Napoletano, figlinese, ciclista, calciatore, bancario, allenatore. E’ questa la storia di uno degli allenatori più amati del calcio Napoli e della città sotto il Vesuvio. A firmare la biografia è Nicola De Ianni: Maurizio Sarri. Una vita da raccontare, Rubbettino Editore, pagg. 216, euro 15.
Quando il Napoli acquistò, nel 1984, il più forte calciatore del mondo – Diego Armando Maradona – capitò in ritiro a Ruggello, a 10 chilometri da Figline, il paese natìo di Maurizio Sarri. La sera quando terminava il lavoro in banca andava a vedere gli allenamenti. Poi esclamerà: Era uno spettacolo. Già tifoso del Napoli forse da allora cominciò a sognare da che parte stare. Ci riuscirà.
Dopo una sconfitta ebbe a scrivere su una lavagna una frase che diventerà memorabile: Non è grande chi non è sconfitto ma chi dopo una sconfitta sa reagire e vincere. A Faella, un paesino a pochi chilometri da Figline negli spogliatoi della Faellese si conserva ancora la lavagna, un cimelio.

Qui sopra, la copertina. In alto, una recente foto di Sarri
Qui sopra, la copertina. In alto, una recente foto di Sarri

Gli anni passano tra gioie e sconfitte, tra Eccellenze e Promozioni, tra bravure ed esoneri, nella Toscana calcistica minore. Fino a quando nella stagione calcistica 2005-2006 andò sulla panchina del Pescara, in Serie C1. Con il ripescaggio in serie B della squadra del presidente Dante Paterna, quell’anno la fortuna volle che il Pescara in Coppa Italia si trovò davanti proprio il Napoli di Aurelio de Laurentiis. Era il 7 agosto, il Napoli nonostante l’espulsione di Grava vinse 2 a 0.
Quella stagione si archiviò per il Pescara all’undicesimo posto, non senza malumori. L’anno successivo Maurizio Sarri partecipò al corso per allenatori professionisti, a Coverciano. Nella tesi presentata la sua filosofia calcistica (e quella di vita): La preparazione settimanale della partita.
Sette capitoli, come i giorni della settimana, sette allenamenti: due allenamenti fisici, due per correggere gli errori delle partite precedenti, tre sedute di preparazione per la partita da affrontare (fase difensiva, fase offensiva, soluzioni di palla ferma). Uno schema portato avanti ossessivamente.
La tesi si conclude con queste parole: In questa mia tesi ho preso in considerazione solo uno dei tanti aspetti che riguardano il mestiere di allenatore ed ho fotografato la mia convinzione attuale sul come sviluppare la settimana per preparare la partita successiva. Questo mio modo di preparare la partita è in realtà molto diverso da qualche anno fa, sicuramente perché salendo di categoria sono aumentati anche gli strumenti ed i collaboratori a mia disposizione, ma altrettanto sicuramente per il fatto che sono cambiato io e le mie conoscenze. Spero anche che sia diverso da quello che farò tra qualche anno, in quanto questo significherebbe che la mia voglia di andare avanti e migliorare non si è esaurita, così come il mio amore e la mia passione nei confronti di questo splendido gioco.
Tra alti e bassi di carriera nelle serie inferiori Maurizio Sarri nel 2011 approda al Sorrento. Mentre quest’ultimo ospita in casa il Lumezzane, Sarri, tra il primo ed il secondo tempo, entra nello spogliatoio dell’arbitro e gli rivolge una frase irriguardosa. Non poté entrare in campo per il secondo tempo (espulso) ed ebbe due giornate di squalifica.
Alla fine i due sponsor, MSC e SNAV, condizionarono a tal punto la società che se non avesse cacciato Sarri avrebbero ritirato gli sponsor dalle maglie. Così fu ed il figlinese fece la valigia.
Un passaggio a Empoli e poi la grande storia (2015-2018). Una presenza quella di Sarri a Napoli che ha avuto il significato di un riscatto sociale prima ancora che calcistico, un attacco al palazzo del calcio; quello dei favori, dei potenti, dei diritti tv, degli “aiutini”, dei conti societari completamente saltati.
Un attacco innanzitutto alla squadra degli Agnelli, il passatempo dei ricchi piemontesi che hanno la proprietà di quasi metà dei calciatori italiani disseminati in tante squadre di serie A. Un riscatto del sud contro il nord calcistico e non solo.
Un uomo venuto in città in punta di piedi, in silenzio e senza clamori, senza fanfare. Timido ma cocciuto, adrenalinico, ossessivo nella tattica, refrattario ai cambi, schematico, che prende appunti per tutta la durata della partita, che non vuole essere attaccato e messo in discussione. Questi gli ingredienti che lo hanno caratterizzato, la sua forza ed i propri limiti allo stesso tempo.
La città di Napoli e i tifosi lo ricorderanno più di ogni altro allenatore che è passato da queste parti, sono grati per tutto quello che ha lasciato, innanzitutto ci ha fatto alzare la testa, ci ha permesso di attaccare il palazzo del calcio. E’ arrivato fino all’ultima serratura da aprire.
I social gli hanno tributato ovazioni mediatiche, il san Paolo lo ha venerato di persona, la città non si è mai stancata di abbracciarlo. Lo slogan più in voga ispirato dalla sua presenza: fino al palazzo. Su Facebook era osannato come il comandante, una pagina dedicata a lui: Soviet sarrista. E’ ancora li, ogni giorno si scrive e si commenta, nonostante sia andato via quasi un anno fa.

 

 

 

 

 

 

 

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