Nel mezzo di una vacanza in pieno stile anni ottanta per il Peloponneso, può venire voglia di guidare per le circa quattro che separano da Atene, che non si conosce,  per portare omaggio alle sue sacre pietre.
Il Peloponneso, terra non presa d’assalto come le isole più famose, ricorda molto la Calabria. Come questa è ampia, aspra, piena di bellezza e con ancor meno abitanti. Più della Calabria, va per forza girata in macchina. Questo è dire: se vuoi andare ad Atene, mettiamo, da Kalamata hai poche altre possibilità, e tutte richiedono molto più di quattro ore.Nonostante ciò si è comunque in vacanza, e le tirate in auto sulle semivuote autostrade greche sono pur sempre una fatica.
Capita quindi che si decida di passare la notte a Nauplia (i greci dicono Nafplio), facendolo un po’ per caso, un po’ perché il nome ricorda la nostra Napoli. E non abbiamo tutti i torti.

Sì perché, anche se Napoli significa Città Nuova e Nauplia prende il nome da un figlio di Poseidone, i veneziani nel pieno del loro splendore presero a chiamarla Napoli di Romania (si indicava così la provincia dell’Impero Romano d’oriente), per non confonderla con la capitale partenopea, pare.  
Ma questa cittadina portuale di appena 31.000 abitanti, segna qualche altro piccolo curioso punto che la rende più prossima, quantomeno sentimentalmente, a Napoli.
Entità politica con una certa continuità storica, ha visto alternarsi decine e decine di dominazioni. Contesa per centinaia di anni, occupata prima da Argo, poi dai romani e quindi i bizantini, poi da Atene.
Venduta ai veneziani, per secoli Nauplia fa la spola tra questi ultimi e gli ottomani, subendo trasformazioni urbanistiche massicce, invasioni, stermini, ricostruzioni e risultando campo di battaglia fisso tra cristiani e musulmani. 
Qui vi muore il doge Morosini, il cui nome è legato alla riconquista di Atene da parte di Venezia e al bombardamento che fece crollare il tetto del Partenone, usato allora dai turchi come santabarbara.
Nel 1829 Nauplia diventa capitale della neonata Repubblica Greca, al culmine dei moti rivoluzionari che avevano visto partecipare esuli e scontenti delle rivolte soffocate in tutta Europa. 
Tra questi anche Giuseppe Rosaroll, generale nato a Napoli e che qui aveva partecipato al tentativo rivoluzionario del 1920, poi spento dall’intervento degli austriaci in favore dei borboni. Rosaroll, dopo una vita di rivoluzioni fallite, arrivò in Grecia e finì per morire proprio a Nauplia nel 1925.  Da soldato semplice. 

Nauplia capitale della nuova Repubblica vide l’assassinio del primo presidente greco, Giovanni Capodistria, e nella successiva monarchia, l’incoronazione del Re Bambino Ottone di Grecia (che in realtà era bavarese) fondatore ad Atene della prima Università della Grecia Moderna. 
Un posto di modeste dimensioni a fronte della sua traccia storica, che viene portata avanti con un po’ di torpore.
Per quanto ci riguarda, la serata passata per Nauplia la si è trascorsa mangiando e  ricercando quei tratti urbanistici che potessero ricordare Napoli, con cui a dire il vero ha ben poco in comune. Anche in questo caso, però, i veneziani ci vengono incontro.
Per una maggiore difesa della piccola città portuale, infatti, costruirono quello che è conosciuto ancora a oggi come Castel da Mar, fortezza dell’isolotto di Bourtzi che inevitabilmente ci fa pensare al nostrano Castel dell’Ovo, seppur di più modeste dimensioni più distante e tuttora non collegato alla costa.


 Allo stesso modo, sull’altura che domina la cittadina fu eretta la fortezza Palamidi, che forzando un pò la mano si sarebbe potuto accettare come sostituto del nostro Castel Sant’Elmo. Una fortezza raggiungibile dalla città attraverso 913 gradini e da cui si domina con lo sguardo il golfo intero, la modesta estensione urbana e il circondario.
Ovviamente le due fortificazioni, in stile barocco, appartengono a epoche diverse rispetto sia al Castel dell’Ovo che a Castel sant’Elmo. Lo sappiamo, e finiamo subito qui questo gioco. 
Poco più che un paesotto spalmato, Nauplia ha tanta strada, pochi edifici alti, tanto cielo e si gode la sua placida fortuna di luogo turistico conosciuto soprattutto ai greci. Non ci sono eccessi neppure sul lungomare dove a villini deliziosi e caratteristici si affianca qualche segno della crisi economica del 2008 che qui colpì particolarmente duro.  Ne è evidenza una serie di case abbandonate e divenute cartellone per il diritto al tetto di anarchici ed estrema sinistra.
Per il resto si vedono molti autoctoni, molto passeggio, qualche turista pronto a perdersi nel nugolo di stradine centrali, tutte uguali, tutte immensamente curate e una grande giardino pubblico in cui non di rado ci si imbatte in qualche performance di livello (noi ci siamo seguiti un buon quarto d’ora di un concerto pianistico).

Una tranquilla scoperta di passaggio, che ci ha fatto sorridere e ci ha fatto riflettere su quanto vicine tra loro siano le città costiere del nostro mediterraneo.


Ps. Se vi capita di arrivarci in macchina (non vedo come potreste altrimenti) cercate la frequenza di Radio Kosmos, la radio locale che propone una sezione curatissima di musica greca e musica internazionale. Da brividi.
©Riproduzione riservata
Scatti di Antonio Ciccarelli

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