Alcune foto sbiadite tra le mani riportano la vita indietro, anche e soprattutto per fuggire da un presente ossessivo che isola e divide persone e luoghi. È tempo di pandemia, Vincenzo e Vincenzino sono la stessa persona, prima piccola e poi cresciuta, si guardano allo specchio e si sdoppiano raccontandosi attraverso quelle foto. Così comincia “La vita di lunedì. Di sogni e di altre quisquiglie”, di Francesca Vitelli. Edito da “Ilmondodisuk”, pagine 208, euro 15.
L’originalità del racconto sta innanzitutto nel fatto che il protagonista interagisce con sé stesso, un confronto a bocca chiusa, pieno di trascorsi, una vita indietro densa di significati, guardati con gli occhi di chi aveva poco ma si sentiva riempito.
E sullo sfondo la città di Napoli, un coacervo di culture, dove già ci trovavi dentro agiatezza e povertà, bellezze rare e oscenità, sogni e brutti risvegli, bianco e nero, campagna e mare. Tuttonello stesso tempo, a volte in uno stesso frangente.
Il tempo tracciato dalle foto scorre, affiorano i ricordi di quanto si stava in tanti in una sola stanza o poco più, se non in un tugurio o poco meno, dove i pantaloni del fratello più grande ne passavano il vestiario, man mano che il fratello più piccolo raggiungeva taglia ed età.  Una maniera economica e naturaledi accompagnarne la crescita comune, in una nuova personalizzazione di sviluppo.
Si voleva crescere in fretta, prendere a morsi il mondo, trovare una strada per essere e vivere.
L’autrice ne racconta il dialogo sempre più fitto, con cura e luce di particolari, con un linguaggio che scorre leggero e che non disdegna qualche punta di inflessione dialettale che calza a pennello nel cammino discorsivo del racconto.


Il contrasto tra Vincenzo e Vincenzino è stridente, si snocciola evidenziando due mondi paralleli, quello quasi depressivo, di Vincenzo, figlio di questo tempo storico senza più punti di riferimento, e l’altro di respiro a vita piena, di Vincenzino, entusiasmante, fatto di piccoli gesti che quella vita la riempivano di bellezza sparsa.
L’impostazione ordinata e il crescendo di lettura delle due vicende storiche messe allo specchio da Francesca Vitelli, segnano il principale tratto di originalità di questo libro. Una novità semplice quanto rivoluzionaria, un racconto sdoppiato, dove le parole dell’unico soggetto raccontato si sovrappongono, permettendo al lettore di rivedersi con l’uno ma anche con l’altro, di sentirsi grande ma anche bambino, di rivivere tempi felici e nuove ansie sociali, in un tutt’uno.
Nelle parole dell’autrice è onnipresente la cornice di una città mediterranea, ricca di contrasti, musa ispiratrice di vita, Napoli attraversata dalle guerre, per poi legittimarsi a partire dagli anni ’60 e fino ai nostri giorni, un po’ acciaccata ma brulicante di turisti, di volti e di colori, che si specchia nel suo teatro naturale, il suolo calpestato da Partenope. Qui, un richiamo a una forte rappresentazione poetica su Napoli è quello di Eduardo, suo figlio illustre che ebbe così a dire: Napule è ‘nu paese curioso: è ‘nu teatro antico, sempre apierto. Ce nasce gente ca senza cuncierto scenne p’ ‘e strate e sape recita’. Di cui la scrittrice sembra introiettare appieno il linguaggio aureo, pieno di filosofia e di vita, che trasmette poi nelle sue stesse parole, quelle che rimarcano l’ampiezza del personaggio e degli interpreti di questo libro.
Francesca Vitelli centra un punto fondamentale, un libro che nasce sotto il Vesuvio, come il suo, deve mettere sullo stesso piano interpreti e luogo, facce e città, Napoli sullo stesso piano di chi viene raccontato. Un punto di forza che elabora e tesse con nobile scrittura. Non facile e non alla portata di tutti, ma che lei fa con sagacia, ritmo e misura.
Bene ha fatto la casa editrice (Ilmondodisuk) a puntare su questo testo, perché è un libro piacevole, ben fatto, che suggerisce un concetto semplice quanto fondamentale, apprezzare la vita in ogni sua fase, viverla in modo pieno e accogliente, con un percorso in crescendo ma senza affanni.
Un altro importante tassello messo a segno da Donatella Gallone, un ulteriore valore aggiunto a un modo di raccontare diverso, di fare editoria alternativa alle convenzioni culturali dominanti, fatta di autori veri, senza reti di rappresentanza, ma figli solo di passioni, talenti in libertà, verità narrative.
Ai presunti grandi qui viene messo a disposizione spazio a nuove penne che possono far fede solo sui propri mezzi per sognare, offrendo loro una possibilità concreta di visibilità e di arrivare all’attenzione dei lettori. È poco? No, è tanto ed è bello.
L’appuntamento per la prima presentazione pubblica del libro è per  domani ercoledì 14 dicembre 2022, alle 18 al bistrot e caffè letterario “Il tempo del vino e delle rose”, di Piazza Dante, 44 – Napoli.
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Nelle foto, oltre la copertina, due delle cartoline in bianco e nero che raffigurano Napoli com’era, presenti nel volume, come testimonianze del tempo che scorre




L’AUTRICE
Francesca Vitelli nasce a Napoli nel 1968, si laurea in Scienze Politiche e sceglie la libera professione di consulente strategica per enti pubblici, imprese e associazioni del Terzo settore. Per il suo quarto compleanno la madrina le regala una Primavera, una macchina da scrivere arancione fiammante, ed è amore a prima vista. Scrivere è la sua passione, farlo con ironia, un talento. Ha pubblicato saggi economici e racconti. Nel 2021 crea la rubrica #ledisobbedienti per la testata ilmondodisuk.com in cui recensisce le novità editoriali dedicate a storie di donne che hanno infranto le regole sociali della loro epoca aprendo nuove strade. Incontra persone, viaggia, ascolta, osserva, legge e nella sua mente prendono corpo visioni che finiscono sulla carta.

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