Il cerchio si chiude. Attesissimo, dopo i larghi consensi di pubblico e critica ottenuti al Napoli Teatro Festival dello scorso anno e una fortunata tourne italiana, ritorna a Napoli lo scespiriano Antonio e Cleopatra, nella originalissima e magistrale rilettura del regista Luca De Fusco. Un altro meritato successo. Un altro prestigioso mattone posto alla base di una visione autenticamente contemporanea del teatro che rende irreversibile il processo di allontanamento dal modo naturalistico di rappresentazione a favore di un modo “altro” che ricorre ampiamente a immagini, diapo-film, primi piani, partecipazioni e coreografie in video, oltre che dal vivo; musiche, che per la loro potenza evocativa, travalicano il ruolo complementare di commento per assurgere a livello di co-protagoniste, attraversando disinvoltamente in generi più disparati; scenografie che,in simbiosi sempre più stretta con il disegno luci,si affidano alle immateriale seduzione visiva del virtuale; artifici visivi e tecniche filmiche che sullo schermo semitrasparente portano in primo piano o in primissimo piano il particolare di un corpo gli occhi di Cleopatra, il suo avambraccio con l’aspide, venefico ornamento o un’espressione dolente di Antonio ormai disonorato. O ancora una immagine di corpi di morti in battaglia, chiaramente ispirata al forte dinamismo e alla plasticit  eroica e sofferta del gruppo di Lacoonte.il teatro contemporaneo che, come il museo, si apre a linguaggi diversi che si giustappongono senza fondersi per dar vita a uno spettacolo sfaccettato. Un percorso chiaro e coerente, quello di De Luca, ormai consolidatosi in un vero e proprio stile, peraltro chiaramente e più volte espresso dalle sue note di regia.
Shakespeare. A 450 anni dalla nascita,la leggenda del Bardo non accenna a diminuire. Divino affabulatore, mago che volge la parola in musica, poetico cantore delleantinomie dell’anima mente e cuore, vizi privati e pubbliche virtù di personaggi epici e di gente comune variamente declinati nella indissolubile spirale Amore-Morte. Al di l  di ogni artificiosa distinzione di genere. Da un repertorio sterminato, De Fusco trae un capolavoro assoluto, immeritatamente meno rappresentato rispetto ai soliti evergreen, lo ripercorre in maniera più rapida, lo riduce all’ essenza il trionfo della parola drammatica e poetica, spogliata da qualsiasi ridondanza scenografica. Contribuisce non poco al successo dell’operazione il testo scespiriano rinverdito dalla nuova traduzione di Gianni Garrera, attenta a rendere l’originario intreccio linguistico tra registro alto e parlato colloquiale, asserzioni chiare e pronunciamenti oscuri come vaticini.
Antonio e Cleopatra di De Fusco ha una forte valenza scultorea. Il tutto tondo dell’altorilievo e la plasticit  della statuaria greco-alessandrina,ancor più esaltata dalla biacca solcata che conferisce ai visiuna patina antica. Ma anche alla scultura neoclassica, peraltro sottolineato dalla assoluta assenza di colore nelle parrucche e nei costumi. Il tutto inframezzato da immagini e brevi filmati di potente dinamismo cosmico ilfuoco e l’ acqua e il senso del sublime che ad essi si accompagna, lingue ardenti di passione e oceanico ribollire di energia, assunta a potente metaforadel proromperedell’inconscio. E ancora rimandi alla pittura scultorea michelangiolesca della Sistina. L’archetipo dell’Uomo e della Donna, rievocati dalla rappresentazione delle due mani, più che preannunzio di ricongiungimento, attestano la irrimediabile ricomposizione della separazione originaria tra i due generi, mai più riducibili all’Uno, se non nell’effimero momento dell’amplesso.

Nella impeccabile prova attoriale dei due protagonisti Luca Lazzareschi- Marco Antonio, Gaia Aprea-Cleopatra, echi della lezione di Carmelo Bene,
equamente divisa tra tecnica e creativit , e la maniacale attenzione allo strumento voce, al discorso sui registri, i volumi, i toni, i vuoti (più importanti delle pause). All’ascolto si ha sensazione di un gradito ritorno dell’epoca d’oro del teatro italiano e delle sue grandi figure carismatiche. Particolarmente apprezzato il video cammeo di Eros Pagni e Paolo Serra-Enobarbo.
Uno spettacolo colto e raffinatissimo, ricco di riferimenti intertestuali eppure facilmente fruibile. Asseconda le intenzioni di regia, concorrendo in pari misura a una creazione di alto livello, in un affiatatogioco di squadra, tutti gli altri attori, lo scenografo Maurizio Balò, il light designer Gigi Saccomandi e la costumista Zaira de Vincentiis, le musiche originali di Ran Bagno particolarmente apprezzato il brano violoncellistico che accompagna il sofferto climax del dramma di Cleopatra- e la video-scenografica di Alessandro Papa. Un miracolo di equilibrio tra cultura e divulgazione, in linea con la più nobile tradizione teatrale. Da non perdere. Si replica fino al 6 aprile.

Per saperne di più
w        ww.teatrostabilenapoli.it

In foto, Antonio e Clepatra secondo De Fusco

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