Un’ombra dalle larghe spalle vesuviane. Segue chi si incammina verso il cellaio del Real Bosco di Capodimonte che il direttore francese del museo Sylvain Bellenger ha restituito alla città nella sua bellezza e in ogni angolo, ridando vita a edifici coperti dalla polvere dell’oblio.
Il sole splende tra i rami degli alberi, persone sfilano in bicicletta, c’è chi corre o si riposa su qualche panchina, all’ombra dei secoli borbonici. L’atmosfera è avvolta in una primavera estiva che accarezza un avvenimento di quelli che si fanno notare.
Salvatore Emblema, il pittore di Terzigno e del mondo (1929-2006), con un autoritratto nella Galleria degli Uffizi di Firenze quando era ancora in vita, entra con le sue opere a Capodimonte. Un riconoscimento significativo da parte di una città, Napoli, piuttosto avara nei suoi confronti. Tanto che nel 1985, in occasione della personale ospitata a Palazzo Reale, allieve e allievi dell’Accademia di belle arti di Napoli, a quel tempo diretta da Gianni Pisani, lo contestarono aspramente.

Qui sopra, installazioni al cellaio. In copertina, Terraemotus (1984)


C’è tutta la sua famiglia all’interno degli ampi spazi dove respirano grandi installazioni degli anni settanta; si fanno attraversare nelle loro trasparenze, percorrere, completare dallo sguardo del pubblico: è un momento importante, la presentazione alla stampa, di un artista italiano e internazionale, che nella città di Partenope trova finalmente una dimora adatta alla sua energia artistica, ancora intatta.
La moglie Filina (così chiamava Raffaella, compagna nel tempo) entra emozionata al braccio di Bellenger che pur avendo lavorato all’Art Institute di Chicago, prima di assumere la direzione del Museo di Capodimonte, non aveva mai visto l’opera di Emblema nella collezione del museo di arte contemporaneo statunitense.
Ne ha scoperto la forza e l’imponenza creativa ammirando i quadri nella galleria Fonti di Chiaia. Una freccia scoccata dal caso che lo ha spinto a realizzare l’esposizione allestita fino al 30 ottobre di quest’anno.
C’è il nipote Emanuele Leone Emblema, figlio di Elena (anche lei presente, insieme ai fratelli Giuseppe e Francesco) , storico dell’arte e curatore scientifico del museo Emblema (che è la casa dove l’impronta d’artista è dappertutto, dalle scale ai tovaglioli dipinti, al soffitto, alle fascine colorate, sculture che diventano pareti divisorie) immerso nella pineta, dal cui archivio sono stati selezionati i lavori proposti. Dal punto di vista di Emblema stesso, ovvero chiedendosi quali tele avrebbe scelto di mostrare.
Parte da Roma, la ricerca artistica di Salvatore che vi si trasferisce non ancora ventenne, dopo la formazione all’istituto d’arte e alla scuola di corallo di Torre del Greco, portando con sé l’eco della natura e del Vesuvio: nel suo cuore le sfumature di quella terra, i lapilli e la pietra lavica mescolata, poi, alla poesia del colore annusata nello studio newyorchese di Mark Rothko sul finire degli anni cinquanta.
L’eco del suo cammino artistico, che riprende in Italia confrontandosi negli anni sessanta con figure intellettuali amiche come Giulio Carlo Argan, papa della critica d’arte, e Palma Bucarelli (direttrice della galleria nazionale d’arte moderna di Roma) sul senso della pittura negli anni in cui Lucio Fontana oltrepassava la tela bucandola, risuona nelle oltre 30 “creature” presentate nella sezione contemporanea di Capodimonte dove si allunga questa mostra diffusa, al terzo piano.
La juta utilizzata accoglie la forma di una donna che diventa simbolo del suolo che trema: “Terraemotus” (del 1984) è l’opera che gli eredi Emblema lasceranno in dono a Capodimonte insieme a “Ricerca sul paesaggio”, collocata tra reti metalliche nel bosco.
Non potevano mancare le “detessiture su tela tinte e sovrapposte” : Emblema sfilava la tela svelando trasparenze e nuove possibilità di luce e materia. Così l’arte si trasforma in un labirinto enigmatico di immagini, emozioni e orizzonti inesplorati.
Per la prima volta, nella sala 82 del secondo piano, prende corpo persino un prototipo dell’artista: scatole trasparenti in plastica ecosostenibile affidate agli occhi di spettatrici e spettatori che ne percepiscono il silenzio, tra bagliori e ombre.
Infine, si scende nel cortile monumentale della Reggia per soffermarsi davanti a una struttura in ferro e pietra lavica alta 3 metri da abitare anche solo per qualche attimo.
Intanto, l’ombra vesuviana dalle spalle larghe continua ad accompagnare chi scrive e mentre esce dal parco, scolpisce queste parole nell’aria: «Io non lo so se la pittura è ancora una cosa attuale o se vale la pena, oggi, fare ancora un quadro. So solo che un quadro ben riuscito assomiglia tanto a una casa con la pelle sottile, costruita sulla strada che corre tra i tuoi occhi e questo impercettibile movimento del sole. Proprio ora, qui. Mentre ti sto parlando». Sussurri di Emblema.
©Riproduzione riservata

Le fascine blue: dipingere il paesaggio

LA MOSTRA
Salvatore Emblema
26 maggio 2022 – 30 ottobre 2022
Museo e Real Bosco di Capodimonte
A cura di
Sylvain Bellenger
sede e orari
Museo e Real Bosco di Capodimonte, via Miano 2 – Napoli
Museo II piano sala “Incontri Sensibili” e III piano sezione Arte Contemporanea – tutti i giorni (chiuso il mercoledì), dalle ore 10.00 alle ore 17.30 (ultimo ingresso ore 17.00)
Cellaio – venerdì, sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle ore 17.00 (ultimo ingresso16.30)
Real Bosco – le installazioni ambientali sono sempre visibili, tutti i giorni, secondo i consueti
orari di fruizione del Real Bosco (7.00-19.30)
Per saperne di più
https://capodimonte.cultura.gov.it/
museo@salvatoreemblema.it.










RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.