La comunicazione intergenerazionale, il confronto-scontro con l’autorit , incarnata dalla figura paterna, il bilancio esistenziale all’approssimarsi della morte, l’eutanasia. Temi che si intersecano nelle pagine dense e profonde, fluenti dalla penna di Gianfranco Pecchinenda, docente e preside della facolt  di sociologia, alla sua prima prova narrativa con “L’ombra più lunga. Tre racconti sul padre” (Colonnese Editore, pagg. 75, euro 7,00). La scrittura intesa come “territorio più adeguato sul quale esercitare un vero controllo di S, luogo dove poter elaborare e mettere ordine in quelle fasi dell’esistenza in cui tende a prevalere il caos”, chiosa la prefazione. Soprattutto nei momenti in cui la perdita di una persona cara sconvolge gli equilibri che a fatica si costruiscono nel corso della vita. Pecchinenda ha trasformato l’elaborazione del lutto per la perdita del padre in un viaggio di scoperta che, progressivamente, si sveste della dimensione autobiografica e diventa una riflessione corale su dubbi, angosce, riflessioni esistenziali che escono dalla sfera della privato, saltano agli onori della cronaca e diventano materia di dibattiti politici animati e di sconcertante attualit .

Entra a far parte della collana Lo Specchio di Silvia questo libro dal formato piccolo, che si legge tutto d’un fiato e fa meditare. Perch la narrazione, di pregevole fattura, attinge e si nutre del lavoro di ricerca che l’autore ha condotto e tuttora porta avanti nel suo magistero accademico. “Il primo racconto è venuto fuori per primo, il secondo si proponeva di sviluppare qualcosa di più ampio, il terzo è stato una full immersion di tre, quattro giorni”, spiega l’autore. Nell’ultimo scritto, intitolato “Lo sguardo”, il più coinvolgente, a detta dell’editore, il lettore incontra un malato di Alzheimer in stato avanzato, che parla a se stesso e attende la morte affidato alle cure della figlia. All’approssimarsi della Vecchia Signora vestita di nero, i figli costituiscono non solo gli affetti a cui aggrapparsi, ma anche la speranza di sopravvivere alla morte per due, forse tre generazioni attraverso la memoria. Di padre in figlio, di sguardo in sguardo, che somiglianti e complici si ritrovano.

Il rapporto con la morte e il potere di poter disporre della propria vita, quando essa diventa e insostenibile calvario senza via d’uscita, percorre anche il primo racconto, “La pampa verticale”, ove la finzione letteraria ha il sapore della realt  per chi vive in paese che attende una legge sul testamento biologico. L’influsso della narrativa sudamericana si estende anche al secondo racconto “L’ombra ineludibile”, che doveva dare il nome al trittico, idea accantonata per scelta dell’editore, favorevole a un titolo più breve, ispirato a una canzone di De Gregori. Non manca la dimensione fantastica, che rimanda a E. A. Poe nella visita che il narratore insieme con il padre fa alla tomba dello zio. Lo smarrimento, la solitudine, l’angoscia inducono a scandagliare la propria identit , il rapporto con l’autorit , la necessit  di recidere il cordone ombelicale, di superare il distacco dal genitore, che inevitabilmente va “ucciso” per la conquista dell’autonomia individuale.

Nella foto, la copertine e Pecchineda

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