Guardate, guardate…Abbiamo un artista in paese…”. Pina Cipriani ha nove anni e abita a san Cipriano d’Aversa. Nella stanza di suo fratello ha trovato il settimanale “Sorrisi e canzoni” con una pagina intera dedicata a Francesco Mastronimico, in arte Franco Nico, ingaggiato a Ischia come musicista, durante l’estate.
La fa vedere alle amiche con l’entusiasmo di bambina che scopre l’orgoglio della propria terra.. E’ uno di quei giorni di un’infanzia trascorsa in una famiglia numerosa (cinque sorelle e quattro fratelli), con pap  commerciante di grano e titolare di un grande panificio.
Le domeniche trascorse in casa a organizzare spettacoli con le compagne di scuola. Due grandi tavoli messi insieme per costruire il palcoscenico della sua allegria da ragazzina, quando gi  mostra talento teatrale. La voce l’ha presa da mamma Marietta che la sera, stanca dopo una giornata impegnativa tra tanti figli, si accoccola sul divano circondata da loro, davanti al caminetto, e racconta storie con la spontaneit  di chi non si rende conto di possedere il fascino dell’incanto.
L’AMORE DI FRANCO E PINA
Si commuove, Pina, tra i ricordi, nel suo teatro, il Sancarluccio, nel centro di Chiaia, da dove hanno preso il volo artistico Troisi, Benigni, Mastelloni e tanti altri celebri attori italiani. La commozione l’avvolge soprattutto quando parla di lui, del compagno di vita e suo Pigmalione, Franco, che l’ha lasciata il 18 novembre di tre anni fa, per un maledetto incidente.
Quella mattina le ha scritto un biglietto “Non ti ho svegliato perch dormivi. Ti lascio un bacio. Ricordati che sei sempre l’amore mio”. Poco prima dell’incidente, la raggiunge al telefonino “Sto per tornare… Ho fame…”
Rientrava dalla Siae con l’autorizzazione a uno spettacolo che sarebbe andato in scena quella sera, “L’odore dei miei ricordi” di Pasquale Ferro. Il motorino inciampa nel dissesto stradale del percorso, stracciando la sua pagina terrena ma non le emozioni che continua a regalare alla propria famiglia.
In trance, Pina dice addio a Nico in chiesa ballando accompagnata dalla tammorra di Marcello Colasurdo, guidata da un’inesauribile energia esterna.
OSSIGENO DELLA RESISTENZA
Quando Nico se ne va per sempre, l’interrogativo, tra a mici e conoscenti, serpeggia muto o esplicito”Ma il Sancarluccio sopravviver ?”. Per lei è ossigeno. Non può farne a meno. E vi si dedica, con grinta insieme a Egidio,(direttore artistico, che, ugualmente baciato dallo spirito della musica, insegna violino in una scuola di Volla)., offrendo l’opportunit  ai giovani di verificarsi, nel confronto con il pubblico.
Malinconia, tristezza, ma anche collera le attraversano lo sguardo, pensando a un presente avaro che mette in discussione i passi stessi del teatro, privato del piccolo contributo istituzionale (diecimila euro l’anno). Che ne assicurerebbe la serenit  del futuro. Per un calendario fitto di progetti che offre spazio anche alla presentazione di libri. Qui la sorella di Massimo Troisi ha proposto il suo, “Oltre il respiro”, firmato con Lilly Ippoliti, esplorando le strade della memorie riservata a un ragazzo che seppe divertire il pubblico con la timidezza del talento, controllando la malattia (al cuore ) e il soffio della morte vicinissima a lui gi  da ventenne. Massimo comincia da Chiaia. Con la Smorfia (insieme a Enzo De Caro e Lello Arena). All’inizio, si chiamano I saraceni.
QUEL TEATRO DEI “CABARINIERI”
“Nooo. E’ un gruppo di cabaret” replica la cassiera a chi dall’altra parte del filo a chi chiede informazioni sul loro repertorio musicale. Sempre la stessa domanda. Si decide di ribattezzarlo. A Massimo viene in mente La smorfia (napoletana, che interpreta i sogni e li trasferisce in numeri da giocare al lotto).. Piace a tutti è breve e sta benissimo sui manifesti.
Ma il Sancarluccio nasce prima. Nel dicembre di quarant’anni fa. Per offrire una sede al gruppo dei “Cabarinieri” (creato insieme al giornalista Angelo Fusco che ne compone i testi per la musica di Franco. Cabaret, sulla scia del Bagaglino romano). Gli spettatori iniziano a conoscerli in alcuni locali di via Manzoni. Aspettano pazienti sul marciapiede che finisca la discoteca per i ragazzi.
Poi arriva la notizia che sono disponibili spazi prima occupati un laboratorio di mobili antichi in via san Pasquale.
Qualche modifica e il Sancarluccio prende forma. Sedie di legno non poltrone, scomode come si addice al “teatro off”.
Lucia Cassini ha il pancione e non può “assaggiare” le tavole per l’apertura. Entra nei Cabarinieri Marisa Laurito. ” Eh fammella na pugnuta, na sfregiata…
Non ‘o vi, sto eccitata… voglio fa’ ammore cu’ tte”. Pina rievoca l’episodio e recita, senza esitazioni, le battute di “C’era una…”, la prostituta del falò senza.
Una miniera di aneddoti, nella sua mente. Li sta buttando giù su fogli d’appunti. Ne ha svelato qualcuno all’editore del libro su Massimo Troisi, Iacobelli, che, affascinato dalla storia, l’ha incoraggiata a scriverla.
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LA LAMPADINA DI BENIGNI
Ricordare significa non smettere di amare. E i dettagli si moltiplicano la lampadina di Benigni, unica suppellettile per andare in scena, il letto pieghevole di Mastelloni… Era quello che utilizzavano Franco e Pina quando restavano a teatro. In quel periodo, è capitato che dormissero sul palcoscenico, quando finiva lo spettacolo.
Tra le schegge del tempo che fu, la caparbiet  di Peppe Lanzetta che si presenta da impresario dell’attore lasciando materiale e recensioni sul suo lavoro. Alla fine, si svela Sono io Peppe Lanzetta….
Il tempo scorre, sedotto dal racconto di Pina. “Perch Sancarluccio? Le mamme napoletane, quando cercano i loro figli, si lanciano in un “Carluù, addo’ stai?…”. E quel Sancarluccio convince il pubblico. C’è chi sbaglia numero e gli rispondono dal San Carlo. Il signore, inconsapevole o distratto si meraviglia “Ah, vi siete ampliati…”.
Il sorriso cancella, per un istante, la tristezza.
NAPOLI O EDIMBURGO?
Lei, tra due fuochi. Napoli, dove c’è Egidio. Edimburgo, dove abita la figlia Bianca (attrice, con il marito John, docente di teatro nella capitale scozzese). Da sette mesi mamma di Francesco, gi  iscritto a un corso di musica messa in pratica anche a casa, sulla pianola appena regalata dai genitori.
L’arte è un virus contagioso. Non ha risparmiato nemmeno l’altra nipotina, la figlia di Egidio, folgorata dalla danza, nata anche lei il 18, come Egidio. Un numero che ricorre. Pina e Franco si sono sposati il 18 e il 18 la fatalit  lo ha portato via.
Canta e parla Pina del repertorio che Franco le ha musicato Eduardo, Totò, Liuccio (poeta cilentano). Sarebbe toccato anche alle poetesse arabe, affascinato com’era dalle donne, pianeta da esplorare. Al Sancarluccio. Un patrimonio per tutti. Speriamo che se ne accorgano anche i napoletani.

23 gennaio 2012

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In foto, Franco Nico e l’interno del Sancarluccio

23 gennaio 2012

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