
Non voglio guardarmi allo specchio e dirmi che sono rimasto in silenzio. Dopo il discorso al festival di Cannes, Robert De Niro, intervistato dal quotidiano nazionale la Repubblica non retrocede di un millimetro nel suo j’accuse contro il presidente Trump che ha tagliato i fondi per le discipline umanistiche, per l’istruzione superiore, e ora annuncia dazi doganali sul cinema…
E, sottolinea ancora, la star di Hollywood, uno dei più grandi interpreti della storia del cinema, che questo inaccettabile assalto alla creatività va fermato con l’indignazione, con le proteste.
Con la forza delle parole, creando aggregazione per far sentire la voce della gente, di quella che vive in un paese senza mai vedersi dedicati i titoli di prima pagina, subendo, però, suo malgrado, le decisioni di chi ha potere.
Provocare rumore, creando rete attraverso cui diffondere un messaggio: l’effetto può essere dirompente, utile a cogliere l’obiettivo prefissato. Lo ha spiegato con chiarezza l’architetta Donatella Mazzoleni durante l’incontro organizzato dall’associazione TempoLibero guidata da Clorinda Irace nell’ambito della rassegna napoletana Maggio di Pizzofalcone ideata dalla prima municpalità, raccontando che cosa è accaduto 50 anni fa proprio in quest’area adesso recuperata con ascensori provenienti da via Chiatamone e Belvedere ripulito che affaccia sul mare.
Donatella, negli anni settanta, come scrive nel suo racconto raccolto insieme ad altre voci nel volume “Agorà, ombre e storia nelle strade di Pizzofalcone” (pubblicato dalla casa editrice La valle del tempo) era una delle 4 mamme che misero su un comitato di quartiere capace di raccogliere 2000 firme e far realizzare, donandolo al Comune, un progetto per il recupero delle Montagnelle, ovvero per quell’area che era un tempo l’antica acropoli originaria, allestendo giardino e terrazza per le bambine e i bambini della zona.
Il giardino rimase in vita per 30 anni grazie al volontariato della cittadinanza. Poi, all’inizio degli anni Duemila, l’amministrazione comunale decise di rilanciare il sogno di Lamount Young: quello di collegare il lungomare al Monte Echia, pur mancando un progetto accurato. E tra tanti intoppi e interruzioni che fecero nascere un nuovo comitato Ridateci Monte Echia che chiedeva di ridare slancio a quell’angolo abbandonato, alla fine con forzature e scelte politiche non adatte alla valorizzazione del luogo, si è prodotto un risultato concepito per frotte di turisti, non per gli abitanti.
Una volta raggiunto il belvedere, non c’è un’area dove sedersi per ammirare il mare e il volume tecnico degli ascensori ruba Capri alla vista che potrebbe davvero essere mozzafiato, ma appare invece spezzata dal cemento.

Allora ecco la proposta sul tavolo delle occasioni da non perdere: Donatella Mazzoleni, con un piccolo investimento, suggerisce, grazie alla potenza dell’architettura alimentata dalla fantasia, prendendo come spunto Villa Malaparte situata su un promontorio roccioso caprese, di realizzare una gradonata di ascesa al piano di copertura degli ascensori per trasformarlo in un superbelvedere proteso verso l’orizzonte; allargare la balconata, dotandola di panchine, prolungandola sul lato est fino a unirla con i viali di accesso, sviluppando spazi di sosta e offrendo la possibilità di una passeggiata circolare; infine, di ampliare con due file di posti la gradonata del teatro (nato durante la riunione delle mamme mezzo secolo fa proprio dal cerchio disegnato dai corpi delle persone presenti) e di delineare un’area di rispetto davanti ai ruderi con divieto di sostare per i mezzi di servizio.
Il coraggio delle idee non si ferma. L’incontro organizzato da TemboLibero ha offerto l’opportunità di presentare al pubblico del quartiere ipotesi di correzioni per recuperare la bellezza sfregiata. Adesso può ricominciare una nuova marcia per il bene della comunità. E la prima municipalità che la rappresenta potrebbe diventarne capofila.