Insieme alla retrospettiva dedicata a Escher e ai capolavori del Novecento napoletano, è ora possibile visitare al Palazzo delle arti Napoli di via dei Mille anche la mostra La Carta della Terra, inaugurata sabato scorso (fino al 17 marzo).
L’esposizione rientra nel progetto Mostra/Incontro, ideato e curato da Peppe Pappa, artista che spesso ama assumere il ruolo di “innescatore” di processi, in qualità sia di autore che di regista. Insieme allo stesso Peppe Pappa partecipano a La Carta della Terra anche Antonio Barbagallo, Andrea Colaianni, Livio Marino Atellano, Anna Pozzuoli e Ilia Tufano, ciascuno utilizzando il proprio linguaggio artistico. La mostra si avvale di importanti contributi critici redatti da Eduardo Alamaro, Mario Franco, Stefano Taccone e dello stesso Peppe Pappa, autore, inoltre, di un video che verrà proiettato durante il finissage del prossimo 17 marzo.
«Artisti “maturi” e ben maturati, artisti “moderni” – così Edoardo Alamaro descrive gli autori delle opere – che tentano meritoriamente di capire cosa sta succedendo nel complesso mondo tecnologico d’oggi, al quale evidentemente non appartengono per velocità, per età».
La Carta della Terra induce il visitatore a riflettere sul tema estremamente attuale degli “scenari futuri” che riguarderanno il nostro mondo, invita a ragionare sul rispetto dovuto, ma troppo spesso negato, alla terra e a tutte le forme di vita che la abitano, sostenendo l’equilibrio dei sistemi economici. Mario Franco sottolinea, in uno dei testi critici, la volontà di Pappa di smascherare l’uso e l’abuso di potere da parte di politici e gente comune.

Stefano Taccone, nel suo saggio Che fare ancora sulla Terra?, ci racconta i differenti approcci degli artisti, uniti, però, nel perseguire l’obiettivo di un racconto comune. Livio Marino Atellano rappresenta se stesso come un uomo arreso, disarmato: le mani si sollevano in segno di resa, si preferisce sopportare le vecchie ferite e non ricevere nuove batoste, nuovi dolori.
Peppe Pappa, invece, non vive lo stesso senso di sconfitta, non ha cambiato il mondo ma nemmeno il mondo ha cambiato lui, non ha accumulato vittorie ma ha sempre lottato per delle idee giuste, questo lo libera da ogni senso di colpa. Anna Pozzuoli indirizza il pubblico verso un uso virtuoso della tecnologia.
lia Tufano si dedica alla scottante questione ambientale intrecciando al linguaggio visivo quello verbale. Andrea Colaianni viene definito l’artista irregolare, che abbandona gli spazi espositivi tradizionali e compie la sua attività nei luoghi di passaggio. Antonio Barbagallo, infine, è l’artista che ragiona sulla diversa velocità tra il progresso e la tecnologia rispetto all’evoluzione degli umani.
«L’attuale società – racconta Peppe Pappa nel suo testo, volendo delineare il ruolo dell’arte nel nostro contesto politico ed economico – spinta dall’incertezza del futuro, ibridamente rimescola passato e presente senza riferimento sicuro. Le tecnologie avanzano velocemente e isolano l’uomo dalla collettività col rischio di generare consumatori individualisti. In questo scenario apocalittico, la nostra identità di artisti, pur riconoscendo l’arte come sogno di naviganti senza fissa dimora, contribuisce con il proprio lavoro a riedificare un futuro dal volto umano».
Nelle foto, opere dalla mostra al Pan, su un progetto di Peppe Pappa

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