Gloria Jean Watkins (1952-2021) nacque in una famiglia operaia nell’ambiente segregazionista del Sud degli Stati Uniti, in Kentucky, agli inizi degli anni Cinquanta e quando, a diciannove anni, andò a studiare in California e decise di iniziare a scrivere sui temi che le stavano a cuore scelse come pseudonimo – da scrivere con le lettere minuscole- bell hooks, il nome della bisnonna materna: Bell Blair Hooks.
In “Ferite di passione. Una vita di scrittura”, tradotto e curato da Maria Nadotti e da poco andato in stampa per Il saggiatore, si ascolta la voce di una donna nera che avverte tutta la sofferenza dell’invisibilità, di quel parlare di femminismo riferendosi esclusivamente alle donne bianche e si interroga sul concetto di intersezionalità femminista: razza, genere, sessualità e classe: «Quando si tratta di pensare all’intersezione di razza e genere mi ritrovo sola. […] Io ho visto donne nere non fare altro che lavorare ogni singolo giorno di vite molto lunghe e finire comunque con niente, nessuna libertà, nessuna salvezza, niente. Non sono convinta che il lavoro ci salverà. So che le donne nere non sono libere, che non abbiamo la coscienza femminista di cui passiamo cos’ tanto tempo a parlare in questi corsi».
Come si poteva parlare di parità considerando solo una parte delle donne? Un tema, questo, sempre più dibattuto. L’intersezionalità, termine adottato nel 1989 dalla femminista e avvocata afroamericana Kimberlé Williams Crenshaw, rappresenta un approccio sempre più seguito: oltre Aude Laurde, Chiamanda Ngozi Adichie scrittrice, femminista e icona contemporanea nata in Nigeria e trasferitasi negli Stati Uniti che affronta il tema del post colonialismo attraverso la narrazione, sono tante le voci che approfondiscono il concetto considerando una pluralità di dimensioni: la razza, il genere, la sessualità, la classe sociale, il Paese e la cultura d’origine, l’abilismo, il credo religioso etc.
Il testo è costruito sull’alternanza della voce narrante dell’autrice in prima e in terza persona, quest’ultima è la dimensione interiore con cui acquisisce coscienza del proprio vissuto, hooks ha uno stile diretto, dice e scrive quello che gli altri celano poiché ritiene che la verità sia preferibile a qualsiasi convenzione sociale, una verità per cui sfida il giudizio di chiunque nella consapevolezza che se tacesse perderebbe sé stessa.
Per lei, come per molte donne in diverse realtà e in differenti contesti, la scrittura è salvifica, è lo strumento per la costruzione identitaria, per il processo di affinamento di idee e per la condivisione di una visione sociale, politica, economica del mondo: «Le donne si sacrificano per le parole. Soffrono e muoiono». Prima ancora che a livello conscio avverte, attraverso una sensazione viscerale, il potere delle storie: «Baba e io siamo nello stesso mondo quando si tratta di raccontare storie, volersi circondare di bellezza e sapere di poterla creare, credere che non ci sia niente che un uomo può fare e una donna no. Baba mi insegna queste cose. La mamma è più preoccupata che sappiamo qual è il posto di una donna».
L’autrice racconta oltre dieci anni della propria vita attraverso l’innamoramento, la sofferenza, le aspirazioni, l’impegno, le amicizie, le sconfitte e le vittorie. Racconta della sua vita con un uomo in un rapporto aperto nel quale – manco a dirlo –impera il doppio standard: «Sono più che colpita dal fatto che un comportamento considerato scorretto da parte di una donna meriti pubblica riprovazione laddove un comportamento maschile offensivo per le donne passa inosservato».
Dopo aver assistito alla violenza perpetrata dal padre nei confronti della madre decide che non si sposerà mai poiché il possesso non ha nulla a che vedere con l’amore e la libertà passa per la possibilità di decidere per sé stessi.
Impiegherà più di un decennio per vedere pubblicato il suo primo lavoro, un periodo nel quale rifletterà sui motivi per i quali durante l’infanzia i genitori la facevano sentire sbagliata punendola, sul perché l’uomo con cui vive non vuole che cresca abbandonando il ruolo di donna-bambina insicura e bisognosa di protezione, sull’importanza dell’organizzazione dello spazio abitativo come luogo “sicuro” in cui poter essere sé stessa.
hooks non si accontenta di una stanza tutta per sé, vuole un mondo in cui le donne – tutte le donne senza distinzioni di razza, genere, sessualità, classe etc – possano essere chi vogliono avendo le stesse opportunità degli altri. Ognuna di noi ha delle ferite di passione con cui fa i conti, ognuna di noi le cosparge di sale prima di lenirle per capire quanto oltre si può spingere e come venire a patti con la realtà. Un’autobiografia intensa, piena zeppa di verità e di comportamenti ancora oggi attuali.
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IL LIBRO
bell hooks
Ferite di passione. Una vita di scrittura
Il saggiatore
Traduzione e curatela Maria Nadotti
L’AUTRICE
bell hooks (pseudonimo di Gloria Jean Watkins, Hopkinsville, 1952 – Berea, 2021) è stata pioniera e icona del pensiero femminista. Il saggiatore ha pubblicato La volontà di cambiare (2022), Tutto sull’amore (2022) e Comunione (2023) e Scrivere oltre la razza (2024).
LA CURATRICE
Maria Nadotti (Torino 1949) è giornalista, scrittrice, consulente editoriale e traduttrice. Tra i suoi libri ricordiamo “Sesso e genere” (2022). Il Saggiatore ha pubblicato Necrologhi (2025).
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