Entrare nella Chiesa che ospita il Museo Diocesano di Donnaregina suscita sempre una grande emozione. La sua storia ci ricorda che fa parte di una struttura che risale al 780, quando le testimonianze documentarie riportano la presenza di un complesso monastico presso le mura cittadine detto San Pietro al Monte di Domina Regina.
In successione il monastero ha ospitato monache italo-greche, basiliane, benedettine e infine francescane in contatto, con la stessa santa Chiara. Nei secoli il complesso ha visto nascere leggende[1] e coinvolto nelle sue trasformazioni grandi artisti, ha conosciuto la violenza di disastri naturali e la perdita di importanti testimonianze storiche: nei momenti difficili ha avuto l’attenzione di persone di alto rango sociale. Dopo il terremoto del 1293, sono state le donazioni della regina di Napoli Maria d’Ungheria moglie del re Carlo II d’Angiò a consentire la ricostruzione nel XIV secolo della Chiesa di Donnaregina vecchia. All’inizio del XVII le Clarisse del monastero decidono di costruire una nuova chiesa barocca, Santa Maria Donnaregina Nuova, più consona al gusto del tempo, annettendo l’antica chiesa gotica alla zona della clausura.

Chiesa Santa Maria Donnaregina Nuova
L’ampia e maestosa navata centrale, rivestita di marmi policromi


Mentre percorro il lato sinistro della Chiesa, per raggiungere una scala che porta al secondo piano, ammiro l’ampia e maestosa navata centrale, rivestita di marmi policromi e la volta affrescata e decorata con stucchi dorati tipici del barocco napoletano.
Quasi alla fine del percorso mi avvicino all’altare maggiore e guardo in alto rapito dall’esuberante e leggiadra bellezza della cupola che le luci accese sottolineano ed esaltano mentre cerco di immaginare nei quattro pennacchi[2] vuoti i volti degli Evangelisti, staccati nel 1950 dal loro supporto murario per effettuare operazioni di consolidamento strutturale, andati dispersi e mai più ritrovati. Anche se degrado, abbandono, furti e spostamenti non verbalizzati delle opere hanno provocato danni e dispersioni, questa insula monacale custodisce ancora tesori di inestimabile valore.
La scala è ubicata, dietro la zona absidale, e anche se non sono in una sagrestia mi sembra di rivivere il clima descritto dal pittore Domenico Battaglia[3] nell’opera Prima della processione anzi ho la sensazione di entrare proprio nel quadro: il prete che indossa i paramenti e la banda che prova i canti con le giovani del luogo ad indicare quel legame che da sempre unisce una comunità al suo territorio. Intanto che continuo a salire non posso esimermi dal pensare alla comunità di suore che hanno animato e vissuto quello spazio. Ancora una volta a venirmi incontro è Domenico Battaglia con la tela Il coro della chiesa di Santa Maria di Donnaregina Nuova dove si ispeziona la parte più remota ed inaccessibile della clausura e si esplora la parte più intima e delicata di un’esperienza radicale.
Naturalmente una domanda nasce spontanea: Ma di queste esperienze passate nel chiuso di un Convento cos’è rimasto? La risposta la scopro poco dopo quando attratto da un quadro con un volto di Madonna, che si presenta particolarmente espressivo, leggo che l’autore è Ignoto.
Questo quadro è concreto e può raccontare la sua storia a chi è capace di leggere qualità e virtù di un’opera e stimolare il suo lavoro. Altre risorse immateriali sono più difficili da individuare perché sono nate e disperse nei modi di fare e di vivere delle persone ma hanno la stessa potenza e la stessa importanza perché nessuna vita è inutile e tutte lasciano una traccia.

Qui sopra, la cupola; in basso la volta affrescata e decorata con stucchi dorati
tipici del barocco napoletano

Nelle gallerie del secondo piano della Chiesa, negli ambienti che si succedono nei due corridoi a destra e a sinistra, sopra le cappelle laterali della navata, sono esposte le opere del Museo custodite dalle mura possenti della struttura.
Queste  mura hanno attraversato i secoli e protetto le misteriose storie di chi ha abitato quei luoghi. Il percorso, che ha la forma di un quadrilatero con due lati più lunghi, ha nei tratti corti due spazi importanti. Il primo, che si affaccia sul Presbiterio, è il Coro delle Monache mentre dal lato opposto, situato sopra l’ingresso della Chiesa, è ubicato il Coro delle Converse, monache non nobili, che hanno un loro spazio specifico per partecipare alle funzioni religiose. Giorgio La Pira ha osservato che: Sulle solide fortezze dei monasteri contemplativi si è edificato l’intero edificio della civiltà cristiana e della storia cristiana. Eppure spesso anche dentro quei luoghi sono stati portati gli stessi confini fisici e mentali di chi vive fuori.

Coro delle monache, attualmente spazio espositivo


L’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA
Il 30 novembre nel Museo di Donnaregina si apre la mostra natalizia[4] che vede al centro una tela importante l’Adorazione dei Magi di Sandro Botticelli in prestito dal Museo degli Uffizi di Firenze. La Conferenza stampa di presentazione del 27 novembre ha visto la presenza del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano impegnato, in questo periodo, a Palazzo Reale in un Convegno dell’UNESCO[5] che ha dichiarato: Quando il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, mi ha chiesto se poteva portare questo quadro a Napoli ho detto assolutamente sì perché è importante, anche in questo contesto, che trasuda di storia e di grande tradizione, poter esporre quest’opera rilevante di Botticelli.
Il ministro è stato accolto da Pierluigi Leone de Castris curatore della mostra per il quale Si tratta di una delle opere più rappresentative della prima maturità del pittore, unico quadro con suo autoritratto e dal Direttore del Museo Diocesano Monsignore Adolfo Russo che riflette sul periodo che sta vivendo l’umanità.
L’immagine rappresenta i popoli al di la della loro appartenenza religiosa, etnica, culturale. La terra di Gesù oggi è insanguinata. E i Magi rappresentano i popoli di tutto il mondo, senza guerra, alla ricerca di una verità che va oltre. E’ un messaggio di pace che parte da Napoli verso tutto il Mediterraneo. Soddisfatto il Direttore per la gestione museale Elio de Rosa per il quale è Una concessione straordinaria per la grande mostra del Natale, un capolavoro del Rinascimento per la prima volta a Napoli.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, impegnato in questo periodo a sostenere, insieme ad altri concorrenti, un colloquio al Collegio Romano per succedere a Sylvain Bellenger come direttore del Museo di Capodimonte, dove viene dato come favorito, è atteso per l’inaugurazione della mostra prevista per le ore 12.
È un’occasione anche per incontrare il ministro della Cultura Sangiuliano cui spetta la scelta quando gli verrà presentata la terna individuata dalla Commissione preposta ai colloqui. Pur essendo partito alle 7 da Firenze il treno su cui viaggia è in ritardo per cui è costretto a comunicare di trovarsi bloccato sul convoglio tra le stazioni di Roma Tiburtina e Roma Termini.
In precedenza aveva fatto pervenire alcune sue riflessioni sul quadro in esposizione ricordando che il capolavoro ha fatto il giro del mondo ed è stato un protagonista in tre importanti mostre negli Stati Uniti e in Cina. Aveva sottolineato, poi, alcune caratteristiche dell’opera: i Re Magi e i vari personaggi della loro corte, raffigurati con i volti della famiglia dei Medici e dei loro alleati, e la presenza sulla destra dell’autoritratto di Sandro Botticelli, che guarda fuori dal dipinto. Ed aveva  concluso: Si tratta dello stesso principio che caratterizza il presepe napoletano, con le figure di Maradona e Osimhen che rendono omaggio al Bambin Gesù. Il direttore uscente degli Uffizi è arrivato nel Museo dopo le ore 14.00 quando la manifestazione era ormai finita; ha effettuato una breve visita ed è ripartito per Roma. Ad accoglierlo, Elio De Rosa che ha dichiarato: Schmidt, con il quale sono stato in contatto per mesi, è venuto da noi per controllare l’allestimento del dipinto, è rimasto soddisfatto ed è restato solo per il tempo di una foto davanti alla mostra.

Adorazione dei Magi


IL PITTORE E L’OPERA
Per descrivere quest’opera si cercherà di far riferimento necessariamente ad alcuni importanti elementi: l’autore quindi il pittore che l’ha creata, il contesto in cui è stata realizzata, la scena raffigurata nel dipinto e concludere con alcune riflessioni.
Nella dichiarazione catastale[6] del 1458 di Mariano Filipepi, padre dell’artista e conciatore di pelli, sono riportati i nomi dei quattro figli maschi Giovanni, Antonio, Simone e Sandro: l’ultimo, di tredici anni, viene definito malsano, con la indicazione che sta a leggere, interpretatoda alcuni studiosi come rilevatore di un’infanzia malaticcia che avrebbe portato a un carattere introverso, evidenziato nel tono malinconico e assorto di alcune sue opere. L’appellativo Botticelli con il quale è universalmente conosciuto potrebbe derivare dal fratello Antonio, orefice di professione, da battigello o battiloro[7], dal tirocinio avvenuto presso la bottega di un amico del padre, un certo maestro Botticello[8]o dal nomignolo del fratello Giovanni, un funzionario pubblico che di mestiere faceva il sensale del Monte e che nella dichiarazione catastale del 1458 veniva vochato Botticello, poi esteso ai membri della famiglia e adottato anche dal pittore.
Sandro Botticelli (Firenze, 1º marzo 1445 – Firenze, 17 maggio 1510), dopo aver iniziato la sua carriera come orafo, ebbe la sua prima formazione come pittore dal 1464 al 1467 presso l’artista fiorentino Filippo Lippi con cui collabora, assieme ad altri allievi, negli ultimi affreschi delle Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista nella cappella maggiore del Duomo di Prato.
Dalle lezioni di Filippo Lippi provengono gli insegnamenti per una composizione nella quale primeggiano la dolcezza, la grazia, l’armonia e il gusto per il contorno marcato: elementi che Botticelli rielabora, reinterpreta e fa diventare i reali contrassegni della sua pittura.
Nelle opere realizzate dal 1467 in poi si notano alcune esigenze veriste, tipiche del Pollaiolo, e suggestioni derivanti dalla lezione di Andrea del Verrocchio, del quale potrebbe aver frequentato la bottega dopo la partenza di Filippo Lippi per Spoleto nel 1467. Ci si riferisce, in particolare, alla resa realistica di alcuni dettagli, come le decorazioni delle vesti e le architetture.
Sandro Botticelli, pur partendo dal contesto in cui è immerso, quello fiorentino,  sviluppa uno stile pittorico unico che rende le sue opere inconfondibili. La ricerca di un armonioso equilibrio compositivo, che lo portano a scegliere soprattutto composizioni sciolte e ritmiche ed un disegno sottile e molto dinamico sembrano suggerire che La linea per Botticelli è fondamentale, perché tutto nelle sue opere è basato sui percorsi e i movimenti sinuosi del suo disegno. Alla linea subordina tutto: il colore, la prospettiva, le forme, i volumi[9].
Nel 1473, quando ha 28 anni, il pittore entra al servizio dei Medici e inizia a partecipare alla fervente vita di corte fiorentina. Presso le residenze medicee, l’umile figlio di un conciapelli ha la fortuna di fare amicizia con le personalità più eminenti dell’Umanesimo italiano, diventando a sua volta un personaggio di spicco del circolo mediceo, riuscendo a sviluppare uno stile elegante che propone un nuovo modello di bellezza ideale e che incarna i gusti e la raffinatezza della società dell’epoca.
Nei primi anni Settanta del secolo, l’artista realizza alcune tavole con l’Adorazione dei Magi, fra cui quella del 1475, oggi esposta al Museo di Donnaregina.

Nella composizione del dipinto: Giuliano di Piero de’ Medici, il poeta Poliziano  con accanto, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola
Cosimo de’ Medici inginocchiato in adorazione del Bambino


SIMBOLO DELLA BELLEZZA
Sandro Botticelli è uno degli artisti simbolo del Rinascimento, e del Rinascimento fiorentino in particolare, non solo per la riconosciuta bellezza delle sue dee e delle sue Madonne, ma anche per molti altri motivi. In particolare è stato: un personaggio di grande cultura, sono famose le sue illustrazioni per la Divina Commedia, un raffinato pittore del suo tempo, un artista che più di altri ha dato forma agli ideali dei filosofi neoplatonici[10], il pittore per eccellenza dei Medici ma soprattutto ha saputo dimostrare grandi doti cimentandosi in un’ampia varietà di soggetti, dal dipinto mitologico alla scena sacra, dalla grande pala d’altare alla piccola tavola per la devozione privata, dal ritratto al tondo. È stato soprattutto l’artista che  si è trovato a vivere tra due epoche: gli ultimi anni, quelli della crisi religiosa, sono infatti gli anni della caduta dei Medici e dell’ascesa e della conseguente caduta di Savonarola. Botticelli è artista simbolo del Rinascimento, dunque, anche perché con lui un certo ideale d’arte rinascimentale tocca l’apice e al contempo termina la sua parabola. Muore a Firenze nel 1510.
COME NASCE IL DIPINTO
L’opera ”Adorazione dei magi” venne commissionata da Guasparre o Gaspare Zanobi del Lama, importante banchiere della città di Firenze, nato nel 1411, da una famiglia piuttosto modesta, originaria di Lamole. Quando il 2 dicembre 1469 Piero di Cosimo de’ Medici, detto il Gottoso[11], muore, è tra i fautori della salita al potere del figlio Lorenzo de’ Medici. Questa circostanza gli procura la nomina di Sensale del Cambio con una posizione di rilievo nel mondo degli affari della città portandolo a gestire tra il 1473 e il 1474 grosse transazioni, come quella del cambio di valuta napoletana  o quella di occuparsi della bancarotta del banchiere Bono Boni. Nel 1468 è socio di due compagnie, quella di Gesù Pellegrino e quella di San Pietro Martire, presenti nella chiesa domenicana di S. Maria Novella, e nel testamento del 1469 destina una parte dei suoi beni, alla costruzione di una cappella nella stessa chiesa, dedicata ai Re Magi e all’Epifania. La scelta di tale intitolazione è da ricercare nel nome del committente, Gaspare, corrispondente a quello di uno dei tre re magi e, allo stesso tempo, un ossequio ai Medici che, nella chiesa di San Marco, hanno fondato una confraternita denominata la Compagnia  dei Magi.

Piero di Cosimo de’ Medici, detto il Gottoso, figlio di Cosimo, col mantello rosso foderato d’ermellino, e Giovanni di Cosimo de’ Medici (1421 –1463), secondogenito di Cosimo


Il culto dei re Magi, molto caro, in quegli anni, al partito e alla famiglia dei Medici, si concretizza anche in una fastosa rappresentazione che prima ogni tre e poi ogni cinque anni, sfila per le strade di Firenze il giorno dell’Epifania: la cavalcata dei Magi. La sontuosa galoppata è formata da tre cortei che si riuniscono al Battistero per procedere verso San Marco, abituale luogo di riunione della Compagnia. Poiché l’emblema scelto è una stella a sei punte, come quella che si immagina sia stata seguita dai Magi, la compagnia è nota anche con il nome di Compagnia della Stella.
Per i Medici si tratta di un’occasione per mostrare la loro ricchezza e il loro potere, sia come mecenati sia perché il corteo passa davanti al Palazzo di famiglia. La predilezione dei Medici per le figure dei Magi emerge anche a Palazzo Medici, dove Benozzo Gozzoli è chiamato ad affrescare sulle pareti della Cappella il fiabesco Viaggio dei Magi, su commissione di Piero de’ Medici. In realtà l’episodio evangelico è stato solo un pretesto per raffigurare i successi politici della famiglia Medici e immortalare alcuni ritratti di famiglia e di importanti personalità con i quali avevano intessuto rapporti.
Gaspare di Zanobi da Lama commissiona, quindi, il dipinto per l’altare della sua cappella a Sandro Botticelli, un artista molto vicino ai Medici, e probabilmente gli chiede di ritrarre sé e i vari personaggi di questa famiglia nella scena dell’Epifania.
L’opera dovette essere realizzata entro il 1475, perché nel gennaio del 1476 Gaspare cade in disgrazia e viene condannato per frode dai Consoli dell’Arte del Cambio, morendo poi nel 1481 in condizioni  di relativa povertà. La cappella da lui fondata viene dismessa nel terzo quarto del XVI secolo e il dipinto passa di proprietà ai Medici, dato che compare nel 1587 nella raccolta di don Antonio (1576-1621), figlio del granduca Francesco I de’ Medici e della seconda moglie Bianca Cappello. Come la maggior parte dei capolavori posseduti nelle raccolte medicee, anche l’Adorazione dei Magi si ritrova nella galleria degli Uffizi, dove è attestata a partire dal 1796 dopo essere stata rinvenuta nella villa medicea di Poggio Imperiale a Firenze.
NARRAZIONE DI UN CAPOLAVORO
Il soggetto del dipinto è ricorrente in molte opere di questo periodo: rappresenta l’Adorazione di Gesù Bambino che come riportato dal Vangelo di Matteo[12] manifesta la sua natura divina ad alcuni Magi[13]. Rispetto alle altre rappresentazioni l’interpretazione del Botticelli appare innovativa sotto molti aspetti.
Il primo cambiamento che opera riguarda l’impianto compositivo: la sua Adorazione dei Magi, non si sviluppa in orizzontale, con Gesù la Sacra Famiglia ad un’estremità ed i Re Magi disposti uno dietro l’altro, col proprio seguito, in una sorta di corteo per raggiungere la grotta. Botticelli pone Gesù bambino, Giuseppe e Maria al centro del quadro, sopra una struttura che la eleva dagli astanti e sfrutta la profondità della raffigurazione per aggiungere altri particolari. La visione frontale della scena, con le figure sacre al centro porta a disporre i personaggi ai lati in maniera prospettica.
Un secondo elemento innovativo del capolavoro di Sandro Botticelli è dato dalla capanna entro la quale si trova la Sacra Famiglia rappresentata da un edificio diroccato in cima ad una roccia mentre sullo sfondo si scorgono i resti di altri edifici semidistrutti. Sono le antiche rovine romane che sembrano o richiamare un episodio della Legenda Aurea di Cristo che descrive il mondo antico e pagano soccombere alla cristianità o sottolineare che il nuovo regno cristiano, attraverso il governo mediceo, può nascere e svilupparsi utilizzando le civiltà raggiunte dai grandi imperi del passato.
 L’artista infatti, nonostante il tema sacro, raffigura i protagonisti della tela con personaggi reali, appartenenti al mondo politico fiorentino. In particolare dipinge alcuni componenti della famiglia de’ Medici, omaggiando di un prestigioso tributo i signori della città e realizzando un importante documento storico.
I tre Magi simboleggiano le tre età dell’uomo e cioè la gioventù, la maturità e l’anzianità. Disposti, sulla tela, in posizione centrale hanno le sembianze dei membri della famiglia dei Medici. Quello più anziano, Cosimo de’ Medici (1389-1464) è inginocchiato in adorazione del Bambino ed ha già deposto il suo dono ai piedi della Vergine. Il secondo, Piero di Cosimo de’ Medici, detto il Gottoso, (1416 –1469) figlio di Cosimo, col mantello rosso foderato d’ermellino, e il terzo, Giovanni di Cosimo de’ Medici (1421 –1463), secondogenito di Cosimo, attendono il loro turno inginocchiati al centro. Entrambi sono di spalle, con i loro preziosi doni ancora in mano. Le corone, rappresentate da quella posta davanti alla figura vestita di bianco sono già state deposte. A destra, il giovane Lorenzo il Magnifico (1449 –1492), figlio di Piero, resta pensoso nella sua veste corta rossa e nera bordata d’oro. Un po’ dietro di lui l’uomo canuto, che vestito di celeste, si volta verso l’osservatore e con la mano indica se stesso, a sottolineare il suo ruolo è il committente dell’opera: Gaspare di Zanobi.
A sinistra, in primo piano, si riconoscono, di profilo con l’abito nero e rosso, Giuliano di Piero de’ Medici (1453 –1478), fratello di Lorenzo, e il poeta Agnolo (Angelo) Ambrogini, detto Poliziano[14] (1454 –1494), che si appoggia confidente sulla spalla del ragazzo sulla sinistra. Accanto, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), vestito di nero, è rappresentato mentre indica la Sacra Famiglia.

Lorenzo il Magnifico, figlio di Piero, nella sua veste corta rossa e nera bordata d’oro. Un po’ dietro di lui l’uomo canuto, che vestito di celeste, con la mano indica se stesso, il committente dell’opera Gaspare di Zanobi ed in primo piano l’autoritratto del pittore

Il riconoscimento dei personaggi trova discordi gli studiosi che per esempio riconoscono nel gruppo di personaggi sulla sinistra la figura di Lorenzo de’ Medici, l’uomo di profilo con la lunga veste bianca e la berretta sulla testa, mentre sul lato opposto, nel gruppo di destra, individuano il fratello Giuliano, l’uomo con l’espressione pensosa che indossa una veste nera e rossa. Queste discordie non alterano il significato dell’operazione. Non mancano nell’opera altri rimandi come quello del pavone in alto a destra a simboleggiare l’immortalità ma di sicuro la presenza in primo piano di un autoritratto dello stesso Sandro Botticelli merita attenzione e qualche riflessione.
PENSIERI E RIFLESSIONI
Il pittore, riproducendo la sua immagine, riserva uno spazio per se stesso all’estrema destra del dipinto: il corpo, “confinato” in un mantello giallo oro, è rivolto verso la grotta e le figure che ha animato con il suo pennello, ma la testa ha una torsione e porta lo sguardo verso l’esterno, verso lo spettatore.
Per alcuni studiosi è Botticelli stesso che, orgoglioso del suo capolavoro, ci presenta il frutto delle sue fatiche, per altri è la sua volontà di dimostrare il suo status di pittore alla corte dei Medici, altri ancora fanno notare che si tratta di una tecnica, diffusa tra gli artisti, utilizzata per coinvolgere lo spettatore.
Non sappiamo se, come dice qualcuno, con il proprio autoritratto Botticelli ha cambiato un’epoca[15] ma di sicuro ci permette di rileggere attraverso il suo percorso artistico e riflettere sulla condizione umana  da sempre sospesa tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà.
Nel 1471 a 26 anni aveva già una sua bottega, nel 1473 il pittore entra al servizio dei Medici e nel 1475 quando compie 30 dipinge l’Adorazione dei Magi grazie alla quale si procura in modo definitivo le grazie dei Medici. Si tratta della trascrizione, attraverso le immagini, del prestigio e della potenza della signoria che governa Firenze e dei rapporti e delle relazioni intercorrenti tra i membri della famiglia e quelli che frequentano ed animano la corte.
Nel dipinto, tendenzialmente caldo,
il colore più diffuso nella struttura che fa da scenografia alla scena è il marrone-ocra ma non manca la presenza dell’azzurro, del rosso, del nero, del violetto e di tante altri tinte a ravvivare la scena. Il colore, intimamente legato alla sua arte, caratterizzata da un’eleganza di linee e da un’armonia velata di malinconia oltre che da un’inquieta ricerca del mistico dei personaggi, riveste di magia l’opera.
FIRENZE IN QUELL’EPOCA
La città  in quegli anni vede il rinnovarsi della cultura classica e la scoperta di alcuni temi della filosofia platonica. Consigliato dallo studioso greco Giorgio Gemisto Pletone, Cosimo il Vecchio fonda nel 1459 l’Accademia neoplatonica fiorentina. Vi aderiscono intellettuali come Pico della Mirandola, Agnolo Poliziano e il filosofo Marsilio Ficino, traduttore delle opere di Platone e teorizzatore del neoplatonismo. Quando nel 1473 il pittore entra al servizio dei Medici si avvicina all’ambiente culturale neoplatonico che gravita nell’orbita medicea, secondo cui l’uomo occupa un posto privilegiatonel mondo perché attraverso la ragione può giungere alla contemplazione del divino, ma anche recedere ai livelli più bassi della sua condizione se è guidato solo dalla materialità degli istinti. Esaltando con le sue tele la bellezza corporea partecipa da protagonista a questa rinascita che coniuga i modelli di armonia e bellezza propri dell’antichità classica, con le nuove conoscenze e lo spirito umanista dell’età moderna. Nel 1475, quando dipinge l’Adorazione dei Magi, realizza per Giuliano dei Medici, che partecipa alla giostra[16] in piazza S. Croce, uno stendardo con l’immagine della dea Pallade con le fattezze di Simonetta Cattaneo considerata una delle donne più belle della Firenze rinascimentale e sua musa ispiratrice. È la stessa cantata da Poliziano nelle Stanze per la giostra del magnifico Giuliano di Pietro de’ Medici, nelle quali si fa riferimento ad un amore platonico tra Simonetta e lo stesso Giuliano. Un periodo di contatti e idee che consentono a Botticelli di articolare il suo pensiero e trasformarlo in fermenti creativi.
Per l’Accademia neoplatonica fiorentina L’uomo è padrone del proprio destino e gli accademici riconoscevano come massima aspirazione umana la felicità. Ad un uomo che sa riflettere su quel che vede e sente, ed è portato a rielaborare e reinterpretare, non sarà mancato una considerazione critica sull’Adorazione  dei Magi  dove  l’uomo padrone del proprio destino è rappresentato solo dai potenti o da chi cerca il loro assenso per  qualche briciola di potere. Forse è lì la spiegazione di quello sguardo che guarda oltre quella scena ed è indirizzato fuori del quadro.
L’adesione di Botticelli alla cultura rinascimentale fiorentina lo porta  a dedicarsi alla pittura mitologica per la quale è universalmente conosciuto; supera così la dedica quasi esclusiva all’arte religiosa, nella quale resta comunque impareggiabile.
Il percorso intrapreso
con questa ricerca nel cuore della cultura rinascimentale lo porta in breve a diventare una personalità di spicco nell’ambito della cultura umanistica.
I ritratti di Botticelli sono attraenti perché si basano sul giusto equilibrio tra la correttezza fisiognomica e una certa tendenza all’idealizzazione. La sua arte esplora a fondo il meccanismo della sublimazione, in particolare concentrandosi sulla resa estetica del volto, fino a farvi trasparire la leggerezza dell’anima e quindi l’immortalità, conferendole un totale valore assoluto. Non manca nelle sue opere un interesse per l’anatomia rintracciabile nella particolare fisionomia dei personaggi che ritraggono una bellezza senza tempo. Dall’espressione dei personaggi traspare anche una certa emotività che varia molto a seconda del sentimento desiderato. Questo è uno dei principi dell’espressionismo che ha caratterizzato soprattutto l’ultima parte della carriera di Botticelli[17].


OLTRE I CONFINI
Con la morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492 e la comparsa del predicatore Girolamo Savonarola, che attacca la corruzione dei costumi dell’epoca, si incrinano le certezze umanistiche del Botticelli, che suggestionato dai discorsi del frate, si concentra sui temi mistici e rinnega le sue opere precedenti. Dagli anni ’90 in poi, i dipinti mostrano una forte drammaticità che non scompare nemmeno dopo la morte del frate nel 1498. Le difficoltà a trovare nuovi mecenati accompagnano gli ultimi anni della sua vita mentre l’emergere di nuovi artisti come Michelangelo, Leonardo e Raffaello offuscano la sua fama. L’artista simbolo del Rinascimento, l’uomo che ha caratterizzato con uno stile unico e inconfondibile la parabola artistica medicea, l’Apelle[18] fiorentino si spegne nel 1510, in solitudine e povertà, dimenticato per secoli fino alla sua riscoperta nell’Ottocento. Che sia un’umile suora magari conversa o un grande e illuminato artista quando con la morte gli atomi abbandonano il corpo ciò che resta di una persona è una risorsa immateriale che travalica spazio e tempo: la storia della propria vita che è sempre unica, immensa e particolare.
Mentre riguardo l’Adorazione dei Magi mi piace pensare che lo sguardo di quel giovane di bell’aspetto e malinconico,  impegnato nella sua arte in una raffinata ricerca della bellezza e che ha inteso il disegno, la figura, la linea e il contorno come la materializzazione di un’idea, abbia desiderato altro, abbia sognato altro e per questo abbia cercato di guardare oltre i confini.
 ©Riproduzione riservata

Il prof Pierluigi Leone de Castris curatore della mostra con un gruppo di studenti
Le foto in questa pagina sono a cura di Carmine Negro


NOTE

[1] Affascinante la storia che Matilde Serao racconta nelle sue “Leggende napoletane”, che ha come protagoniste tre sorelle: Donn’Albina, Donna Romita e Donna Regina, figlie del barone Toraldo, nobile del Sedile del Nilo. Le tre sorelle rinunciano all’amore per lo stesso uomo, salvano il loro affetto e si ritirarono a vita spirituale, fondando tre monasteri. Da qui la nascita dei tre monasteri napoletani: S. Maria Donna Regina, S. Maria Donnalbina e S. Maria Donna Romita.

[2] In architettura, un pennacchio è l’elemento di raccordo fra l’imposta di una cupola e la struttura ad essa sottostante. La forma è quindi quella di un triangolo mistilineo (costituito da linee rette e curve) con un vertice in basso.

[3] Le due tele Prima della Processione e Il coro della chiesa di Santa Maria di Donnaregina Nuova sono ubicate nelle Gallerie d’Italia – Napoli

[4] Mi lascia sempre molto perplesso, in un luogo dove la forma esprime un contenuto, assistere all’inaugurazione di una mostra con una modalità molto informale. L’avevo già verificato quando sono stato a quella su Artemisia eppure le strutture e le risorse intellettive ed organizzative possono permettersi un percorso più didascalico e conoscitivo.

[5] Dal 27 al 29 novembre 2023 a Palazzo Reale si svolgerà l’evento UNESCO “Naples Conference on Cultural Heritage in the 21st century”. L’Italia ospiterà rappresentanti ed esperti dei 194 Stati membri UNESCO per elaborare risposte comuni alle nuove sfide poste al Patrimonio Mondiale e Immateriale dell’Umanità

[6] Nelle dichiarazioni catastali, denominate “portate al Catasto“, i capifamiglia erano obbligati a comunicare il loro stato patrimoniale, con un elenco dettagliato dei propri beni, delle rendite e delle spese sostenute nel corso dell’anno.

[7] Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un enorme martello l’oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia.

[8] L’ipotesi  di un suo tirocinio avvenuto, un certo maestro Botticello, amico del padre come riferito dal Vasari nelle Vite, sembra poco probabile dal momento che non esiste alcuna prova documentaria che confermi l’esistenza di questo artigiano attivo in città in quegli anni.

[9] https://www.geometriefluide.com/it/stile-botticelli/

[10] Il rinnovato interesse per i classici, e per Platone caratterizza la scuola neoplatonica. L’ideale neoplatonico nell’ambito della letteratura, delle scienze e dell’arte in generale è la ricerca dell’armonia e della perfezione.

[11] Chiamato Piero il Gottoso perché soffriva di gotta.

[12] L’incontro con i Magi è riportato nel Vangelo di Matteo (Matteo 2,1-2):  … Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo.

[13] I tre magi: Baldassarre, Gaspare e Melchiorre che, secondo le Scritture, seguirono una stella fino a Betlemme per adorare il Cristo, appartenevano alla casta sacerdotale nell’ambito della religione zoroastriana. Per Marco Polo governavano un piccolo territorio vicino a Saveh non distante dall’attuale Teheran.

[14] Agnolo (Angelo) Ambrogini, detto Poliziano , dal nome latino del paese d’origine, Mons Politianus (Montepulciano)

[15] https://www.elledecor.com/it/arte/a40980250/ladorazione-dei-magi-alla-scoperta-del-capolavoro-di-botticelli/

[16] Lo stendardo per la giostra è la prima opera documentata per i Medici e risale al 1475.

[17] Luca Paonessa Sandro Botticelli: le opere, la vita e l’arte https://www.dreamgrandtour.it/sandro-botticelli/.

[18] Apelle era, il pittore di Alessandro Magno.

L’EVENTO E L’ESPOSIZIONE
Natale a Napoli con l’Adorazione dei Magi di Botticelli
Nel Complesso Monumentale Donnaregina

Alessandro Filipepi detto Sandro Botticelli (Firenze 1445-1510)
Adorazione dei Magi
Tempera grassa su tavola, 111×137 cm
Fino al 31 gennaio 2024
ORARI
Lunedì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Martedì: Chiuso
Mercoledì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Giovedì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Venerdì: 9:30 – 18:00( Ultimo ingresso 17:30)
Sabato: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Domenica: 9:30 – 14:00 (Ultimo ingresso 13:15)

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.