La scultura dello “Zeus in trono” è arrivata al Museo Archeologico di Napoli, dove «resterà per poi venire destinata, una volta accertatane l’esatta provenienza, alla comunità alla quale è stata indebitamente sottratta». Così ha ufficialmente annunciato il ministro della cultura Dario Franceschini.
Possiamo anche dire che lo “Zeus in trono”torna a casa, perché proprio nell’hinterland della Neapolis antica, lungo la costa, è probabilmente nato e vissuto. E’ una figura maschile rappresentata seduta. La statua dal nome del dio più importante tra gli dei, sebbene abbia una certa imponenza, non è molto grande, è alta solo cm.75. Il che fa supporre fosse collocata in un piccolo tempio di una casa privata. E’ stata datata tra il secondo e il primo secolo a. C., cioè intorno all’anno 100 a. C.
Purtroppo tutte le opere antiche ritrovate in Magna Grecia, a Ercolano, Pompei, Stabia e nella stessa Napoli, sono definite romane. Definizione frettolosamente giustificata dal fatto che gli abitanti di queste città, dopo aver perso, nell’89 a.C., il bellum sociale, ebbero  la cittadinanza romana e si chiamarono cives romani. Ma erroneamente vengono dette romane anche le opere precedenti l’89 a. C., le quali, avendo gli stessi caratteri delle opere seguenti, dimostrano che sono tutte frutto di una cultura magnogreca che, nelle relazioni ufficiali, sembra volersi tenere nascosta. Questo pare appunto il caso dello “Zeus in trono”, che, probabilmente è opera precedente l”89, per la qual cosa si dice provenga dalla Grecia balcanica.
La scultura presenta molte ferite di una vita travagliata. La sua parte sinistra è ingrigita e bucherellata da una sorta di tarli marini, i litodromi, che corrono all’interno della pietra (da non confondere con i litodomi che sono i gustosi datteri di mare). Altri animaletti marini hanno tracciato sulla sua  superficie candidi ghirigori.  Il bracciolo che costituisce la parte destra del trono è di marmo bianco pressoché intatto; è stato -dicono- protetto dalla sabbia.
Lo “Zeus in trono” si trovava dal 1992 al museo J. Paul Getty di  Malibù. Malibù è una cittadina vicina a Los Angeles e il museo è una grande villa, copiata dalla Villa dei Papiri di Ercolano, che il ricchissimo magnate del petrolio volle costruire, per raccogliere le sue collezioni di reperti greci, romani ed etruschi, massimamente provenienti dall’Italia. La legalità del loro acquisto è spesso stata messa in dubbio. Come per la Venere Morgantina, che, sottratta a Enna negli anni Settanta, finalmente, nel 2011, è tornata da Malibù in Italia.
Ora è stata anche ricostruita la storia per la quale lo “Zeus in trono” è arrivato al J. P. Getty Museum. L’opera, appunto nel 1992, è stata ceduta al Getty Museum  dai collezionisti Barbara e Lawrence Fleischman, i quali, nel 1987, la avevano acquistata da Robin Symes, un commerciante britannico piuttosto chiacchierato, il cui nome compare anche nella storia poco chiara della Venere Morgantina.
Il recupero dello Zeus all’Italia è stato frutto della brillante azione investigativa della Sezione addetta al recupero delle opere d’arte della Guardia di Finanza Italiana. Durante uno scavo clandestino a Bacoli, era stato ritrovato uno spigolo di un sedile di marmo e si era pensato al  trono dello Zeus. Questo spigolo è stato sovrapposto virtualmente alla statua visibile sul web: perfettamente compatibili. Di conseguenza, vi è stata una trattativa tra il Ministero italiano della Cultura e il J.Paul Getty Museum di Malibù. E finalmente, alle ore diciotto  e trenta di venerdì scorso, lo “Zeus in trono” è stato liberato dal lenzuolo che lo copriva ed è stato mostrato al pubblico il suo fascino antico e  misterioso.
In alto, Zeus in trono
Per saperne di più
http://www.coopculture.it/heritage.cfm?id=73

 

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