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In questa emergenza da Covid-19, vi faremo compagnia con quattro dei racconti raccolti nel libro “Sirene si nasce” di Francesca Vitelli, edito da ilmondodisuk. Ecco il primo, “Eredità ingombranti”:  vi farà ridere ma anche riflettere. #restateacasa e buona lettura.

Era una assolata mattina di maggio quando il telefono di Armida squillò. «Ciao – disse Allegra – una cliente mi ha chiesto di raggiungerla a casa di uno zio deceduto da poco, per stilare un inventario dei beni e mi ha detto che vuol mettere in vendita tutti i suoi libri. Ho pensato che, forse, potrebbe interessarti dare un’occhiata alla biblioteca».
«Sì, grazie, volentieri, vediamoci lì tra mezz’ora».code-(2)
Trascorsa mezz’ora, Allegra e Armida furono accolte da una donna di mezz’età che a entrambe ricordava le bizzoche delle chiese della loro infanzia: età indefinibile, sentore di naftalina mischiato a violetta di Parma in estate e inverno, severa crocchia di capelli grigi, abiura dei cosmetici, sorriso tirato, forzoso e una scritta lampeggiante al neon in fronte: ZITELLA. Nulla a che vedere con donne di fede autentica e molto da rintracciare in aspettative sociali deluse, fidanzati mancati e frustrazioni personali.
«Buongiorno, avvocato. Prego, si accomodi», salutò la donna sull’uscio, tradendo una certa agitazione.
Allegra e Armida furono guidate – attraverso un lungo corridoio – verso un salotto dove un uomo allampanato e segaligno fu presentato loro come il console spagnolo.
«Mio zio – spiegò la donna – è emigrato in Spagna da piccolo e ne ha acquisito la nazionalità. Nel suo testamento ha disposto che il consolato scegliesse tra i suoi beni qualcosa da donare alle scuole».
«Bene signora, da dove vogliamo iniziare?», domandò Allegra dirigendosi verso una porta sulla destra. La donna, come lambita dalle fiamme, scattò a pararsi tra Allegra e la porta indicandone un’altra.
«Da quella porta lì, cominciamo dalla biblioteca».
La processione si incamminò ordinatamente dietro di lei verso una stanza con le pareti ricoperte da librerie ricche di fregi scolpiti: non potendo accogliere i troppi volumi, finivano per rigurgitarli sul pavimento. Gli occhi di Armida si illuminarono. E, mentre con lo sguardo abbracciava tanta beltà, si offrì di scrivere un facsimile di inventario che la signora avrebbe potuto utilizzare. Ritornati gli altri in salotto per ascoltare le direttive di Allegra, Armida cominciò a prendere confidenza con il passato di un signore che, come lei, aveva tanto amato le parole e il loro magico potere di raccontare storie.
«Dunque, abbiamo le volontà del de cuius!», esordì Allegra.
«No, in verità io non so di nessuna volontà», si affrettò a precisare la signora.
«Ma come abbiamo un testamento!», specificò Allegra.
«Sì, ma di mio zio».
«Certo, di suo zio e quindi del de cuius».
«No, scusi avvocato, se le volontà sono di mio zio non possono essere del signor De Cuius».
«Ma no, il de cuius e suo zio sono la stessa persona!».
«Oddio, aveva una doppia personalità, un secondo nome!».
«Ma no, è il termine latino con cui in diritto ci si riferisce al defunto, il de cuius hereditate agitur, nessuna doppia personalità».
Dopo una ventina di minuti spesi a spiegare come bisognasse procedere, l’attenzione di Allegra fu attratta da Armida che, affacciatasi alla porta della biblioteca, faceva strani segni, senza essere vista dal console e dalla bizzoca seduti in punta di sedia rigidi, come manichini timorosi di rimaner vittime di una malsana contaminazione.
In un primo momento Allegra pensò che la gioia di aver trovato un tesoro, dei libri che le piacessero particolarmente, avesse spinto l’amica a sbracciarsi, ma l’insistenza del suo gesticolare la indusse a pensare che ci fosse dell’altro e, fingendo di aver ricevuto uno squillo sul cellulare, chiese scusa, allontanandosi verso la biblioteca.code-(2)
«Cosa c’è?».
«Non ci crederai –
disse Armida – il caro zietto ha una intera collezione di libri pornografici!».
«Cosa? E chi glielo dice alla bizzoca?».
«Non noi, questo è sicuro!».
«Mi scusi signora – disse Armida – mi sono impolverata le mani, potrebbe indicarmi il bagno?».
La rigida, infelice sagoma si agitò sulla sedia farfugliando di disordine e polvere, indicandole la più pulita cucina.code-(2)
Armida, lavatasi le mani nel lavabo, seguì le voci nel corridoio e raggiunse gli altri in una camera da letto, dove, gettato un rapido sguardo, aspettava l’imminente apparizione del vate, Gabriele D’Annunzio, in veste da camera. Damaschi sanguigni alle pareti, lampade art déco, tendaggi drammatici, illuminazione carente e un certo non so che di voluttuoso e seducente lo lasciava presagire: quel luogo trasudava decadenza.
Armida si guardava intorno immaginando il fantasma dello zio italo-ispanico quando notò una porta socchiusa che introduceva a un boudoir, silenziosamente spinse un trionfo di vetro liberty per entrare.
Trascorsi dieci minuti, si affacciò in camera da letto sbracciandosi per attirare l’attenzione dell’amica. Il telefono di Allegra fece un secondo finto trillo e l’avvocato, chiedendo permesso, si allontanò.
«Cos’altro hai trovato?».
Armida fece un cenno
con la mano verso la parete e Allegra ammutolì: una collezione di frustini. Grandi, piccoli, di diversi colori e pezzo forte quelli con l’impugnatura gioiello.
«Chi glielo dice alla bizzoca?».
«Noi no».
«E non è tutto»,
aggiunse Armida puntando il dito verso i vetri della porta.code-(2) code-(2)
Allegra si avvicinò e le silhouette, lascive e impudiche, denunciarono le loro lussuriose attività.
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L’aria spessa del boudoir – all’ improvviso – fu scossa da un urlo lacerante proveniente dalla camera da letto.
Tornate di corsa nella camera adiacente, Allegra e Armida fecero in tempo a scorgere il console fare aria all’esanime nipote del libertino accasciata su una poltrona non lontana dall’anta aperta di un armadio.
«Ci vorrebbe qualcosa per farla rinvenire. Non so, qualcosa da farle annusare», disse lo sconsolato console.
«Ma è rimasto all’Ottocento il console?», pensò Armida ad alta voce.
Alla domanda su chi o cosa avesse provocato il mancamento, il console, sventagliando con solerzia la signora, fece un cenno del capo verso l’armadio prima di atteggiare il volto a un’espressione inorridita, esclamando: «Madre de Díos!».Affacciatesi con curiosità nell’armadio, le amiche videro numerose mensole affollate da pupazzetti a molla. All’apparenza innocuo passatempo, i giocattoli, a un più attento esame, si rivelarono essere una collezione di soggetti impegnati in equivocabili attività tratte dal Kamasutra.
«Certo che lo zio era un collezionista zelante!», disse Armida, prima di beccarsi una gomitata nelle costole da Allegra.
«Shhh», disse Allegra.
«Va bene, va bene non commento più», ribatté Armida.
«No, intendevo dire non parlare e ascolta, non senti un gemito provenire dal comò accanto all’armadio?».
«Un gemito? Oddio, una collezione di bambole gonfiabili mugolanti?».
«Ma no, dico sul serio!». E si diresse verso il primo cassetto del comò che aprì con decisione. A parte un campionario di biancheria intima, nulla di scabroso fece capolino. L’ispezione continuò cassetto dopo cassetto fino a quello più basso in cui qualcosa, o meglio, qualcuno trovarono. Un magnifico gattone nero come la pece, acciambellato tra trine e pizzi accanto a una gatta dal pelo candido come la neve.
«Signora, ma lei sapeva che suo zio avesse dei gatti?»,
domandò Allegra alla evanescente creatura accasciata in poltrona.code-(2)
«No, mio zio no, forse quell’altro… il signor De Cuius…».
La bizzoca era in evidente stato confusionale. Armida prese in braccio il micione nero e ne lesse a voce alta il nome sul collarino che indossava “Peccato”, mentre Allegra prendeva la sua compagna la cui targhetta esprimeva “Lussuria”.
Al suono di quelle parole, la bizzoca e il console si fecero il segno della croce. Quest’ultimo proruppe in altro sonoro e accorato: «Madre de Dìos!».
Il console disse che aveva bisogno di assentarsi un attimo. La signora lo ringraziò, rassicurandolo che poteva andarsene. Si sarebbero risentiti l’indomani.
«No, signora. Intendevo dire che ho bisogno della toilette!».
«In fondo al corridoio a sinistra».
Strano, pensò Armida, a me aveva detto che era in disordine ma lo stato confusionale poteva giustificare la risposta, ormai la donna non era più in sé.
Pochi minuti e il console tornò nella stanza indossando un colorito verdognolo di chi ha appena incontrato un fantasma producendosi in un altro altisonante: «Madre de Dìos!».
«Allegra, dobbiamo portare i gatti in bagno a bere, vieni andiamo», esclamò Armida facendo segno ad Allegra di guardare l’incarnato del console.
Le due amiche, insieme con Peccato e Lussuria, si diressero verso il bagno, ansiose di fare un’altra scoperta. Non rimasero deluse. In un’ampia stanza da bagno, appesa alle pareti una nutrita collezione di stampe, manco a dirlo, di soggetto erotico.
Dopo aver messo una ciotola con l’acqua e trovato i croccantini per sfamare i felini, tornarono nella camera da letto.
«Signora – disse Allegra alla cliente – direi di tornare in salotto per fare il punto della situazione», e mentre la cliente, il console e Allegra si trasferivano, nessuno badò ad Armida che si diresse verso la porta vibratamente interdetta dalla nipote.
Il console – visibilmente scosso – sbagliò direzione e finì nel boudoir. Nella casa risuonò un nuovo disperato e potente: «Madre de Dìos!».
Lo sentì anche Armida nello spingere piano l’uscio di un ambiente in penombra nel quale, mentre la vista si abituava, si sentì sfiorare le gambe da un soffio. Fece un balzo indietro e sentì un miagolio.
«Accidenti. Per poco mi prendeva un colpo!».code-(2)
Entrarono insieme e una volta aperti i pesanti tendaggi quel che la luce mostrò spiegava il raccapriccio del console.
Una moltitudine di sculture celebrava l’amore in ogni possibile postura. Una selva di corpi avvinghiati in gesso, marmo, alabastro, bronzo, terracotta, legno e argento dava vita a un’orgia muta, di ragguardevole intensità.
Armida prese in braccio Peccato, richiuse bene la porta per evitare uno schianto consolare e un nuovo tonante Madre de Dios. Poi, raggiunse Allegra in salotto.
«Bene, signora – stava dicendo Allegra – allora proceda come le ho detto e ci sentiamo lunedì e per i gatti ha pensato come fare?».code-(2)
«No, io non amo gli animali. Dovrò trovare qualcuno che li prenda».
«Bene, lo ha già trovato – le rispose – li prendo io, li porto adesso con me, vado a dare uno sguardo in cucina per vedere se c’è il trasportino».
Perché Allegra avesse pensato che il trasportino potesse trovarsi in cucina per Armida era un mistero ma non indagò.
Le due amiche lasciarono un diplomatico affranto e una donnetta assai prossima all’isteria portandosi via Peccato e Lussuria, in braccio, perché Allegra dalla cucina era ritornata a mani vuote.
Le telecamere della metropolitana avrebbero mostrato due donne con giacche abbondanti, da quella della bionda fuoriusciva una cintura di pelliccia nera a forma di coda, mentre da quella della bruna la cintura di pelliccia a forma di coda era di colore bianco.
Il controllore, però, dopo aver notato la coda pelosa sentì anche un miagolio e guardò torvo le due donne sedute con aria colpevole a cui chiese di mostrare i biglietti. Allegra fece segno ad Armida di prendere il suo dalla borsa in modo da non svelare del tutto la presenza di Peccato ma, è cosa risaputa, che quando una donna cerca qualcosa nella propria borsa raramente la trova al primo tentativo. Quella di Allegra, poi, è un esempio di prudenza femminile, tutto quel che potrebbe servire va portato.
Fu così che Armida iniziò a estrarre il contenuto di una borsa di una donna previdente: un necessaire di cosmetici, una agenda di pelle, tre penne, un portafoglio, un portadocumenti, un portamonete, due mazzi di chiavi, una bottiglietta d’acqua, un pacchetto di fazzolettini di carta, salviettine rinfrescanti, un foulard, un cappello, un cellulare, due caricabatterie, un pacchetto di sigarette, due accendini, un elegante frustino con manico intagliato e un pupazzetto a molla che, cadendo al suolo, si esibì in una danza sfrenata di due corpi che poco lasciava all’immaginazione.
Il controllore fissò lo sguardo come ipnotizzato sul pupazzetto fino al termine della sua lasciva esibizione, poi sul frustino per spostarlo, infine, sulle due donne.
«Non è come sembra – si affrettò a precisare Allegra peggiorando le cose – è per lavoro!».code-(2)
Il controllore le guardò con un sorrisetto e si allontanò.
«Adesso ho capito perché sei andata a cercare il trasportino, volevi prendere qualche souvenir», sorrise Armida e continuò: «La vedo difficile per il console poter rispettare le volontà del defunto e regalare qualcosa alle scuole».
«Be’, in effetti non è facile anche se, in fondo, qualcosa di istruttivo volendo si potrebbe trovare», replicò Allegra.
La metropolitana si fermò. Peccato tirò fuori il suo muso da pantera e le due amiche, ridendo a crepapelle, scesero dal treno.
©Riproduzione riservata
Le illustrazioni in pagina sono firmate Maria Siricio

 


IL LIBRO
Un gruppo di amiche racconta la vita infrangendo tabù con una predilezione per il politicamente scorretto. Una galleria di personaggi femminili mette in
scena le piccole grandi avventure quotidiane,scardinando lo stereotipo che vuole le donne incapaci di solidale sostegno e complicità. Il rapporto con gli uomini, il potere, il lavoro, l’amore, il sesso, la bellezza e il passare del tempo scorrono fluidi in queste pagine in cui
ironia e leggerezza sono magistralmente illustrate da Maria Siricio. Parole e
immagini unite da una sottile, elegante,scoppiettante, irrefrenabile ironia.

code-(2)L’AUTRICE
Francesca Vitelli nasce a Napoli nel 1968, si laurea in Scienze Politiche e sceglie la libera professione di consulente di enti pubblici, associazioni e imprese. Per il suo quarto compleanno, la madrina le regala una macchina da scrivere arancione ed è amore a prima vista. Scrivere è la sua passione; farlo con ironia, un talento. Ha pubblicato saggi economici e racconti.Incontra persone, viaggia, ascolta, osserva e nella sua mente prendono corpo visioniche finiscono sulla carta.

ENTERPRISINGIRLS
Troverete il racconto anche sul sito dell’associazione e potrete scaricarne il pdf
cliccando questo link https://enterprisingirls.it/iorestoacasa–con-le-sirene.htm

Ce ne dà un assaggio in video Marco Francini
https://www.facebook.com/enterprisingirls/videos/214144553247691/

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