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I 5 elementi, opera vincitrice

Ancora una volta l’Antico Borgo Orefici presieduto da Roberto de Laurentiiis, a Napoli, si fa promotore di un’iniziativa che  offre ai giovani auree prospettive di futuro. Sul terrazzo della palazzina di via Duca di San Donato, 73, dove ha sede la scuola orafa La Bulla che prende il nome dal ciondolo d’oro indossato dai giovani adolescenti romani durante l’età repubblicana, lo scorso giovedì si è svolta la cerimonia di premiazione di allievi ed ex allievi le cui opere, esposte in anonimato, sono munite di una piccola nota sulle relative motivazioni, quasi a chiarire che non si tratta solo di prove d’autore, ma di proposte di futuro.
Una bottiglina che rivendica la liberazione del mare dalla plastica è una bandiera che svetta tra i gioielli esposti, come quella che sventola sul terrazzo di questa piccola oasi tra le botteghe sprangate della strada, inquinamento socio-culturale economico e amministrativo contro il quale non bastano bottigline-gioiello esortative: eppure basterebbe concedere, oculatamente, e come si fa all’estero, licenze commerciali senza annose trafile burocratiche ai tanti giovani che svolgono la loro arte o il loro mestiere per strada o in spazi anomali. Non sta a noi insegnare a chi detiene la disponibilità degli spazi pubblici inutilizzati come si fa a trasformarli in fonte di reddito, di occupazione e di educazione:  un piccolo risanamento che “s’incastonerebbe” alla perfezione nella nostra strada, sulla quale torneremo.
Il terrazzo dove avvengono gli eventi è abbastanza in alto per lasciar vedere una striscia di mare e i piani alti dei vecchi palazzi circostanti. A pochi passi la Chiesa di Sant’Eligio, capolavoro d’epoca angioina dove il viceré Don Pedro de Toledo, circa quattro secoli dopo, istituì un  Conservatorio per le vergini che apprendevano l’arte infermieristica. Subito dopo la Piazza del Mercato un tempo ricca di cestai, cartolai, arredi per terrazzi e giardini, stoffe e biancheria pregiate dove i negozi chiudevano per precauzione alle sei del pomeriggio già allora, ma l’attività commerciale era intensissima e collegava Napoli ai paesi circostanti.
Oggi La Bulla è, nella zona semideserta, l’oasi creativa di un’arte raffinata e preziosa: la lavorazione artigianale dell’oro, il bene emblematico dei massimi desideri dell’uomo. Nella via Duca di San Donato, collegata all’Antico Borgo Orfici da una rete di strade, la Bulla rappresenta il germoglio di una istituzione sorta nel secolo XIII la cui storia richiede altri spazi. Basti dire che una delle opere che vi sono nate è la Mitra, o Mitria, di San Gennaro dal valore storico, artistico e commerciale incommensurabile.


Questa via porta il nome di uno dei tanti nobili napoletani dei quali si sa solo che fu per un breve periodo sindaco di Napoli, (1876-78), ma sarebbe il caso di dire anche che Gennaro Lambiase, duca di San Donato,(1823-1901) pur avendo il suo castello avito a Sala Consilina, era uno spirito libero e liberale.
Esiliato per aver partecipato ai moti del ’48, nominato poi da Garibaldi capitano nella Guardia Nazionale, si dedicò a un antesignano risanamento igienico-edilizio usando l’acqua dell’acquedotto del Serino, potenziato, per lavare la città, abbattendo fondaci putridi e adibendo a piccola villa pubblica lo spazio prospiciente il mare poi occupato dal porto, affinchè anche il popolo avesse la sua “passeggiata” come i signori che frequentavano la Villa Reale. Fu inoltre sovrintendente  dei teatri di Napoli, eletto in parlamento, creò la direttissima Napoli-Roma, fece illuminare la Cassa armonica, via Tasso, via Caracciolo, e ci sarebbe ancora tanto da dire.
 La sua morte, nel 1901 fu giustamente pianta da tutto il popolo: citarlo in queste note ci sembra un atto di doveroso riconoscimento e un esempio per le istituzioni: un risanamento a Napoli, piccolo o minimo, sarebbe il fiore all’occhiello per ogni amministrazione pubblica anche se limitato a una strada, a un quartiere, a un vicolo. Riaprire queste botteghe sarebbe come fare un’operazione a cuore aperto a un morente, vedere al posto delle saracinesche arrugginite le porte girevoli di un piccolo teatro, le vetrine di un caffè letterario, una piccola bottega di artigiano, una sala da biliardo, una sala per fare e ascoltare musica significherebbe aver finalmente compreso che i giovani hanno bisogno di spazi per lavorare e non di spinte per emigrare e desertificare la città. Significherebbe anche che la politica economica non è l’inversione dei termini economia politica ma è potere-dovere degli amministratori pubblici di potenziare l’occupazione e con essa il progresso, lo sviluppo e la speranza nel futuro.
La premiazione dei giovani orafi potrebbe diventare occasione di riflessione, stimolo, curiosità a sperimentare con coraggio il piccolo risanamento che l’intestatario di questa strada fece nei suoi pochi anni di governo della città, a monito e ad esempio di quelli attuali.
Uscendo da via Duca di San Donato troviamo a destra una piccola chiesa normanna,  nata sul mare e perciò chiamata San Giovanni a Mare che contiene, tra l’altro, una copia della Marianne (simbolo della rivoluzione francese) detta da noi, tout-court Marianna capa ‘e Napule in quanto raffigurerebbe la Sirena Parthenope. Vicino, un piccolo ospedale dove facevano la quarantena i pellegrini provenienti da Gerusalemme, diciamo pure i Crociati ma non finisce qui la storia infinita di questa zona di Napoli, sulla quale invitiamo chi ne ha il potere, e il dovere, a fare una piccola, ma profonda, essenziale e opportunissima sosta di riflessione.
Veniamo ai premi, il primo dei quali va a Cipriano Magliulo per l’opera: I cinque elementi. Il secondo premio tocca ex equo a Carlo Porrini (autore della bottiglietta contro l’inquinamento del mare), Rosa Pia Teofrasto, e Augusto De Lucia; il terzo a Claudio Apuzzo e ad Arianna D’Amato. Sarebbe doveroso citare tutti i partecipanti, e le loro opere, basti comunque dire che il lavoro di ognuno di essi è esemplare non solo per la finezza, ma per i contenuti ideali che contiene. Sono opere d’arte e il magistero di docenti, quali la bravissima e bella Ilaria Mainini e Salvatore e Michele Garofalo, trova in esse il riconoscimento del proprio valore.
Quanto al primo premio I cinque elementi, un piccolo accenno all’opera al nero
del vincitore che ci sembra alludere a una matrice ideale, la natura come donna, la donna come natura e matrice della vita viene ornata di monili che ne emblematizzano i contenuti. Le tinte cangianti del bracciale tra il nero e il verde, la collana dove sembrano prender fuoco sconosciute amalgame rosate, l’orecchino dalle nuance ruscellanti, l’anello dove l’alba sembra evaporare nell’oro pallido del suo tramonto  e infine la tiara, bianca e viola, sono le espressioni della complicata realtà che le possiede e ci possiede: terra, fuoco, acqua, aria, spirito, e in quest’ultimo ognuno è libero di raffigurare quello che vuole e che sente di avere, dolorosa mancanza o felicità di possesso di qualcosa, anche e semplicemente dell’amore.
Le forme dei gioielli, raffinate e perfette, sembrano slanciarsi, a volte quasi incompiute, verso quel che le invita e a cui danno vita: la natura, la dama che ornano, l’opera al nero che continua a serbare i suoi misteri.
Ne abbiamo parlato con l’autore, il giovanissimo nerovestito Cipriano Magliulo che nella nostra brevissima intervista, ha mostrato la prontezza di chi ha idee chiare e linguaggio pronto e la sincerità di chi non è ancora scaltrito ai piccoli duelli interlocutori. Il suo aspetto più che austero non cela la vulnerabilità di chi vive intensamente la sua arte, affronta la vita pratica ogni giorno senza rinunziare ai suoi spazi di evasione, indispensabili alla sua ricca e già matura personalità.
A una domanda rivoltagli durante la cerimonia, se si sentisse un artigiano o un artista, ha risposto entrambi unendo alla creatività dell’idea la realizzazione manuale di essa, ma ci sentiamo di definirlo artista nella triplice configurazione di chi svolge la sua opera con le mani, con la mente e col cuore: parole di San Francesco d’Assisi.
Cipriano Magliulo, scenografo laureato e artista patentato, ama tra i poeti Pessoa e tra gli scrittori Coello, fa parte di una piccola compagnia teatrale che troverebbe il suo castone ad hoc in una di questi spazi abbandonati e attualmente è raminga, ma lui non molla e unisce alla freschezza e alla genuinità della suoi anni verdi  l’ accorata sapienza di chi dalla vita ha già subito qualche prova. La sua opera prima sarà alloggiata presso uno dei negozi del Borgo Orefici, come quelle degli altri vincitori che continueranno il loro apprendistato presso la Bulla conciliandolo con un lavoro che, per molti di loro, è indispensabile. gioiello-sole
Chiudiamo questo lungo girovagare per strade antiche, per antiche nobiltà e attuali miserie con un augurio a questi giovani e alla loro prima conquista sul campo, anche se invece di citare Pessoa citiamo D’Annunzio: tra le statue delle Virtù, viste in una chiesa dal poeta, tra la Fede, la Speranza, la Carità, solo la Costanza era incoronata, ma consentiamoci una licenza poetica: mettiamo a fianco della indispensabile Costanza la Speranza e la Fortuna e incoroniamo anche loro, magari con una Tiara bianca e viola.
Per saperne di più
http://www.borgorefici.eu/

Nelle foto di Maria Regina De Luca, alcuni momenti dell’iniziativa promossa dal Consorzio Antico Borgo Orefici  presieduto da Roberto De Laurentiis (ultima  immagine sulla destra, nella galleria fotografica centrale), in collaborazione con il Consorzio antiche botteghe tessili guidato da Claudio Pellone (in alto)

 

 

 

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