“Il mondo ti considera come se non esistessi, un rifiuto. Questo ti fa sentire male. Eppure siamo uguali a loro, solo sfortunati. vero, ci aiutano, ci danno il cibo… ma resti un rifiuto. I delinquenti hanno un ruolo superiore al nostro… le bestie pure. Ci trattano male, con violenza, ci bruciano! Ma quale mondo evoluto può accettare ciò?”. Questo è lo sfogo di Antonio. Antonio è un senzatetto di 44 anni, diplomato, andava all’universit  che ha dovuto abbandonare per accudire il padre. Sogna di rientrare nella societ , di cui ora è al margine, per produrre qualcosa e spera che un giorno, al centro della societ  non ci siano più i soldi, ma il valore delle persone.

Massimo è rimasto senza casa da quando sono morti i genitori, lavora da piccolo come fioraio, le cattive frequentazioni l’hanno deviato verso il consumo di stupefacenti. Ora la sua famiglia è il dormitorio e ha chiuso con la droga. Sogna una casa tutta sua con una famiglia. Monica è stata lasciata dal compagno con un figlio da crescere e dal quale si è dovuta separare. Non ha paura della crisi perch, dice, ci vive dentro da sempre. Sogna di avere un lavoro e di riprendersi suo figlio che ora è a Madrid. Non perde la speranza, sa che le cose miglioreranno per tutti e, nonostante tutto, si sente fortunata, perch ha un figlio bellissimo. Ammari faceva il guardiano notturno. Si è opposto alla camorra e per questo è stato picchiato e gli hanno sparato ad una gamba, rompendola. Poi l’hanno sequestrato e fatto licenziare. Vive in un rudere, in compagnia dei topi, della rabbia e della disperazione. Domenico aveva un negozio di elettricista ma le
tasse l’hanno mandato sul lastrico e ora vive alla stazione.

Tony ha paura ogni mattina di svegliarsi e di trovarsi senza scarpe. Ha imparato a fare la radiografia alle persone stando in strada, che ora è la sua famiglia. Anna piange tutti i giorni, in silenzio, per non farsi vedere da nessuno. Una volta aveva un marito, dei figli. L’uno è morto, gli altri l’hanno abbandonata. Vive per i nipoti e spera di tornare ad avere una casa e di ritrovare i suoi figli. Adam è polacco, a Napoli da 10 anni. Una sera ha preso fuoco ed è stato tre giorni abbandonato a se stesso, prima che arrivassero i soccorsi del 118. Tutti lo definiscono una bravissima persona.

Francesco è omosessuale e soffre perch vive con quest’ulteriore discriminazione. Ama Renato Zero perch nelle sue canzoni legge solo del bene e sogna un compagno che lo ami e che lo rispetti. Angela si è buttata dal balcone per scappare da un marito che la picchiava, che l’ha istigata alla prostituzione e che violentava la figlia. La polizia non ha fatto nulla se non suggerirle di andare via da casa. Ora fa le pulizie, ma non guadagna più di 10 euro per tutta la giornata. Antonio una volta era O Barone. Adesso si sente come se gli avessero succhiato l’anima. Vuole andare via, a Roma, a Milano, dove crede di poter esprimere le proprie qualit  e beve, beve perch è convinto di averne bisogno.

Sono solo alcune delle storie, delle sofferenze e delle speranze dei senzatetto di Napoli. Barboni, homeless, clochard, chiamateli come vi pare, ma in tutte le lingue rappresentano la faccia scura della medaglia, la faccia vera della medaglia, la faccia che si nasconde sotto la patina consumistica del globalizzante mondo, cosiddetto civilizzato. Come in un oceano di ipocrisie, di falsit  e di ignoranza, si muove una corrente sotterranea che scappa dai luoghi comuni, ma che nessun altro vede: i sogni, i progetti, la voglia di rivalsa. Quelle che troviamo agli angoli delle strade, con una bottiglia in mano, sdraiati su una panchina, coperti da un cartone sono persone cui la vita, per un motivo o per un altro, ha fatto franare il terreno sotto i piedi, ma che non è riuscita a privarli di un’identit , di una coscienza, di una voglia di tornare alla luce.

La voglia di dare voce a questo lamento, a questo grido straziato di lacrime e disperazione ha dato vita a “Se la mia strada fosse stata un’altra?”, il progetto video-fotografico di Salvatore Sparavigna, artista e operatore multimediale di origini partenopee, che verr  presentato al pubblico oggi sabato 19 dicembre, alle 18, a Napoli, nella Cattedrale della Pietrasanta in via dei Tribunali. Questo progetto, realizzato con l’aiuto dell’associazione Part-Net, con il patrocinio ed il contributo della Regione Campania (assessorato alle Politiche Sociali, Provincia di Napoli), durer  fino al 7 gennaio 2010 ed ha il suo centro nella mostra fotografica che fa da sceneggiatura al calendario omonimo dedicato al dramma dei senzatetto e che sar  in vendita, nel periodo della mostra, al costo di 10 euro e il cui ricavato sar  destinato a progetti dedicati ai senza fissa dimora.

L’esposizione fotografica presenta le gigantografie su pannelli dei 12 scatti utilizzati per i 12 mesi del calendario e 6 strutture ad altezza d’uomo, retro-illuminate, su cui sono narrate, fronte e retro, le storie di 12 veri “homeless”, insieme alle loro riflessioni sulla propria vita, la loro rassegnazione, la loro rabbia. Spazio anche al backstage d            6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7e:EèHlèNO» OJe
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  è    èî  ello shooting fotografico con 12 fotografie ed un video di 3 minuti a riguardo.

Gli scatti di Sparavigna riprendono il cantante Peppino Di Capri, il nuotatore olimpionico Massimiliano Rosolino, il giornalista Mimmo Liguoro, gli attori Renato Carpentieri e Patrizio Rispo, la donna antiracket Silvana Fucito, il cantautore Enzo Gragnaniello, lo scrittore Luciano Scateni, l’imprenditore Maurizio Marinella, il designer Riccardo Dalisi, lo scienziato Antonio Giordano e il cantore folk Marcello Colasurdo, personaggi noti dell’arte, della canzone, della tv, del teatro, della scienza, dello sport e della societ  civile, che hanno accettato di truccarsi e di calarsi, per un giorno, nelle sembianze, nelle condizioni e nei sentimenti di chi è abbandonato, dimenticato dal mondo.

Nella serata di inaugurazione della mostra sar  rappresentata anche “Homeless”, una performance teatrale ideata da Salvatore Sparavigna appositamente per quest’occasione in cui verranno portati in scena frammenti di un’umanit  che vive ai margini e che sogna un riscatto nelle metropoli dell’indifferenza, intervallati da brevi video-storie raccolte dallo stesso Sparavigna in strada, tra i barboni. Inoltre sar  allestito un set trucco ed un guardaroba per chi volesse provare cosa significa sentirsi barbone per un momento.
Tutti gli scatti di questi nuovi “clochard”, poi, saranno al centro di un successivo evento in programma a febbraio nella Reggia di Portici, dove sar  organizzata una sorta di festa di Carnevale con l’obiettivo di raccogliere fondi per continuare a finanziare i progetti dedicati ai senzatetto.

“Ho pensato che avrei dovuto ribaltare le storie di successo immaginandole come esistenze randagie e quindi ho trasformato scienziati, attori, sportivi, simboli in clochard che elemosinano frutta, cibo, libri, vino, fuoco e amicizia” ha rivelato Sparavigna sull’origine del progetto. “Una volta indossati quegli abiti capisci che è una cosa che può capitare a chiunque… e lo cosa ti spaventa” ha confessato l’attore Patrizio Rispo, “apre un mondo che merita tutta la nostra attenzione”.

Ed è questo l’obiettivo primo ed ultimo della manifestazione, del progetto, del calendario, delle foto, di tutto questo insomma: non dimenticare. Tenere a mente per 12 mesi che non si può continuare a trascurare chi è costretto a vivere ai margini. Non dimenticare che c’è gente che lotta per sopravvivere e che oltre che battagliare per questo, si trova a sopportare le legnate dure dell’indifferenza della gente, che si trova a sopportare, come cantava Daniele Silvestri, “lo spettacolo atroce della gente che passa, ci guarda e prosegue veloce, ci osserva e prosegue veloce. Magari saluta. Ma sempre prosegue veloce”, perch le parole, le azioni, si, causano dolore, ma l’indifferenza fa molto più male.

Nelle foto, alcuni degli scatti in mostra

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