la circolazione mediterranea , Atti del Convegno internazionale di Studi (Lecce, 9-10-11 giugno 2004) voI. I a cura di Letizia Gaeta Mario Congedo Editore

[6]Il termine retablo nello spagnolo ha etimologia latina, dalla locuzione re(tro)tabulumaltaris (tavola dorsale dell’altare).

[7] Maria Ida Catalano Percorsi di una ricerca  pag.13 da L’annuncio della sibilla Napoli Castel Nuovo20 dicembre 2001-30 gennaio 2002

[8] Giuseppe Giordano Appunti di Cantiere pag. 14 da L’annuncio della sibilla Napoli Castel Nuovo20 dicembre 2001-30 gennaio 2002

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