Qui sopra, la copertina del libro; in alto, un’immagine da Pixabay

Beatrice Venezi vive di musica, le note abitano in lei e con lei respirano e prendono forma. Così, per accompagnare le parole che popolano le sue pagine, suggerisce una playlist da ascoltare per meglio comprendere la personalità e il periodo storico in cui vissero le protagoniste di cui scrive.
Preferisce essere chiamata direttore d’orchestra, la declinazione di genere non le piace, non la convince. La convince, però, trarre dall’oblio le compositrici, le donne che hanno creato armonie rimaste nascoste nelle pieghe del passato.
”Le sorelle di Mozart” è un sincero e profondo omaggio a donne straordinarie che hanno sfidato le regole sociali del loro tempo per seguire talento, ispirazione, passione e non perdere loro stesse, la loro essenza.
Il sottotitolo è una dichiarazione d’intenti: “Storie di interpreti dimenticate, compositrici geniali e musiciste ribelli”.
“Non era opportuno che una femmina componesse. Una femmina poteva al massimo eseguire: per divertimento, intrattenimento, o per ingannare quel poco tempo che la vita, tra una faccenda e l’altra, le lasciava libero. E infatti la musica poi spariva” si legge nelle prime pagine.
Affinché la musica non sparisca mai più dalla vita delle donne e tutti possano conoscerne e ascoltarne il genio l’autrice ci conduce attraverso oltre un millennio di storia alla scoperta di donne talentuose che hanno non solo scritto e composto musica ma, di più, l’hanno innovata, cambiata e stravolta aprendo nuove strade.
Si comincia con Ildegarda di Bingen, madre badessa poi divenuta santa, la prima compositrice di cui si abbia testimonianza scritta. Fu erborista, guaritrice, naturalista, filosofa. Una intelligenza poliedrica la sua che nel 2012  –  quasi mille anni dopo la sua morte – la porta a diventare Dottore della Chiesa.
Dopo di lei bisognerà aspettare secoli per vedere la prima pubblicazione di uno spartito costruito da una donna: siamo alla metà del Cinquecento con Maddalena Casulana. In un periodo di passaggio tra il Rinascimento e il Barocco la Casulana  scrisse soprattutto madrigali e affermò l’idea che non soltanto gli uomini ma, anche le donne, potessero far della musica il loro lavoro.
Idea balzana e invisa poiché, per le donne, la musica poteva essere diletto e strumento per allietare mariti e familiari in veste di esecutrici, altro non era concepibile.
Come poter ascoltare il canto femminile al di fuori dei conventi e della ristretta cerchia familiare quando alla meta del Seicento papa Innocenzo XI bandì da Roma le cantanti? Assistendo a un fenomeno che di naturale non aveva nulla: cantanti castrati nell’infanzia prima che la voce da bambino si tramutasse in voce adulta.
Il diciassettesimo secolo è il periodo in cui “la musica si allungava a coprire ogni campo del sapere, rendendo sonoro il pensiero” la pittura, la scultura, la letteratura si fondono e si impastano di note in una evoluzione che tutto abbraccia e condivide. Periodo di grande respiro per l’arte peccato che, di lì a breve, calassero le tenebre.
Bisognerà attendere la fine del Settecento per veder ricomparire il nome di una donna a far musica, una donna che visse all’ombra del ben più famoso fratello: Maria Anna Walburga Ignatia  – Nannerl – Mozart. Talentuosa lo era davvero ma con un neo: era nata donna.
Dopo un’infanzia trascorsa esibendosi in giro per le corti europee con il padre e il fratello venne esclusa, relegata a una esistenza domestica. “Ogni volta che Amadeus la lascia a casa per andare a suonare lontano da lei – scrive l’autrice – Nannerl accusa fortissime emicranie, come se la musica che non può più far uscire le crescesse dentro, minacciasse di farla scoppiare”.
Compì le scelte che da lei ci si aspettava, il matrimonio e la maternità, delle sue composizioni nulla sapremmo se non per le parole di Amadeus – il fratello famoso – che di lei scrisse “Mia sorella, colei che possiede il vero talento”.
Il destino di compositrice passata alla storia come sorella di ben più famoso musicista è sorte che ricade anche su Fanny Mendelssohn. Per Felix, il fratello, la musica è lavoro, studio, fama successo e immortalità, per lei può essere passatempo o, come le raccomanda il padre, “ornamento”. Anche lei, come Nannerl, fu sostenuta dal fratello che, sembra, abbia firmato diversi lavori da lei composti.
Anche Fanny seguirà il modello sociale imposto sposandosi e diventando madre ma, a quarantun anni, compirà una scelta coraggiosa pubblicando la sua musica – il suo lavoro – e nel 1838 debutterà con una esibizione pubblica.
Dopo le sorelle le mogli. Siamo a metà del viaggio in cui ci accompagna la Venezi, ancora in un’epoca in cui le donne si definiscono in relazione agli uomini – prima metà dell’Ottocento – e la compositrice di cui leggiamo è Clara Josephine Wieck. La conosceremo come Clara Schumann, moglie di Robert Schumann.
La strada per l’affermazione dell’identità personale e quella professionale, delle compositrici come delle altre donne, è costellata di cimenti. Dopo l’affermazione di una definizione personale che prescinda da vincoli di parentela – naturali o acquisiti – e in seguito alla conquistata possibilità di fare della musica un decoroso e accettabile lavoro l’ulteriore battaglia riguarda l’equa e pari remunerazione.
Attraverso il racconto della vita di altre compositrici, fino a giungere alla contemporaneità – non vogliamo svelarle tutte guastando la sorpresa – l’autrice si sofferma sulle trappole e i tranelli di cui, ancora oggi, è disseminata la carriera delle donne.
Se si raggiunge il successo, troppo spesso, è accompagnato da un non detto ma sottinteso volgare accenno ad arti femminili seduttive, se il successo non arriva è per mancanza di talento, se si sceglie il matrimonio non ci sarà possibilità di procedere nella carriera perché, si presume, distolte dai carichi di cura familiari, se i carichi di cura familiari vengono ben organizzati l’accusa di scarso senso della maternità è dietro l’angolo, se si sceglie di non aver figli allora è l’arido arrivismo a velare il giudizio e così via, un doppiopesismo dietro l’altro, sempre in agguato.
“Le sorelle di Mozart” è parte di un teorema valido per ogni settore in cui le donne vogliano svolgere la loro vita esercitando talento, curiosità, studio e impegno affermando l’indipendenza e il diritto di scelta.
È un libro che colma una lacuna restituendo dignità e identità a donne cancellate dalla storia, è scritto con schiettezza, freschezza e determinazione, emerge la consapevolezza che quando una donna sale su un podio – in quei secondi prima che la sua bacchetta scateni l’armonia di un’orchestra  – intorno a lei sorridono le musiciste che l’hanno preceduta e l’accompagnano. La solidarietà femminile è questo: riconoscere il merito e il talento delle altre senza averne paura e ringraziare coloro che ci hanno precedute per il coraggio con cui hanno avviato un processo di cambiamento culturale del quale raccogliamo il testimone.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Beatrice Venezi
“Le sorelle di Mozart”
UTET
euro 16,00

L’AUTRICE
Beatrice Venezi, tra i più giovani direttori d’orchestra, dirige l’Orchestra della Toscana e l’Orchestra Milano Classica, da anni collabora anche con la Nuova Orchestra Scarlatti, molto amata dal pubblico partenopeo. Esperta del repertorio pucciniano, ha diretto orchestre in tutto il mondo.

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