Il nonno alza di nuovo la mano cercando di attirare l’attenzione del banchiere. Nell’allegra, rumorosa atmosfera che regna nella stanza, nessuno gli fa caso. E lui ci rinuncia; in fondo non era niente d’importanza, pensa. E resta a guardare incantato.
Quella lunga tavolata, una cerimonia che si ripete ogni anno, gli fa tenerezza. Tutti riuniti, figlie, figli con le numerose famiglie e i bambini, tanti bambini nipoti e pronipoti sono la migliore medicina per i suoi acciacchi. È l’incontro al quale nessuno vuole rinunciare. Una lunga tradizione che nessuno ha mai pensato di interrompere anche ora che la sua Nannarella non c’è più.
Il pensiero va a quando lei comandava e tutto, in quei giorni di festa, avveniva sotto la sua ferma regia.
Già qualche settimana prima in casa si respira un’aria di mobilitazione generale. Gli uomini sono invitati a non intralciare mentre tutte le donne di casa sono impegnate, ognuna con un compito preciso. Con un gran foulard in testa Nannarella presiede; nulla sfugge ai suoi comandi; tutti ubbidiscono, disciplinatamente e le “grandi manovre” come lui dice per prenderla in giro, hanno inizio secondo un preciso ordine giorno per giorno.
Si comincia con le grandi pulizie. Tappeti portati in terrazzo e battuti energicamente, tende tirate giù, lavate e rimontate, lampadari puliti, goccia a goccia, fra gli sbuffi della servitù che farebbe a meno di quegli antichi ornamenti, una leggera spolverata ai quadri e si passa alla seconda tappa. Si comincia dalle stanze non utilizzate tutti i giorni. Sfoderati e spolverati divani e poltrone; una passata di cera per i mobili più antichi; e, dopo aver lasciato evaporare l’odore si stendono grandi tovaglie sui ripiani che accoglieranno vasellame che, intanto, una squadra sta lavando ed asciugando in cucina. Dai mobili hanno preso anche tutti i bicchieri necessari per il gran numero di persone. “Lavateli bene che sanno di chiuso; e state attenti, non li rompete”. Lei stessa avrebbe tirati fuori i sacchetti con le posate, quelle buone, che, una volta finite le feste, avrebbe riposto non senza averle prima contate.
Quando tutto è pronto e le pulizie sono terminate Nannarella toglie il foulard e, allora, si può passare a sistemare la grande tavola. Prima bisogna allungarla aggiungendo tavole tirate giù dal ripostiglio insieme alle reti ed ai materassi che verranno montati in ogni angolo possibile per dare alloggio ai familiari che non avranno trovato ospitalità presso sorelle e fratelli.
La tavola richiede un impegno particolare perché Nannarella vuole che ogni anno ci siano nuove decorazioni. Solo in parte saranno utilizzate quelle dell’anno precedente; occorre fantasia e una capacità di inventare un tema nuovo. L’addobbo festoso della tavola fa parte delle sorprese che tutti si aspettano. Un anno tutto è decorato con le stelle di Natale, un altro con angioletti di carta; ogni oggetto, prezioso o meno ma sempre realizzato in casa, viene sistemato sul tovagliolo di ogni posto. Per giorni, carte colorate, colla, piccole decorazioni lucenti e nastri hanno occupato la famiglia per interi pomeriggi.
Ora che tutto è terminato, gli scuri accostati, dopo un ultimo sguardo, la stanza viene chiusa; è giunto il momento di passare in cucina. Lavoro rigorosamente femminile.
Seduta, circondata dalle altre donne, per prima cosa Nannarella tira fuori alcuni fogli che, da giorni, va riempendo con suggerimenti, possibili ipotesi e qualche dubbio che ha accompagnato con un punto interrogativo. Alla lettura segue una breve discussione.
I preparativi sono laboriosi e richiedono, ancora una volta, una precisa regia; bisogna innanzitutto ricordare il pranzo dell’anno precedente per evitare una banale ripetizione. Non ci sarebbe più la sorpresa che, invece, deve caratterizzare il pranzo. Decidere se puntare su piatti di carne o di pesce è già una precisa scelta che condizionerà le altre portate. Occorre inventare qualcosa di nuovo sia pure nel rispetto della tradizione.
Quando ogni incertezza è stata eliminata e tutto è deciso, ognuno sa con precisione quale è il suo compito che gli è stato assegnato; le cose di cui deve provvedere, a quale negozio conviene rivolgersi per avere la sicurezza della qualità, i modi ed i tempi di esecuzione.
Intanto gli uomini sono impegnati nel montaggio del presepe -dell’albero Nannarella non ne aveva mai voluto sapere- che, come ogni anno, viene sistemato sulla scrivania dello studio. Anche in questo caso occorre aggiungere uno strapuntino perché, negli anni, suggerimenti e nuove tecnologie hanno ingrandito quello che era lo “scoglio” iniziale.  
Ben prima delle pulizie e dei preparativi per il pranzo sono stati già tirati giù gli scatoloni. Anche in questo caso c’è una regia che spetta, di diritto, al nonno. Si passa in rassegna tutto il materiale conservato dall’anno precedente, si ripara, si aggiusta, si decide di sostituire qualche vecchio pastore che ha, ormai, terminato il suo compito e che viene riposto con rispetto in una scatola a parte.
In questo caso alle donne è proibito entrare nello studio fino al giorno in cui il nonno, controllate le luci e gli effetti speciali, si dichiara soddisfatto del lavoro e chiude la porta che sarà aperta solo il giorno in cui ufficialmente iniziano le feste. Da quando Nannarella non c’è più le cose sono cambiate. Anche se per precisa volontà del nonno la tradizione non è stata interrotta tutto si svolge in maniera semplificata e con qualche malinconia in più.
Il presepe viene rimontato, senza troppi cambiamenti; alle pulizie generali ora presiede la prima figlia mentre in cucina si prepara semmai solo una prima pietanza, il piatto forte, per poi continuare con cibi preparati nelle altre case, che verranno sistemati, il mattino della vigilia, sui ripiani dei mobili.
Ed anche quest’anno sono tutti riuniti intorno al grande tavolo. Ognuno ha portato qualcosa e chi, o perché non ha molto tempo o non è particolarmente dotato nell’arte culinaria ci ha rinunciato avrà portato “cartocci” di dolci e pastarelle per la gioia dei più piccoli i quali aspettano i “dolci di Natale” quelli che, ormai, nessuno saprebbe preparare. In effetti i bambini sono gli ospiti più graditi.
La loro allegria è contagiosa. E, dopo qualche giocata, anche quelle incomprensioni, quei dissapori, a volte antiche ruggini, che in ogni famiglia non mancano mai, si stemperano, si sciolgono e tutti ritrovano una serenità in un’atmosfera di allegria e di concordia. Qualche commento, anche più salace, che accompagna la “tirata” del numero, suscita nei più piccoli risate irrefrenabili; anche loro sanno che quella sera qualche licenza è permessa e aspettano la battuta, spesso anticipandola.
Dopo un nuovo giro di dolcetti e qualche caffè, il gioco riprende. Quasi tutti cambiano le cartelle ma lui, il nonno, dice che preferisce tenere quelle che ha anche se non è riuscito a controllare tutti i numeri che sono già stati estratti. Lui, del resto, voleva solo sapere se fosse uscito qualcuno di quelli che ha sulle cartelle; i “numeri magici” come li chiamava Nannarella sua la quale, ogni volta che si sedeva a quel tavolo, sceglieva sempre le stesse cartelle.
I numeri mi vogliono bene diceva, prima o poi escono; e così, oltre che alla tombola, li giocava ogni sabato, quando questo era l’unico giorno della settimana per poter tentare la fortuna al lotto. E per la verità qualche vincita pure l’aveva indovinata; niente di particolare però: qualche ambo, un terno e, una sola volta, una quaterna. Quella era stata una somma discreta ed allora aveva voluto comprare il mobile con lo specchio, la ballerina, come diceva lei, dove ogni mattina si sedeva per truccarsi. Come sei bella, allora lui le mormorava con dolcezza e glielo diceva anche quando la malattia aveva devastato il bel viso; lei allora sorrideva felice, ma ormai gli occhi non le funzionavano più tanto bene; e l’inganno riusciva sempre.
Ora della numerosa famiglia manca solo lei e il nonno gioca con lo sguardo alle cartelle ed il pensiero rivolto alla sua Nannarella. Non si lamenta; sa che la vita ha le sue esigenze e poi non vuole rattristare i figli dei quali conosce anche tutti i problemi. Rivolge più spesso la sua attenzione ai piccoli dei quali non sempre ricorda i nomi. Li chiama confondendoli anche se un po’ ci gioca perché sa che i quelli partecipano a questo gioco divertendosi molto.
Anche questa sera, prima che tutti arrivassero, ha preparato le buste con i soldini che poi distribuisce con uno spettacolino al quale pure gli adulti partecipano. In fondo anche questo siparietto fa parte del rito natalizio. Ad ognuno dei numerosi nipoti prima chiede di ripetergli il nome, quanti anni ha, che classe fa e se è stato bravo a scuola. Su quest’ultima domanda il piccolo interrogato risponde partecipando attivamente ed insistendo con convinzione fino a quando un genitore interviene testimoniando in suo favore.
I tempi sono rispettati; ora si passa ad un primo giro dei pasti preparati, giro accompagnato da commenti, quasi sempre positivi, complimenti alla cuoca mentre chi ha comprato delizie e dolciumi vari guarda i ragazzini perché sa, con certezza, che la vera ricompensa arriverà dal loro appetito.
Una sosta è dedicata alla recita della poesia che ogni piccolo ha preparato da giorni. È un momento delicato; il rischio di un fallimento è sempre possibile e allora ogni genitore deve, subito, correre ai ripari suggerendo con un soffio di voce ma in maniera non troppo evidente per non offendere l’orgoglio del ragazzino. L’appaluso finale segna la fine della rappresentazione.
Un giro di caffè ed il gioco può ricominciare. Se qualcuno vuole, può comprare il banco; tutti gli altri cambiano le proprie cartelle tranne, come abbiamo già detto, il nonno che risistema le sue, quelle già scelte per il primo giro.
Le ore passano; la televisione continua nel suo monotono ed inascoltato sottofondo. Nonostante un altro giro di caffè la stanchezza rallenta gioco e reazioni. Qualcuno dei più piccoli comincia a ciondolare sulla sedia e
“Il nonno si è addormentato, guarda mamma”.
“Abbassa la voce, non lo svegliamo; il nonno è stanco ed anche tu, su, vieni, ti porto a letto”.
“Per favore, ancora un altro poco”.
“Va bene. Ma solo un altro giro”.
Il gioco continua mentre il nonno e qualcuno dei piccoli ormai dormono tranquillamente.
“Mamma, mamma, il nonno ha fatto tombola. Bisogna svegliarlo”.
Non ci vuole molto perché la donna capisca che il nonno, in realtà, non si è addormentato. Con uno sguardo rivolto agli altri si alza lentamente prendendo il piccolo in braccio.
“Adesso, su, tutti i piccoli vanno a letto ed anche noi andiamo a dormire, :è vero?”
Qualcuno si è avvicinato al nonno e gli tocca delicatamente la mano. Nessuno parla, come di una cosa attesa con serenità. Anche questo Natale è finito. Negli occhi di tutti passa un’ombra di malinconia. Ora veramente niente sarà più come prima.
Quello che non possono sapere è che, da qualche minuto, ormai, il nonno parla con Nannarella sua chi gli è venuta incontro.
“Hai visto? Hai fatto tombola? Che ti dicevo che sono numeri magici?”.
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L’AUTORE
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Francesco Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane). Tra gli ultimi libri realizzati, quelli a più voci dal titolo “Napoli: a bordo di una metro sulle tracce della città” coordinato con Guido D’Agostino e Antonio Piscitelli (edizioni scientifiche italiane 2019), La casa nel Parco. Un giorno tra il Museo e il Real Bosco di Capodimonte (AGE 2020) e Agorà, ombre e storia nelle piazze di Napoli (La Valle del Tempo, 2021) curati con Clorinda Irace e Mario Rovinello..
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, “Variazioni Goldberg”, “Il bar di zio Peppe”, “Carmen e il professore”, “Il flacone verde (o Pietà per George)”, “Lido d’Amore”, “Frinire”, “Primo novembre”, “Due di noi”, “Il trio”, “Quattro camere e servizi”, “Mai di domenica”, “Cirù e Ritù”, “Una notte in corsia”, “Gennaro cerca lavoro (il peccato originale)”, “L’odio”, “Il vaso cinese”, e “Il nuovo parroco”, “L’eredità”, “Una caduta rovinosa”, “Cronaca nera”, “La cartellina rossa”. “L’ultima scelta”, “Un disco rotto”, “Sogno di un giorno di mezzo agosto”, “Il mare verde”, “L’arrosto di Ariosto”, “Madre”. Questo racconto s’intitola “Una battuta di meno e una sposa di troppo”, “Agenda di famiglia”, “Il correttore di bozze”, “Cronaca da un nuovo vulcano flegreo”.

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