Pubblichiamo di seguito il nuovo racconto di Francesco Divenuto, appena nato, in questo rovente mese che a Napoli come altrove toglie il respiro ma non il desiderio di sognare dolcemente.

Peccato; speravo di esserci e invece è successo tutto in un attimo; almeno così sento dire da quanti mi sono intorno. Ero seduto sulla poltrona, mi sono appisolato e così mi hanno trovato.
È stata la donna che gira per casa a trovarmi. Dice che non si è spaventata. E del resto, data la mia età, in qualche modo doveva succedere. Era solo questione di tempo.
Ma io avrei voluto esserci, sì, avrei voluto capire, veramente, che cosa succede. Dicono che, negli ultimi istanti nel nostro cervello passa velocemente tutta la nostra vita. Ma insomma, qualcosa sarà pure rimasto nel buio della memoria. Gli anni sono stati tanti, forse troppi. D’accordo non tutto è degno di un ricordo ma insomma almeno le cose importanti, gli avvenimenti che hanno determinato scelte definitive della propria esistenza, quelle sì, quelle restano. E sono quelle che sarebbero ritornate, tutte velocemente? Ecco io avrei voluto vedere diciamo questa selezione.
Ed invece non ho visto nulla, devo accontentarmi di sentire quello che parenti ed amici mormorano, sottovoce, fermandosi qualche minuto ai piedi del mio letto.
Come sempre succede in questi casi le virtù, poche, vengono esaltate mentre i difetti nessuno li vuole ricordare. E c’è una spiegazione: i difetti comportano un rapporto, non sempre felice, con gli altri ed allora, in questo esame dei difetti è possibile che qualcuno intraveda anche una sua responsabilità, comportamenti non sempre gradevoli, forse anche qualche tradimento, qualche promessa mancata ed allora meglio tacere. In fondo la formula “marito esemplare, padre affettuoso” funziona sempre; è un viatico che evita scocciature, un “coccodrillo” come, non senza motivo, viene chiamato in gergo giornalistico,  il ricordo del defunto.
Problemi per la mia dipartita, no via togliamo questo eufemismo, chiamiamo le cose con il loro nome, la mia morte; ecco, dicevo, per la mia morte non ho lasciato molti problemi: ho scritto le mie volontà per un’andata via laica, qualche giorno per vari documenti e via. Forse, ammetto, la cosa più noiosa sarà svuotare la casa, buttare vie le tracce di una vita. Il pensiero di un affetto forse riaffiorerà ma sarà un dolce pensiero; del resto, la mia tarda età non ammette eccessivi rimpianti.
Ed infatti vedo anche adesso, qui, intorno a me, pensieri affettuosi ma non eccessivamente addolorati e non è una critica.
Certo questa mia, ora, è una posizione privilegiata; vedo e sento cose che, forse, nessuno vorrebbe farmi ascoltare. Il vecchio parente rancoroso, il collega che non mi ha mai perdonato il successo di carriera che lui non è riuscito ad ottenere. Mi dispiace; vorrei rassicurarlo, dirgli che, in fondo, le cose non cambiano.
Oh! c’è pure Arturo, il portiere. Quello è uno antipatico e venale, è capace di chiedere la mancia anche in questa occasione. Che spudorato! Se mi arriva a tiro gli voglio sferrare un calcio.
Vedo gente che, in verità, non ricordo di conoscere. Saranno inquilini del palazzo, forse incuriositi: chissà come si muore quando si arriva a questa età, avranno pensato, e staranno spiando, sul mio volto, i segni evidente del tempo.
Certo il volto perché, mi hanno vestito e, con questo caldo, pure la cravatta mi hanno messo, io che odiavo questo inutile strangolino. Vabbè tanto poi, tra poco brucerà tutto.  
Chissà quei tre, lì, in fondo alla stanza che ridono che cosa si stanno raccontando. E non mi dispiace che stiano ridendo. Diciamo la verità, nel mio caso, recitare condoglianze sarebbe al limite della decenza.
Ecco una faccia simpatica: il dottorino. Lo chiamavo così perché è molto giovane; è ancora in quel periodo della vita nella quale prendiamo sul serio la professione che abbiamo scelto. E lui è attento, scrupoloso; anche simpatico. Ogni volta che mi visitava tutto finiva in grandi risate. Del resto i malanni riscontrati lo mettevano tranquillo “tutto nella norma” diceva; quale fosse poi la norma non l’ho mai capito e lui, ridacchiando, bofonchiava parole più per prendermi in giro che per tranquillizzarmi;  poi, se aveva tempo, parlavamo anche degli avvenimenti di questa nostra epoca, per la verità, dissestata società.
Ora mi viene da ridere; sì perché ha perso la scommessa; diceva che sarei campato fino a cent’anni e invece è andata diversamente. Non che ci mancasse molto ma, comunque, la scommessa l’ha persa; e mo’, a chi lo vado a dire?
Vedo anche i ragazzi del bar, qui di fronte a casa mia. Pure quelli mi sono simpatici; la mattina, il caffè, diventava un simpatico teatrino. Educati, sempre allegri come è giusto che  sia alla loro età.
Ecco, arrivano i fiori. Soldi sprecati; lo avevo anche detto: per favore niente fiori. Mio dio come sono brutti. Io adoro le peonie; un bel fascio di quei fiori, quelli sì, li avrei graditi.
Niente da fare; che scocciatura; bisogna subire tutto.
Ed ora chi è che piange; o no! hanno fatto venire i nipotini, ma perché? Che cattiveria; così piccoli. Amori mei, il nonno non voleva lasciarvi, ma non c’è stato niente da fare. Del resto, nessuno mi ha chiesto niente. Ma, non vi preoccupate, appena avrò imparato come si viene in sogno, qualcuno me lo dovrà pure spiegare, io verrò a trovarvi. No, ma non vi spaventerò; semmai, verrò di giorno; ecco, sì ho trovato. Per esempio mentre studiate vi suggerirò la soluzione del problema o la parola che state cercando e mentre giocate vi sussurrerò, piano, qualche parola di quelle che vi facevano tanto ridere, vi ricordate?
Quando poi sarete cresciuti il nonno vi racconterà tutto della sua vita, ma proprio tutto così, insieme a voi, rivivrà i suoi giorni più belli.
Adesso andate, su, andate via; no, no non mi baciate. Sono freddo e potreste avere una impressione sgradevole; invece voi, ora andate in cucina e vi fate preparare, c’è ancora Assunta? una bella merenda. Poi tornate a casa, non è necessario che restate ancora. Io, semmai, sapete che faccio? Vengo alla finestra e vi saluto con la mano come quando la mamma veniva a prendervi dopo un pomeriggio trascorso insieme.
Su, ora andate. Sento dei rumori; saranno venuti a prendermi. No, piccolo, non piangere, non faranno male al nonno, vai, stai tranquillo amore.
– Professore, professore, ma che fa? Si è riaddormentato? L’ho chiamata più volte; ed ora?  Io devo andar via; si sarà raffreddato tutto; mi dispiace.
– Oh! Assunta, scusa, sì, hai ragione, ma stavo facendo un bel sogno, perché mi hai svegliato.
– Ma, tu guarda; ora devo riscaldare tutto. Un bel sogno? E che stava sognando?
– No, no, ora vai, altrimenti fai tardi; il sogno te lo racconto un’altra volta; lascia stare, non importa, lo sai che io mangio comunque, vai vai.
– Allora posso andare? È sicuro professore, posso stare tranquilla?
– Sì Assunta, vai, ci vediamo domani. Arrivederci.    
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L’AUTORE
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Francesco Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane). Tra gli ultimi libri realizzati, quelli a più voci dal titolo “Napoli: a bordo di una metro sulle tracce della città” coordinato con Guido D’Agostino e Antonio Piscitelli (edizioni scientifiche italiane 2019), La casa nel Parco. Un giorno tra il Museo e il Real Bosco di Capodimonte (AGE 2020) e Agorà, ombre e storia nelle piazze di Napoli (La Valle del Tempo, 2021) curati con Clorinda Irace e Mario Rovinello..
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, “Variazioni Goldberg”, “Il bar di zio Peppe”, “Carmen e il professore”, “Il flacone verde (o Pietà per George)”, “Lido d’Amore”, “Frinire”, “Primo novembre”, “Due di noi”, “Il trio”, “Quattro camere e servizi”, “Mai di domenica”, “Cirù e Ritù”, “Una notte in corsia”, “Gennaro cerca lavoro (il peccato originale)”, “L’odio”, “Il vaso cinese”, e “Il nuovo parroco”, “L’eredità”, “Una caduta rovinosa”, “Cronaca nera”, “La cartellina rossa”. “L’ultima scelta”, “Un disco rotto”.
In copertina, foto di Anderson Menezes da Pixabay 

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