Una mattinata calda, afosa. Il campanello, un suono forte che mi fa saltare i nervi, penso sempre che devo cambiarlo, ma non lo faccio mai. Mi appoggio al bastone, piano raggiungo la porta mentre l’antipatico campanello continua a innervosirmi, guarda dallo spioncino, vedo un giovane ragazzo con uno scatolone in braccio.
«Chi siete?» domando.
«Signora, un pacco per lei, lo ha ordinato vostro figlio».
Rispondo che mio figlio non è in casa, che di questa consegna non sapevo niente, lui inizia a parlare in modo concitato, quasi non capisco, parla cos velocemente. Sento frasi del tipo « urgente, fa caldo, il pacco pesa, faccia presto».
Apro, lasciando la catenella, lui mi dice che gli devo trecento euro. Se non lo prendo, passeranno altre settimane e mio figlio ne aveva bisogno urgente.
Insisto nel dire che non ne so niente. Mi invita a chiamare mio figlio, lo faccio, e, mentre parlo con lui, il giovane mi sovrasta con la voce, facendo accavallare le parole, quasi non sento n lui, n mio figlio. Sono imbambolata, stordita dal caldo e dal chiacchiericcio dei due. Stacco la comunicazione telefonica, apro la porta, il giovane mi consegna il pacco, prende i trecento euro e va via.

La sera al ritorno di mio figlio, la guerra mondiale…
Mi dice che sono stata stupida, che non dovevo dargli i soldi prendere il pacco, aprire la porta, cerco di giustificarmi, ma lui niente, l’unica cosa da fare è piangere. Solo cos si quieta, il mio figliolo.
Ma ha ragione. Nello scatola ci sono mattoni. Pochi giorni dopo, il malefico campanello suona ancora, e dall’altro lato un ragazzo mi chiede di comprare dei fazzolettini. L’unica scusa che mi viene in mente «Non posso aprire mia madre non è in casa». Ma come, alla mia et ? A ottantasette anni? Comunque sia, si allontana.
Non è l’ultima irruzione. Squilla il telefono. Rispondo. Dall’altro capo, una voce gentile «Signora A.P.? Siamo la ditta … Vostro figlio Gennaro ha ordinato da noi materiale informatico, lo dovremmo consegnare domani». Quando replico che mio figlio (che davvero si chiama Gennaro, avranno chiesto notizie su di me forse dal portiere, con un pretesto…) è in Cina per lavoro, la sconosciuta, con tono sicuro, sostiene di essere stata gi  avvisata da lui, di dover consegnare la merce a me. La informo di non avere i soldi, mi chiede se possiedo depositi bancari o postali, rispondo di avere un libretto postale, mi consigliano di prelevare perch il materiale è utile al lavoro che svolge mio figlio.
Sono presa alla sprovvista, non so che dire, meccanicamente rispondo di s, la signora aggiunge che devo pagare ottocento euro e riaggancia. Sono confusa, non ho questi soldi a mia disposizione, non posso contattare Gennaro perch è all’estero e allora il giorno dopo vado alla posta a prendere quello che mi è rimasto sul libretto. Vado di prima mattina da sola perch la voce gentile mi ha avvertita che sarebbero venuti molto presto.
Prelevo, mi accingo a ritornare a casa frettolosamente e in un lampo mi ritrovo a terra spinta da un motorino, il ragazzo alla guida scende, mi strappa la borsa e scappa con il suo complice… morale della favola? Sono in ospedale con il femore rotto, mio figlio che mi rimprovera e gli ottocento euro nel reggiseno.
Una volta si diceva «Non accettare caramelle da uno sconosciuto». Adesso, invece, non si deve nemmeno parlare con chi non si conosce.
Ah, se la tv informasse di più… Invece di offrire fior di quattrini alle varie star. Uno spot in più non farebbe male a nessuno, aiuterebbe anche la vostra coscienza, miei cari dirigenti. Cos, si potrebbe evitare violenza e choc a chi ha vissuto una vita tribolata e, almeno in vecchiaia, vorrebbe trascorrere giorni più sereni.

In alto, una signora anziana fotografata da Emilio Sirletti

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