Fino al 2 luglio 2024 Palazzo Reale di Napoli ospita una grande mostra dedicata al celebre scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien. Dopo la prima parte, Carmine Negro le dedica questo secondo articolo che pubblichiamo di seguito.

SECONDA PARTE
Per un’evacuazione più veloce della Sala della mostra viene indicata l’entrata tenuto conto che l’uscita è ubicata relativamente lontana: alla fine del percorso. Dopo essere ripassato attraverso l’ingresso che riporta sulle pareti un tabellone con le tappe della vita di Tolkien, un sua grande immagine e a terra il baule con il quale è tornato dal Sudafrica mi ritrovo fuori della porta, che viene prontamente chiusa. Si tratta dell’androne che dal Cortile d’onore conduce al Cortile del Belvedere: l’accesso a quest’ultimo è impedito ma quando mi affaccio sono colpito dal silenzio del luogo e dalla sua capacità di raccontare.
C’è chi come Tolkien utilizza le parole per le sue narrazioni, altri utilizzano le pietre. L’elaborazione con le parole è quasi sempre solitaria quando invece si utilizzano le pietre il risultato è quasi sempre corale e l’ultima sistemazione è comunque segnata dalle stratificazioni precedenti. Nato come corte a mare il Cortile del Belvedere nella veduta del Baratta del XVII secolo è rappresentato come una corte a “C” chiusa da un loggiato. Il fronte a mare, allora, affacciava con un ampio piazzale a strapiombo sull’arsenale cui era collegato dalla rampa del Gigante[1].
Nel 1745 con il progetto di Biase De Lellis viene definito il braccio del giardino pensile mentre con i lavori di Gaetano Genovese vengono demoliti il Belvedere seicentesco e l’alloggio del Maggiordomo Maggiore e viene ridefinito il disegno architettonico del cortile. Al centro, utilizzando gli appoggi in ghisa sopravvissuti, è stato ricostruito il ponticello caduto col bombardamento del 1943 che unisce il vestibolo centrale dell’Appartamento Storico al giardino pensile[2].
Nei pressi del ponticello vi è la base dell’impalcatura utilizzata per ristrutturare il Torrino del Palazzo una volta il luogo più esclusivo della Corte per guardare dall’alto il golfo modellato dall’acqua, dal fuoco e dalla terra. Mentre mi incammino per il Cortile d’onore penso agli atomi delle pietre delle pareti che condividono con gli atomi delle persone, che sono passate per quei luoghi, un’unica origine.


Non so se gli atomi hanno memoria[3] ma qualora l’avessero chissà cosa avrebbero pensato dei compagni di viaggio che compongono questi particolari viventi: gli uomini. Questi hanno un insidioso rapporto con il potere[4]: costruiscono regole da seguire o aggirare con l’obiettivo di raggiungere lo scopo. Ora il varco, tra le transenne dell’androne, che regolano l’accesso alla mostra è sorvegliato da hostess con l’elenco degli accreditati che viene continuamente aggiornato da quanti si avvicinano e si fanno aggiungere richiamando il nome della persona di riferimento, che viene segnato accanto al loro nominativo.  
Ancora 15-20 minuti e finalmente le sirene delle auto delle forze dell’ordine rimbombano nel Cortile d’Onore e avvisano che il ministro è arrivato. Poco dopo davanti a un grande manifesto della mostra posto su una parete del Cortile c’è l’incontro con la stampa.
La mostra su Tolkien a Palazzo Reale a Napoli dopo lo straordinario successo alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, per il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano offre al pubblico un’ulteriore occasione per scoprire o riscoprire il vissuto e l’immaginario di questo straordinario autore, che con i suoi valori ha segnato profondamente la letteratura  del Novecento: amicizia, solidarietà, fraternità, amore per la natura e, soprattutto , la salvaguardia dell’umano e della sua dimensione spirituale sono tutti elementi centrali della sua opera, invisi a un certo nichilismo al quale noi ci opponiamo con forza.
Subito dopo la visita del ministro all’esposizione a cui sono ammessi operatori video e fotografi e alcuni recuperati dall’elenco in base alla conoscenza diretta o al nome posto accanto nell’elenco aggiunto. Quando il ministro varca l’uscita ubicata nel Cortile d’onore è consentita la visita alla mostra
I video, gli audio, i tanti oggetti appartenuti alla famiglia Tolkien, i tanti documenti che testimoniano le tappe delle sue ricerche e dei suoi studi ci permettono di conoscere la sua vita ma soprattutto di entrare nel complesso universo immaginario creato dallo scrittore. Accanto ai reperti le opere pop create dai media che hanno riprodotto i suoi mondi come il flipper telematico o la riproduzione gigante di Bilbo Baggins. Si tratta di un personaggio di Arda, il mondo nel quale accade ogni evento e che ospita i continenti della Terra di Mezzo e di Aman.  Tolkien ha dichiarato che Arda non è nient’altro che la Terra a un differente stadio dell’immaginazione: la Terra come avrebbe potuto essere in ere passate.
La produzione di Tolkien è molto vasta e si può dividere in tre grandi generi: saggi filologici, racconti legati alla Terra della Mezzo, racconti brevi.
I saggi, frutto del suo interesse filologico, la scienza che indaga una cultura attraverso lo studio dei testi letterari, sono diversi e vanno da A middle English vocabulary del 1922, a Tree and Leaf un libro che raccoglie un saggio e alcune fiabe, riunite dallo scrittore nel 1964.
Molti sono anche i racconti brevi o favole che vanno da Farmer Giles of Ham del 1949 a Mr Bliss” e “Roverandom  pubblicate postume nel 1982 e nel 1998. Un discorso a parte merita The Legend of Sigurd and Gudrún, La leggenda di Sigurd e Gudrun,che raccoglie due leggende intrecciate, quella di Sigurd e quella di Gudrun, presenti anche nella saga dei Nibelunghi con una rilettura delle saghe nordiche.
Tolkien deve il suo successo ai Racconti della Terra di Mezzo e soprattutto alle due opere più famose: Hobbit e Il Signore degli Anelli. In un torrido pomeriggio estivo mentre Tolkien è intento a correggere dei compiti di letteratura inglese scrive l’incipit del racconto, In un buco del terreno viveva un Hobbit, e inizia a sviluppare il personaggio di Bilbo Baggins[5], insieme alla biografia, alle usanze e all’aspetto di tutti gli Hobbit della Contea.
Tolkien pubblica The Hobbit, la prima delle invenzioni narrative che lo hanno reso celebre, nel 1937; è intorno a questo nucleo originario che prende forma il suo mondo fantastico e soprattutto Il Signore degli Anelli, composto nell’arco di 14 anni e pubblicato in tre volumi, La Compagnia dell’Anello nel 1954, Le due Torri nel 1954 e Il ritorno del Re nel  1955.
La sua fantasia fertilissima crea una minuziosa e complessa geografia di un paese immaginario, la Terra di Mezzo, e le caratteristiche proprie di ognuno dei molti personaggi, componendo una vera e propria saga, un mondo mitologico che lo accompagna dal 1917 al 1973, anno della morte.
Il Signore degli Anelli, che sintetizza e racchiude il pensiero di Tolkien, impressiona con le sue 1.226 fitte pagine, oltre alle 138 di appendici. Quando ci si inoltra nella lettura, si è trasportati in un mondo di favola, abitato da paure e da sogni.
Negli anni della contestazione nei campus universitari americani venne adottato come libro “cult” dalle giovani generazioni che ne sottolinearono l’aspetto ecologista, ambientalista, anti-tecnologico e lo considerarono perfino testo introduttivo alla New Age. Una riflessione più pacata ha consentito di accertare altre qualità dell’opera: il grande spessore contenutistico, la robusta costruzione letteraria, la straordinaria ricchezza fantastica e mitologica e una sincera ispirazione cristiana, in particolare cattolica.
In una lettera Clive Staples Lewis[6],[7] suo amico ed estimatore parla di molti passaggi che sarebbe stato meglio omettere[8]. La sua forte e sincera amicizia per Tolkien lo porta comunque a concludere la lettera con Indeed, when much glistens in a poem, I shall not be offended by a few blemishes la traduzione inglese di una locuzione di Orazio[9] ubi plura nitent in carmine non ego paucis offendi maculis: quando in una poesia ci sono molte cose brillanti, non mi disturbano le poche zone d’ombra.
Nella favolosa Terra di Mezzo, sconosciuta alle carte geografiche, in un’epoca che precede la nostra storia, convivono una variegata popolazione di esseri viventi. Accanto a quella nobile, costituita dagli Uomini di Numenor, ci sono una miriade di altre creature dai piccoli e robusti nani, montanari e minatori, agli elfi, allo stesso tempo terrestri e mitici, capaci di sottrarsi al tempo e allo spazio, agli hobbit, gioviali e simpatici.
Non mancano esseri ibridi, intermedi tra l’umano e il bestiale  come orchetti e uruk, a servizio del Maligno o intermedi tra l’umano e il vegetale come gli ent, giganteschi alberi-uomini semoventi o intermedi tra l’umano, lo spettrale e il demoniaco come i cavalieri neri. Una categoria a parte è costituita dagli stregoni che vengono dall’Estremo Occidente e sono messaggeri inviati a contestare il potere di Sauron, il Signore del male.


 Il Signore degli Anelli è la storia di una lotta tra la gente libera della Terra di Mezzo e Sauron, l’oscuro Signore, roso dall’ambizione di conquistare il potere assoluto. Per realizzare il suo obiettivo deve ritrovare l’Unico Anello, da lui forgiato, nel quale risiede la sua forza. Per questo motivo mentre è arroccato nella sua impenetrabile torre, organizza un esercito comprendente orchetti, spettri, uomini vivi, uruk e i nove nazgul, cavalieri neri e spettrali il cui destino, come il suo, è legato all’Anello. Nel romanzo non appare mai; è la personificazione della malvagità, ma non è il Male assoluto; è la lussuria del potere e del possesso. Con la perdita dell’Anello, c’è la perdita del potere sovrano. Per ritrovarlo sguinzaglia dappertutto i suoi gregari, sconquassando e seminando terrore.
In un primo momento l’Anello finisce nelle mani di un hobbit della contea, Bilbo Baggins. Sauron lo viene a sapere e allarma il suo esercito che espande la sua ombra sulla contea ma, guidato dal mago Gandalf, anche l’esercito del bene si mobilita. Bilbo prima si rende invisibile grazie all’Anello, che dà questo potere a chi lo porta al dito, poi lo consegna al nipote ed erede Frodo. Frodo, hobbit amante della vita semplice e della pace, intuisce che l’Anello è un pericolo per la contea e, per portarlo lontano, accompagnato da tre hobbit, inizia un viaggio rischioso per la presenza delle forze di Sauron, attirate dall’Anello.
Frodo con quattro compagni raggiunge la dimora elfica di Gran Burrone, luogo di asilo per le persone pacifiche, dove Elrond, re sapiente e giusto, riunisce il Gran Consiglio che decide di distruggere l’Anello nell’unico modo possibile gettandolo nel vulcano di Mordor, nel quale è stato forgiato. Frodo si offre per tale impresa accompagnato dalla Compagnia degli Anelli, composta da nove persone: i quattro hobbit, il nano Gimli, l’elfo Legolas, l’uomo Boromir, il numenoreano Aragorn e il mago Gandalf, che sarà la guida.
Sono complesse le turbolenze, fatte di avventure e disavventure, a cui è sottoposta la compagnia durante il viaggio. Il cammino è caratterizzato da bizzarre creature, realtà oscure, sortilegi, che portano allo sconforto, ma è contraddistinto anche da aiuti inattesi e provvidenziali. È un susseguirsi di eventi che sfuggono al calcolo umano; si resta in balia di forze sovrumane, storditi dal ghigno degli orchetti, dall’infuriare della tempesta di neve, dall’ululare dei lupi, dal richiamo di voci e di echi che smorzano le energie vitali[10].


Alla fine la distruzione dell’Anello si accompagna con quella del potere di Sauron. La Terra di Mezzo è riconquistata dai legittimi padroni che inaugurano un’era di pace. Il testo di superficie de Il Signore degli Anelli è la narrazione di un racconto mentre quello di profondità, che considera la scelte cognitive, linguistiche e comunicative si presenta ricco di significati.
A chi definisce menzogne il mito e la fiaba, Tolkien risponde che l’uomo, creato a immagine di Dio, ha la capacità di creare e raccontare quanto depositato nel suo io profondo attraverso quella che chiama mitopoiesi[11]. Le fiabe traggono origine dal bisogno profondo di soddisfare alcuni primordiali desideri umani che non si realizzano mai nel Mondo Primario e che forse proprio per questo rimangono ostinatamente vivi nel cuore dell’uomo[12].
Nelle fiabe e nei miti, sostiene, si nasconde la verità dell’uomo e la consolazione deriva principalmente dalla certezza del loro Lieto Fine[13], per esprimere il quale Tolkien conia il termine: eucatastrofe. Le avventure raccontate possono essere terrificanti e angosciose, le sofferenze patite possono apparire crudeli e disumane, ma tutto acquisterà un senso positivo nel Lieto Fine: è questo il messaggio “religioso” delle fiabe: non la negazione della sofferenza e del dolore, della possibilità di una sconfitta, ma il rifiuto della disperazione e la negazione della sconfitta finale[14]
Scrive Tolkien: Se vuoi la mia opinione, il fascino [del Signore degli Anelli] consiste in parte nell’intuizione dell’esistenza di altre leggende e di una storia più ampia, di cui quest’opera non contiene che un accenno[15]un fascino simile a quello esercitato dalla vista di un’isola lontana e inesplorata, o a quello delle torri di una città che brillano in lontananza nel pulviscolo del sole[16]». Senza addentrarci nelle situazioni dei vari personaggi che giustificano tale affermazione possiamo dire la vita è un viaggio che va compiuto con fedeltà alla propria natura e alla propria vocazione.
Come afferma lo stesso autore il Tema di fondo del Signore degli Anelli è la brama del Potere dell’uomo esercitato attraverso il dominio. Una brama devastante sia a livello individuale che sociale capace di intaccare e corrodere la mente. Vittima del desiderio di potere la mente non può accettare il pensiero che qualcuno possa rifiutare ilpotere o che, possedendo l’Anello (potere), voglia distruggerlo.
Un altro tema di fondo del romanzo è la lotta interiore per liberarsi dalla tentazione di credersi padroni di sé e degli altri, e di poter dominare su tutto. Una lotta che rende l’esistenza drammatica e mette il singolo dinanzi a scelte che esigono decisioni coraggiose e rinunce talvolta eroiche.
Altra idea di fondo è la rappresentazione del male come mancanza di essere.
Chi porta l’Anello al dito svanisce in un mondo di ombre fino a perdere la primitiva realtà e dignità. L’Anello controlla e domina il potere di tutti. Chi lo possiede, possiede il potere, ma è anche posseduto dal potere. La sua forza di attrazione è così forte che occorrono grandi sforzi di volontà per non diventarne succubi.
Un’altra espressione del male, che per sua natura, è negazione di ogni espressione di amore è l’isolamento in cui viene a trovarsi colui che ne è succube, un male che confina con la morte. Il rifiuto della morte e la pretesa dell’immortalità entro la vita equivale al rinnegamento della propria natura per appropriarsi di una prerogativa divina. Per alcuni critici Il Signore degli Anelli è stato etichettato come opera intrisa di magia pagana. In realtà, Tolkien compone le sue opere fantasy ponendosi all’interno di un universo fantastico, mitologico, anteriore al nostro, avulso dal cristianesimo; pertanto strutturato di eventi e di contesti da noi inattesi, ma del tutto concepibili in quell’universo.
Si può ritenere Tolkien uno scrittore d’ispirazione cattolica? La risposta la fornisce egli stesso in una lettera al gesuita padre Robert Murray del 2 dicembre 1953: Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica; all’inizio non ne ero consapevole, lo sono diventato durante la correzionePerché l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. In altre parole, la fede cattolica informa la sua mente, il suo immaginario, i suoi sentimenti e vuole che l’ispirazione cattolica del suo romanzo sia dedotta non da riferimenti espliciti, ma dagli elementi su cui è costruito. Questo spiega, scrive nella lettera, perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la “religione” oppure culti e pratiche, nel mio mondo immaginario. La fede è un’anima che informa un corpo, non un abito che lo copre[17].
Nel 2002 “La civiltà cattolica” sul suo sito web, in un articolo Tolkien, signore della fantasia[18] scrive: Forse però soltanto in Italia il caso letterario si è intrecciato indissolubilmente con un presunto caso ideologico-politico, prevalendo alla fine il secondo sul primo. Infatti Il Signore degli Anelliha assunto anche una coloritura ipercritica e negativa imposta da quell’intellettualità e da quel giornalismo che all’epoca spadroneggiavano nel senso letterario del termine. Si è così commesso l’errore di considerare Tolkien scrittore di destra e il suo romanzo opera reazionaria. Nel testo ci si doveva necessariamente riferire ad una parte della politica diversa da quella che oggi utilizza l’autore per ricostruire un proprio pantheon culturale.

Il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, ha annunciato questo evento definendolo un dono, un piccolo regalo, il 2 luglio scorso, sul palco di Gioventù Nazionale, la festa politica dei giovani di Fratelli d’Italia. Il dono, la cui etimologia rimanda all’antico sanscrito, è un’azione generosa svincolata dall’aspettativa di un vantaggio. Poiché il ministro, dal canto suo, non ha esitato a presentare l’evento come l’omaggio a un vero conservatore che esaltava il valore della tradizione e ha continuato che la sua opera apra il cuore alla visione di qualcosa che va oltre la prosaicità del quotidiano … forse non è privo di una restituzione.
Filippo Cavazzoni in un articolo del 22 novembre 2012 su Il Giornale ha scritto La cultura di Stato? Uccide la cultura. Forse si può considerare esagerato quel titolo ma potrebbe aiutare ad evitare una serie di polemiche e critiche che sono partite all’inizio proprio dalla stampa britannica.
La lista è rilevante e ne citiamo alcuni: How did The Lord of the Rings become a secret weapon in Italy’s culture wars? [Guardian]; Inside Giorgia Meloni’s Hobbit fantasy world [Politico]; Why a Lord of the Rings exhibition matters to Italy’s far-right PM Giorgia Meloni [euronews.culture]; Is a Tolkein Exhibition in Rome Part of Italian Prime Minister Giorgia Meloni’s Far-Right Agenda? [artnet]; Meloni e Tolkien, la stampa inglese all’attacco [Repubblica].
Due dei più importanti quotidiani britannici, il Times e il Guardian, con accenti diversi, dedicano la loro attenzione alla passione della Meloni per Tolkien. Per il Times la premier italiana vuole controllare la cultura e il Guardian ci va ancora più pesante e si chiede: Cosa sta cercando di ottenere questo governo imprimendo il proprio marchio in modo così aggressivo su una delle saghe fantasy più amate al mondo?
Forse è il momento di ricercare gli elementi di condivisione e chi governa, anche se proviene da una parte, deve rappresentare tutti e gestire le risorse di tutti.
E Tolkien?
Come ogni persona vive i limiti del suo tempo cercando verità senza tempo. Per questo è un patrimonio dell’umanità e appartiene a tutti.
(2.fine)
©Riproduzione riservata

Le immagini dell’inaugurazione della mostra con il ministro della cultura Sangiuliano sono state scattate da Carmine Negro

NOTE

[1] Il mastodontico busto di Giove da Cuma portato a Napoli nel 1668 dal viceré spagnolo don Pedro Antonio d’Aragona venne collocato accanto al Palazzo vicereale, da cui il nome Gigante di Palazzo nell’attuale Piazza del Plebiscito. La strada che portava verso Santa Lucia venne denominata Salita del Gigante e quella che portava all’arsenale Rampa del Gigante. Nel 1809, il Gigante fu portato nelle Scuderie reali e successivamente al Real Museo Borbonico di Napoli, attuale Museo Archeologico Nazionale.

[2] https://palazzorealedinapoli.org/cortile-del-belvedere/

[3] Alcuni studi sul quanto di energia apre scenari interessanti-

[4] Ci si riferisce in questo caso ad ogni tipo di potere dal più piccolo e quasi insignificante a q

[5] Tolkien cominciò a scrivere le vicende di Bilbo all’incirca tra il 1929 e il 1930.

[6] https://epistleofdude.wordpress.com/2018/11/23/lewis-to-tolkien-on-the-lord-of-the-rings/

[7] Clive Staples Lewis ,  (29 novembre 1898 – 22 novembre 1963), scrittore britannico, studioso di letteratura e teologo laico anglicano

[8] La sua intemperanza fantastica spesso inceppa la snellezza della trama e il lettore è costretto a rincorrere la trama.

[9] Horace Ars Poetica 361-365                                                                                                            

[10] https://www.laciviltacattolica.it/articolo/tolkien-signore-della-fantasia/#_ftn3. Questo articolo è stato molto importante per la descrizione di questa parte del testo.

[11] La mitopoiesi libera l’uomo dalla schiavitù dei sensi e gli permette di vivere, con l’immaginazione, in un mondo che sarebbe potuto esistere

[12] A. Monda – S. Simonelli, Tolkien, il signore della fantasia, cit., 197.

[13] Per esprimere il Lieto Fine quale Tolkien conia il termine: eucatastrofe, che sta ad  indicare la buona catastrofe  il capovolgimento improvviso e positivo delle sorti della vicenda. L’eucatastrofe annuncia il Vangelo: «La nascita del Cristo è l’eucatastrofe della storia dell’Uomo

[14] E. LODIGIANI, Invito alla lettura di Tolkien, cit., 49 s.

[15] J.R.R. Tolkien, lettera 151, settembre 1954

[16] J.R.R. Tolkien writes letter 247. 20 settembre 1963

[17] https://www.laciviltacattolica.it/articolo/tolkien-signore-della-fantasia/#_ftn3

[18] https://www.laciviltacattolica.it/articolo/tolkien-signore-della-fantasia/#_ftn3

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