1860-2010: 150 anni di “questione meridionale”mai definitivamente risolta. Colonia del nord industrioso e opulento, vacca da mungere in quel fitto reticolo di connivenza e malaffare, i cui poteri si occultano e si manifestano nel malessere diffuso, generato da metastasi che, strisciando, si insinuano e devastano un tessuto sociale vittima dell’ignoranza. L’accecamento non permette di andare al di l  del tornaconto dato da una pagnotta più o meno grande, destinata, in un lucido e insano egoismo, a ammuffire, senza che possa trasformarsi in lievito per progetti finalizzati alla crescita, alla promozione e alla valorizzazione del territorio.

Ben vengano gli uomini impastati della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni! Nella solitudine eroica del loro forte sentire, sono pronti a investire soldi e energie per abbattere i muri di gomma. Comunque vada a finire, hanno gettato il seme della speranza in una terra martoriata dalla revolverate, che vogliono far zittire le bocche, e dagli scempi inferti a un paesaggio che continua a intossicarsi e a piangere.

Questa epopea tragica, che alla violenza nelle sue camaleontiche forme contrappone un’esuberante passione, pur condita da un’amarezza profonda, rivive nel lungo racconto narrato in prima persona da Massimo Galluccio, il protagonista del romanzo “La sostanza di cui sono fatti i sogni” (Albatros, pp. 171, euro 14,50), opera prima di Arturo Nucci che, nella finzione letteraria, ripercorre la parabola di quest’erede di un’antica famiglia della borghesia agraria, animato dal desiderio di far rivivere, alla met  degli anni Settanta, la Torre, il bel palazzo della sua gens, e le propriet  risalenti agli avi, con l’ambizioso progetto di trasformare il giardino retrostante in una serra per la floricoltura e di impiantare un ciliegeto nella tenuta di Tora, sulle colline di Visciano.

In una struttura composita articolata, resa agile da un periodare armonioso e elegante, che apre scorci di maniera sul bel mondo napoletano, roccaforte di una nobilt  di stirpe che recalcitra di fronte all’ondata di nuovi ricchi, avidi di apparire, l’autore copre quasi trent’anni della vita del protagonista. Massimo Con la fidata moglie al fianco, la bella Maria Grazia, soprannominata la “bionda di Genova” per le sue origini forestiere, Massimo non si sottrarr  alle responsabilit  delle sue ardite scelte.

A seguire l’intervista con l’autore.

Che cosa l’ha spinta a scrivere questo romanzo storico?
“Il desiderio di indagare le cause primarie dello scollamento della societ  meridionale, e il senso di responsabilit  sociale che è vissuta da me con particolare intensit . Tutta la storia che racconto è ridondante di responsabilit  a cui storicamente i soggetti del romanzo si sono sottratti”.
Ha consultato degli archivi per reperire notizie sulla famiglia Galluccio?
” S, nella mia ricerca ho consultato gli archivi pubblici e privati della famiglia”.
Massimo Galluccio, che racconta in prima persona la vicenda di cui è stato protagonista, nella finzione letteraria è una maschera dell’autore?
“Non si dovrebbe mai chiedere a un autore quanto c’è di privato e personale nei propri romanzi!
Per dare verosimiglianza alla storia ho raccolto brandelli di vita vissuta, mescolandoli con cose viste direttamente e fatti di pura invenzione; da tale unione è risultata una storia fortemente credibile, tanto che l’autore la sente sua in modo assoluto”.
A suo avviso arriver  il giorno in cui la questione meridionale potr  dirsi definitivamente risolta, o meglio, è auspicabile un meridionalismo fondato su un’azione sinergica delle istituzioni e di tutti i soggetti che si interfacciano con esse?
“La questione meridionale è essenzialmente una questione morale e, pertanto, si risolve con l’educazione e lo sviluppo delle coscienze critiche. Parafrasando il grande Giovanni Falcone “…è una cosa umana e quindi destinata, come tutte le cose umane, a conoscere una soluzione".
Sta gi  lavorando a un prossimo romanzo?
“S. Ho gi  scritto un altro romanzo, che racconta la storia di una sconfitta umana dovuta alle contingenze sociali, inoltre, è di queste settimane uno scritto nato dallo studio di archivi familiari e locali, in cui si dipana un greve intreccio di tonache e denaro ambientato agli inizi del 1600”.

In foto, l’autore

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