Paolo Covino, Altari

La penombra avvolge il tavolo lungo 15 metri. Simile a quello dei refettori nei conventi medioevali, rischiarato da un’unica striscia di luce.
Uno scenario che si ricompone anche quando a ospitarlo è un altro luogo. In questo caso, siamo nel corridoio della cappella di San Tommaso, nel complesso di San Domenico Maggiore, che riecheggia di vita e storia.
E’ la terza volta che il laboratorio (fotografico) irregolare proposto da Antonio Biasiucci prende corpo in 8 epifanie e si mostra al pubblico: apparizioni del percorso creativo compiuto da giovani talenti selezionati tra tante adesioni.

Amalìa di Valeria Laureano


Fino al 30 agosto potrete andarci e rendervi conto da vicino cosa significa sfogliare l’anima delle persone, voltando pagine che contengono immagini.
A ciascuno la sua storia. Paolo Covino, che nel quotidiano lavora sui treni a Napoli, nel proprio quaderno raccoglie “Altari” immortalati nella terra d’origine, Pietrelcina, in provincia di Benevento: gli altari sono le camere da letto, simbolo di una intimità rispettata con la passione di chi raccoglie racconti umani e dettagli di cuore.
Alessandro Gattuso svela “Cosmi”. Lo sguardo dell’autore si forma nel cinema e trasporta in visioni di attualità equilibri di genere: presenze che valicano il concetto categorico di maschile e femminile e lo reinterpretano nel proprio mondo interiore.
In Amalìa Valeria Laureano manifesta l’inquietitudine custodita nei sentimenti, prendendo spunto dalla vicenda di Leonarda Cianciulli da Montella, la saponificatrice di Correggio (dal nome della cittadina dove si era trasferita). Assassina di 3 donne, aveva scelto con cura le vittime, danarose e senza parenti prossimi. E ne aveva fatto a pezzi i cadaveri, sciogliendoli nella soda caustica per trasformarli in saponi.
Ispirandosi a questo intreccio di maledizione e mistero, Valeria ricrea ambientazioni enigmatiche, pescando elementi della sua quotidianità, in una connessione quasi esoterica.
Laura Nemes-Jeles vive a Budapest e dedica la sua storia visiva alla sorella autistica Grazia, oggi adolescente. Con scatti in una famiglia che costruisce il ritmo dei giorni adeguandosi alla percezione del mondo vissuta da Grazia.
Nome e tratti irlandesi, con efelidi, occhi verdi e ribelli riccioli rossi, Claire Power, in realtà, vive in prossimità del Vesuvio che gli abitanti dei dintorni , forse per esorcizzarne il potenziale distruttivo, chiamano La Montagna.

Claire Power, La Montagna


E alla montagna intitola la sua partitura di fotografa, mettendone a fuoco la realtà rurale tra i pavoni della Reggia di Portici e il carnevale di Somma Vesuviana.
Piena di grazia: si riferisce all’Ave Maria il book di Ilaria Sagaria che allinea la dimensione femminile tra sussurri e grida simulati in spazi indefiniti.

Ilaria Sagaria, Piena di grazia


Invita a orizzonti ultraterreni anche L’apnea di Giuseppe Vitale che prima della morte del padre svolgeva la professione di avvocato. La traccia di quel dolore immenso lo spinge a esplorare l’indicibile dentro di sé.
Archéo, infine, è riflessione sulla solitudine, sull’isolamento. Sugli oggetti che Tommaso Vitiello ripesca in soffitta o negli scantinati, affrontando il tema della cura, della conservazione, della memoria domestica. Una scatola, o la poltrona della nonna rappresentano reperti di un’archeologia famigliare.
Ed è questo il senso riuscito del Lab ideato da Biasiucci che ha incubazione di 2 anni, prima di svelarsi negli esiti. Partire da un indizio, per cucire elementi nuovi, mettendo insieme pensieri dilatati nel tempo in una narrazione emotiva-.
L’idea del lab è nata nel 2010 e si è realizzata grazie a un crowdfunding, proprio quando la città languiva nell’emergenza spazzatura e vibrava nell’aria l’esigenza di un’utopia.
Adottato dal Napoli Teatro Festival che il direttore artistico Ruggero Cappuccio quest’anno ha ribattezzato Campania Teatro Festival, è stato idealmente suggerito al maestro Biasiucci da un altro maestro, Antonio Neiwiller, genio del teatro e della sperimentazione.

Laura Nemes-Jeles, Grazia

Spiega Biasiucci: «Aver assistito ai suoi laboratori dai quali nascevano gli spettacoli è stato fondamentale. Ho applicato i suoi metodi ai soggetti con i quali avviavo un confronto continuo utilizzando la fotografia. Questo mi ha permesso di andare in profondità. Mi ha aiutato a distinguere il fondamentale dall’effimero. Ha reso il confronto continuativo col soggetto scelto un atto che conduceva ad una sorta di inaspettato: quello che nemmeno immaginavi che da quel confronto potesse nascere, e che senti che ti appartenga, lo vedevi comparire a poco alla volta… ».
Il laboratorio come condizione psicofisica: sospensione, persino assenza. Che fa emergere, a poco a poco, epifanie. Manifestazioni dell’essere.
©Riproduzione riservata 

Giuseppe Vitale, Apnea

EPIFANIE/03
LAB laboratorio irregolare
a cura di Antonio Biasiucci 
Convento di San Domenico Maggiore
corridoio della cappella di San Tommaso
La mostra è stata prorogata fino al 30 agosto
Orari visita dal mercoledì al sabato dalle 11:00 alle 18:00
Prenotazione obbligatoria su Eventbrite al seguente link:
https://www.eventbrite.it/e/biglietti-mostra-fotografica-epifanie03-156423433701

Tommaso Vitiello, Archéo


Il catalogo Epifanie/03, a cura di Alessandro Leone, è arricchito dai testi critici di Antonio Biasiucci, Goffredo Fofi, Giovanni Francesco Frascino, Stefano De Matteis,e Alessandra Troncone ed è edito da Giannini Editore

Alessandro Gattuso, Cosmi. Il laboratorio di Biasiucci ha il merito i proiettare giovani talenti nel panorama delle mostre nazionali e internazionali, nonché dei premi


Nella foto in alto, il tavolo esposto già alla mostra nella chiesa Santa Maria della Misericordia ai Vergini

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