Le disobbedienti/ Nel bosco degli scrittori (di Aboca) spunta “L’agave della Regina Vittoria”. L’importanza di essere gentili e sensibili

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Ci sono libri come acquerelli: delicati, freschi, piacevoli. Storie dalle tinte tenui e i toni pacati che fanno riaffiorare un modo di scrivere e di essere lontano dalla chiassosa rissosità contemporanea.
Le suggestioni che evoca Laura Calosso in “L’agave della Regina Vittoria”, da poco in libreria per Aboca edizioni, rispecchiano fedelmente uno stile British che riecheggia le atmosfere portate sul grande schermo da James Ivory con due film, “Camera con vista” tratto dal romanzo di E. M. Forster e “Quel che resta del giorno” tratto dal lavoro di Kazuo Ishiguro. Nel primo si celebra l’amore degli inglesi per l’Italia, la sua luce, il clima, il paesaggio, il modo di vivere e l’arte mentre, nel secondo, i protagonisti assaporano il gusto del rimpianto per quel che avrebbe potuto essere e non è stato.
Calosso affronta entrambi i temi presentando a chi legge scorci in cui si muovono, in parallelo, la regina Vittoria e una cameriera del suo seguito. Cosa hanno in comune queste due donne di età ed estrazione sociale differente? L’amore per l’aspra bellezza del paesaggio scozzese, lo stesso nome di battesimo e il modo con cui affrontano gli alti e bassi della vita non rifuggendo dalle emozioni e dai sentimenti, al contrario, entrambe li cavalcano, se ne lasciano pervadere consapevoli che l’intensità del sentire porti con sé il rischio della sofferenza e la perdita.
Il carattere e la personalità di Alexandrina e quello della regina Vittoria sono, nel romanzo, paragonate a due piante invero assai diverse tra loro ma che molti confondono. Una impiega tutta la sua vita per portare a compimento una missione: far sbocciare un fiore che la sovrasta e le succhierà tutte le energie vitali fino a farla morire, l’agave Victoriae Reginae, mentre l’altra, l’aloe, vive e fiorisce senza morirne in un alternarsi di momenti di rigoglio e quiescenza.
Lo stile fluido e lieve nulla toglie alla forza della scrittura, anzi, lo caratterizza inserendolo in una collana dedicata dalla casa editrice alle storie in cui gli alberi svolgono un ruolo importante: il bosco degli scrittori.
Gran bella cosa. Aprendo il libro si può leggere lo spirito sotteso all’iniziativa grazie al riferimento ai principi della neurobiologia vegetale che ci insegna quanto sbagliata sia l’idea che le piante si limitino a vegetare senza avere la capacità di dialogare con altri esseri viventi, muoversi, organizzarsi e reagire in modo intelligente.
È un argomento che mi ha appassiona da tempo per diversi motivi. Il primo risale all’infanzia e l’adolescenza vissuta con un padre agronomo che mi ha insegnato a rispettare, ascoltare, osservare e imparare dal mondo naturale.
Da bambina quando ero costretta a letto dalla febbre trascorrevo il tempo con una pila di cataloghi di bulbi, tuberi e rizomi da fiori illustrati la qual cosa mi rendeva ricercata tra le coetanee poiché in grado di scrivere e suggerire i nomi dei fiori con ogni lettera sorteggiata quando si giocava a fiori, frutta e città – un gioco per bambine e bambini del secolo scorso, un secolo in cui ancora c’erano bambini e non bimbi – ed ero anche l’unica ad avere il divieto di mangiare frutta e verdura fuori stagione, proibizione interiorizzata che mi porto ancora dietro.
Se le mie compagne di scuola non potevano confessare di aver marinato le lezioni, nel mio caso, l’inconfessabile riguardava l’aver ceduto a un modello di consumo contro natura. Il secondo aspetto che mi ha avvicinata all’argomento è da rinvenirsi negli studi di economia, antropologia e mercato del lavoro che mi hanno spinta a immaginare un modello economico con elementi mutuati dal cooperativismo vegetale.
Entrambi questi motivi appartenenti al vissuto personale mi hanno reso, in modo subitaneo e fulmineo, intrigata e felice circa la scelta di selezionare e presentare talenti della scrittura intenti a riflettere sugli alberi. Alexandrina attraverso un dialogo sui fiori scoprirà l’amore e l’Italia, vivrà la delusione, il rischio dell’equivoco e i tormenti del perduto amore ma…
La protagonista creata da Calosso rimette le cose nella giusta dimensione mostrando quanto la gentilezza e la sensibilità non siano prerogative in appannaggio alle persone insipienti e stupide ma, al contrario, attributi di quanti dotati di carattere non superficiale si interessano alle cose della vita con passione e profondità ponendo attenzione agli altri. Si sente il bisogno di modelli positivi così, si sente il bisogno di arginare il dilagare dell’arroganza e la superficialità incoronate come comportamenti smart e personal oriented.
Lettura vivamente consigliata per quanti vogliano concedersi una lettura distensiva, piacevole e dalle atmosfere rarefatte di un giardino italiano che profuma di limoni.
 ©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Laura Calosso
L’agave della Regina Vittoria,
Aboca
L’AUTRICE
Pagine 204 euro 17,00 Laura Calosso è nata ad Asti. Giornalista, ha studiato Scienze politiche e Letteratura tedesca. Ha esordito nel 2011 con il romanzo A ogni costo, l’amore (Mondadori). Con SEM ha pubblicato nel 2017 La stoffa delle donne, che Report, la trasmissione d’inchiesta di Rai3, ha utilizzato per il reportage “Pulp Fashion”. Sempre con SEM ha pubblicato Due fiocchi di neve uguali (2019), romanzo sul fenomeno hikikomori, Ma la sabbia non ritorna (2021) e Bordighera

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