La guerra incombe sull’Europa ed è più vicina di quanto si pensi. L’Italia, tra i paesi fondatori del North atlantic treaty organization [Nato], ospita sul proprio territorio ben 120 basi militari straniere che, in questi giorni, stanno registrando una febbrile attività.
In Campania, è dichiarato l’insediamento di 8 basi della Nato più altri siti che, a quanto è noto, svolgono una funzione di supporto logistico. Il più grande insediamento militare presente sul suolo regionale è quello di Lago Patria, frazione di Giugliano in Campania (vicino a Napoli), che ospita la sede dell’Allied Joint force command (Jfc)-Naples, il comando strategico delle forze Nato nel Sud Europa. Si tratta di una base militare che accoglie soldati, armamenti, mezzi corazzati, materiale bellico. Non è noto se all’interno di aree coperte da segreto militare siano presenti anche armi nucleari e batteriologiche o scorie radioattive.
Il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina. Quest’atto è stato il culmine di una serie di lunghe tensioni accumulatesi fra i due paesi, cominciate nel 2014, anno in cui si verificarono violente mobilitazioni di piazza a Kiev, note come “Euromaidan”.
Tali manifestazioni, fortemente sostenute dall’Unione europea e dalla Nato, portarono alla cacciata del presidente Victor Janukovyc e ad un colpo di stato che vide insediarsi un governo fortemente nazionalista e anti-russo, guidato da Petro Porošenko. L’intenzione dichiarata del nuovo esecutivo fu di richiedere l’ingresso dell’Ucraina non tanto nell’Unione Europea, ma nella NATO.
L’Ucraina, ex-repubblica dell’Unione Sovietica, dal 1991 ha proclamato la propria indipendenza, mantenendo però un rapporto di alleanza strategica con la Russia. La scelta di collocare il paese nell’alleanza atlantica ha portato a un crescendo di tensioni con Mosca e con le popolazioni di origine russa presenti sul suolo ucraino.
Nel 2014, a seguito di questi accadimenti, le regioni russofone del Donbass (Ucraina orientale) insorsero contro il governo di Kiev, autoproclamando delle repubbliche popolari che sono state oggetto di una cruenta guerra interna, mossa contro la popolazione civile da reparti dell’esercito regolare ucraino e da milizie neonaziste e ultranazionaliste.
La Nato apparentemente è rimasta a guardare, ma in realtà è il pomo della discordia. Sorta come organizzazione internazionale a carattere dichiaratamente difensivo, il suo vero fine è sempre stato quello di contenere una possibile espansione del comunismo sovietico durante la Guerra fredda. Nel 1991, con la dissoluzione dell’URSS, la NATO avrebbe dovuto sciogliersi, venendo meno il blocco cui dichiarava di contrapporsi, quello socialista. All’atto della sua fondazione, il 4 aprile 1949, il Trattato del Nord Atlantico contava 12 paesi. Attualmente, invece, ne conta 30.

In copertina: l’ingresso della base Nato. Sopra: manifestazione contro la guerra

A dispetto delle previsioni, l’Alleanza atlantica ha continuato a espandersi, inglobando progressivamente una serie di paesi che facevano prima parte del Patto di Varsavia. Non solo. L’articolo 5 del Trattato atlantico prevede che, in caso di attacco armato contro uno o più paesi alleati, l’intera Alleanza debba rispondere in modo univoco in un patto di mutuo aiuto. Questo articolo non è mai entrato in funzione durante la Guerra fredda ed è stato stravolto, al punto di tramutare un’alleanza difensiva in un’organizzazione offensiva, che è stata protagonista di attacchi contro paesi che non facevano parte della sua alleanza. Così è stato in Serbia-Montenegro (1999), in Afghanistan (2001), in Iraq (2003), in Libia (2011), in Siria (2011) e in molti altri luoghi del mondo.
 L’Alleanza Atlantica è il pilastro dell’influenza Usa in Europa. Di fatti, è a tutti gli effetti un’occupazione militare che espropria intere porizioni di territorio esautorando, in tutto e per tutto, l’autorità dello stato ospitante e la sovranità popolare, chiedendo per giunta sostegno logistico, militare e, soprattutto, economico.
Nel nostro Paese ci sono 120 basi Nato ufficialmente dichiarate, ma si presume che vi siano almeno 20 basi militari o residenziali USA coperte da segreto e di cui non abbiamo ufficialmente informazioni. La più importante è quella di Sigonella, nella Piana di Catania, dove c’è il grande aeroporto della US Navy nel Mediterraneo.
Secondo le stime del Rapporto Sipri, l’Italia figura tra i paesi con le più alte spese militari del mondo. Già nel 2012, dieci anni fa, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, indicava la Penisola al decimo posto di questa speciale classifica con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui.
Il che equivaleva a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero. Non abbastanza comunque per la NATO, che da tempo pressa su tutti i paesi europei per innalzare il tetto di spesa militare del PIL al 2%. Gli Stati Uniti d’America restano in testa alla classifica dei paesi che stanziano fondi per l’Alleanza atlantica, con un budget da 730 miliardi di dollari, oltre il doppio rispetto a quello di tutti gli altri alleati.
A ogni modo, l’Italia paga un prezzo molto alto per rimanere nell’Alleanza atlantica, sottraendo risorse alla sanità, al lavoro, all’istruzione, allo stato sociale, soprattutto dopo due anni di pandemia e crisi economica. Pochi giorni fa, Mario Draghi, presidente del consiglio, ha confermato l’intenzione del governo di voler aumentare la spesa militare per la difesa, considerando che con il precipitare della crisi ucraina il governo ha già stanziato l’invio di un fondo fra i 100 e i 150 milioni di euro al governo di Kiev in denaro, aiuti umanitari e, cosa singolare, armi.
La base Nato di Lago Patria è costata circa 190 milioni di euro, utilizzando 165 milioni di euro stanziati dalla stessa Nato (pagati in parte anche dall’Italia), 21 milioni di euro di fondi Fas per le “infrastrutture” viarie, cui si sono sommati oltre 5 milioni di euro stanziati dalla ex Provincia di Napoli (adesso, Città Metropolitana). Per far comprendere l’entità di queste cifre faraoniche, basti pensare che per il recupero del centro storico di Napoli, dichiarato dall’Unsco “patrimonio dell’umanità”, sono stati stanziati appena 10 milioni di euro, spalmati su più annualità. Il budget stanziato per il Comando Nato risulta ancora più incredibile se si pensa che l’Alleanza atlantica, da circa trent’anni, non ha un reale antagonista e risulta essere la maggior potenza militare sul pianeta.
Il sito militare straniero costituisce una minaccia per la pace e un possibile bersaglio in caso di guerra. L’area su cui si estende copre una superficie di 330.000 metri quadri. Al proprio interno, ospita diverse strutture: il Quartier Generale del Comando delle Forze Alleate per il Sud Europa (Afsouth), il Centro di Eccellenza per le Comunicazioni Strategiche (Stratcom), il Comando Navale Alleato del Sud Europa (Navsouth) e il Comando delle Forze di Attacco e di Supporto dell’area operativa (Strikforsouth). Oltre queste, sono presenti unità di supporto italiane messe a disposizione dal Ministero della Difesa. Il Comando Nato è distinto in due “rami”: quello militare e quello civile. In base a quanto reso noto da fonti giornalistiche, all’interno della base gravitano quotidianamente circa 2500 persone, fra residenti e fruitori esterni.
La base militare è stata costruita grazie a un consorzio termporaneo di imprese formato dalle società per azioni italiane Condotte e Sirti. Il primo gruppo è noto per aver vinto gli appalti di costruzione delle tratte di Altà Velocità Torino-Milano e Roma-Napoli, oltre che il colossale progetto del “Mose” a Venezia. La seconda società, invece, è un’azienda che, dal 1921, realizza reti per le telecomunicazioni, la sicurezza tecnologica, i sistemi informatici militari ed è attiva anche in Europa e in Medio Oriente. Il Comando interforze alleato di Napoli (Jfc Naples) è stato ufficialmente inaugurato nel dicembre 2012, dopo anni di proroghe e ritardi.
Questa immensa città-fortezza è sorta col trasferimento dal vecchio sito di Bagnoli. La sede storica del comando NATO nacque dalle macerie del cosiddetto “Risanamento” di Napoli, una serie di imponenti opere urbanistiche compiute tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 per bonificare la città dai quartieri più promiscui e insalubri.
Con l’avvento del fascismo, l’area divenne oggetto di interesse per il regime, che vi voleva edificare il Collegio “Costanzo Ciano”, una vasta struttura pronta ad accogliere 2500 minori provenienti da contesti difficili con lo scopo di garantire loro una formazione completa su tutti i versanti, dall’attività fisica agli argomenti scolastici, passando per l’addestramento militare. Tramite un finanziamento del Banco di Napoli, il 2 gennaio 1939 si avviarono i lavori di demolizione del rione Castellana, composto prevalentemente da gente povera.
La zona, all’epoca, aveva una vocazione agricola, in quanto la terra era resa fertile dalla cenere eruttata da piccoli crateri presenti per la valle. Con la demolizione dell’antico rione -sito tra le attuali via Campegna e Via Giulio Cesare- furono abbattuti 7.000 vani e 15.000 persone, improvvisamente, rimasero senza alloggio e prive di alcuna sistemazione sostitutiva. Il progetto del regime fascista interessò circa 850.000 metri quadri ed il riassetto del sistema stradale previde due gallerie, una destinata al traffico veloce e l’altra a quello pesante. I lavori proseguirono fino al 9 maggio 1940, in cui furono completamente conclusi. In questo modo, sorse un immenso complesso di circa 30 mila metri quadri, affacciato sul Golfo di Pozzuoli. All’inaugurazione, che si svolse in presenza di Vittorio Emanuele III, la struttura venne chiamata: “Istituto per i figli del popolo di Napoli” e dedicata a Costanzo Ciano, presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni, morto pochi mesi prima.
L’istituto non entrò mai in funzione e divenne una base militare dell’Asse con l’ingresso in guerra dell’Italia mussoliniana, nel 1940. Fortemente danneggiata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, la struttura venne abbandonata. A seguito dell’insurrezione delle Quattro giornate, nel settembre 1943, Napoli vide l’ingresso delle truppe Alleate in città, che si impossessarono della base. Rimasta fino al 1947 sotto il controllo delle truppe britanniche, dopo un breve periodo di transizione, nel 1952 l’area passò sotto il definitivo controllo della Nato.

Manifesto della Rete italiana Pace e Disarmo

Per circa sessant’anni, l’occupazione militare straniera ha condizionato la vita di Napoli e del quartiere operaio di Bagnoli, in cui sorgeva l’Italsider. La base della NATO divenne ciclicamente bersaglio delle proteste antimilitariste, non ultima nel 1999 in occasione dei bombardamenti sulla Serbia e di ciò che rimaneva della ex Jugoslavia. In quell’anno, si tennero intense mobilitazioni, represse dalle forze dell’ordine proprio innazi ai cancelli della base militare. In questi termini, il trasferimento a Lago Patria, zona periferica scollegata dal tessuto urbano cittadino, può essere considerato anche come una scelta di rimanere lontano da occhi indiscreti di un’opinione pubblica critica verso la guerra. La sede della ex-base militare di Bagnoli è stata simbolicamente restituita alla città con il Mediterranean Pride Of Naples, il 28 maggio 2016.
Il trasloco della Nato è stato presentato come un’opportunità di sviluppo economico e di progresso sociale ai cittadini di Giugliano in Campania e del litorale domizio. Dalla base militare prendono moto un Lions Club molto facoltoso e diverse associazioni filantropiche, che hanno la doppia funzione di allietare il personale militare straniero residente nel sito e di familiarizzare con gli abitanti del luogo. Non a caso, alcune opere di sistemazione della rete stradale e dell’arredo urbano sono state presentate dalla comunicazione ufficiale della base come opere di fraternizzazione. Anche se a pagarle sono stati gli stessi abitanti con le loro tasse, trattati come un popolo da colonizzare.
Tuttavia, rimane il fatto che, dal punto di vista ambientale e sanitario, l’area interessata dalla base nord atlantica è una delle più disastrate d’Europa. Studi dell’Istituto Superiore della Sanità affermano che tutta l’intera zona in cui si è andata ad insediare la base NATO è una di quelle a più elevata mortalità oncologica del continente, fra discariche abusive della camorra, falde acquifere inquinate e la presenza di agenti chimici immessi nelle acque reflue dalla stessa base militare. 
In nessun altro luogo d’Italia si registra una simile concentrazione d’installazioni militari come nel cosiddetto “triangolo” Gricignano-Lago Patria-Licola. Secondo i comitati no-war e ambientalisti, la concentrazione in un’area così ristretta di due impianti per telecomunicazioni e rilevazioni radar, d’una base aeronavale Usa e del comando della Nato, accresce enormemente i rischi per la sicurezza della comunità locale non solo per i rischi di inquinamento elettromagnetico. Che si tratti di atti di terrorismo oppure di potenziali risposte armate all’accresciuta tensione militare della Nato con la Russia, i paesi del nord-Africa e del vicino e medio Oriente, sembra difficile negare che la vicinanza di simili impianti possa trasformare questa zona in un evidente obiettivo strategico.

Le basi Nato in Campania sono otto:

  • Porto di Napoli: Comando del Security Force dei Marines, base di sommergibili Usa, Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto generalmente usato dalle unità civili e militari Usa;
  • Aeroporto Napoli Capodichino (Napoli): Base aerea Usaf;
  • Nisida (Napoli): Base dell’US Army;
  • Agnano (Napoli): Base dell’US Army;
  • Giugliano (Napoli): Comando Stratcom (Centro comunicazioni strategiche);
  • Grazzanise (Caserta): Base saltuaria Usaf;
  • Mondragone (Caserta): Centro di Comando Usa e Nato, attrezzati di sotterraneo antiatomico in cui verrebbero spostati i comandi militari in caso di guerra;
  • Gricignano d’Aversa (Caserta): una vera e propria cittadella americana, in cui i militari vivono con le proprie famiglie.

A questi siti se ne aggiungono altri, dichiarati dismessi o saltuariamente funzionanti:

  • Monte Camaldoli (Napoli): Stazione di telecomunicazioni USA;
  • Ischia (Napoli): Antenna di telecomunicazioni USA con copertura Nato;
  • Licola (Napoli): Antenna di telecomunicazioni USA;
  • Lago Patria (Napoli): Stazione telecomunicazioni USA;
  • Montevergine (Avellino): Stazione di comunicazioni USA.

L’Italia non possiede armi nucleari, nè le produce, però nel nostro territorio si presume che siano presenti decine di testate nucleari. Questo perché, pur non avendo mai prodotto armi atomiche, l’Italia partecipa al programma nucleare della NATO. Secondo questo accordo, avremmo circa 70 testate nucleari nelle basi aeree militari di Aviano, in provincia di Pordenone e di Ghedi, in provincia di Brescia.
Ogni anno, transitano a Napoli circa 5 mila contenitori di materiale militare. Il contenuto è ignoto. Nel 2018, il sottomarino nucleare USS “John Warner” della flotta navale degli Stati Uniti d’America è transitato nelle acque del porto cittadino, provocando la mobilitazione dei pacifisti e la reazione dell’allora Sindaco, Luigi de Magistris, che ribadì che Napoli era “Città di pace” e “area denuclearizzata”. A Napoli-Capodichino, nei pressi dell’aeroporto civile, è situata la grande base Usaf. Conta circa 3500 soldati effettivi, il cui numero è in aumento. Vi sono dislocate attività di supporto logistico delle forze armate statunitensi, il comando della Sesta flotta, nonché alcuni comandi Nato.
A Gricignano d’Aversa, in provincia di Caserta, la base Nato è stata costruita sui terreni della potente famiglia camorristica Coppola, la stessa che ha edificato sul litorale domizio il Villaggio Coppola, la costruzione abusiva più grande d’Occidente.
Nel 2015, la base di Lago Patria è stata il centro di coordinamento della “Trident Juncture”, la più grande esercitazione militare seguita alla caduta del Muro di Berlino. Vi presero parte 36 mila militari. L’obiettivo dell’operazione era un possibile conflitto con la Russia.  
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LINK DI RIFERIMENTO:

https://www.ilsole24ore.com/art/la-maggioranza-divisa-riforme-si-compatta-difesa-si-piu-spese-militari-AE5h7pKB

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/13/news/base_nato_si_cambia_inizia_l_era_di_lago_patria-48672227/

https://www.fanpage.it/politica/draghi-conferma-aumento-spese-militari-al-2-del-pil-ma-serve-una-difesa-europea/

https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/la_base_nato_jfc_di_lago_patria_mostra_la_prima_volta_bunker_segreto_sotterraneo-2045417.html#:~:text=Sembra%20di%20essere%20in%20un,Nato%20JFC%20di%20Lago%20Patria.

https://www.sirti.it/portfolio/base-nato/

https://www.epicentro.iss.it/focus/discariche/mortalita-campania

https://contropiano.org/news/politica-news/2011/07/09/napolilago-patria-un-fastidioso-neo-nato-02369

https://www.ilmattino.it/napoli/politica/napoli_sottomarino_nucleare_usa_nel_golfo-3672900.html

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/16/napoli-sottomarino-nucleare-usa-era-in-porto-a-marzo-de-magistris-non-accada-piu-nave-ha-partecipato-a-raid-in-siria/4296212/

https://storienapoli.it/2021/12/12/base-nato-bagnoli-storia/

https://www.affaritaliani.it/cronache/napoli-in-autunno-la-maxi-esercitazione-anti-russia-della-nato-379431.html

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