Le disobbedienti/ Scienziate visionarie: da Donella Meadows a Wangari Muta Maathai, donne che adottano strategie di sopravvivenza. In un ambiente ostile

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«Le abbiamo conosciute e svelate come scienziate caparbie, zattere nel mare del pensare comune, ostinatamente in movimento in direzione contraria. E immaginando di viaggiare con loro tra secoli, discriminazione e passione, è nato questo libro» si legge tra le prime righe dell’introduzione di “Scienziate visionarie. 10 storie di impegno per l’ambiente e la salute» scritto da Cristina Mangia e Sabrina Presto e da poco pubblicato da edizioni Dedalo.
Due scienziate ne raccontano altre, le autrici sono entrambe ricercatrici del CNR, una presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima e l’altra presso l’Istituto di Chimica della Materia Condensata e di Tecnologie per l’Energia, entrambe nel direttivo dell’associazione Donne e Scienza.
Il loro testo, che trasuda competenza e passione, è l’invito a conoscere il lavoro e la vita di donne che hanno contribuito, pagando il prezzo di scelte contro corrente, non solo al progresso della conoscenza scientifica ma anche a un cambio di paradigma nella visione della scienza.
Diverse tra loro hanno insistito sulla necessità di un approccio multidisciplinare e sistemico, in cui anche la componente umana dei sentimenti e le aspettative giocano un ruolo importante, in luogo di uno monotematico e monodimensionale.
Come non amarle? In loro ritrovo tutta me stessa e le battaglie di una vita: la necessità di sollevare domande e ricercare risposte attraverso una analisi di scenario complesso in cui sono ricomprese discipline distinte come le scienze naturali, fisiche e chimiche e quelle sociali, la storia, l’economia, il diritto e anche quegli studi che ancora non hanno raggiunto lo status di discipline riconosciute ma forniscono informazioni, suggerimenti ed evidenze di grande utilità.
Donella Meadows, Alice Hamilton, Sara Josephine Baker, Alice Stewart, Katsuko Saruhashi, Rachel Carson, Beverly Paigen, Lyn Margulis e Wangari Muta Maathai in epoche diverse e a latitudini differenti hanno sostenuto le loro idee sfidando lo status quo accademico e il mondo scientifico maschile che le derideva, sminuiva e ostacolava.
Tutte loro sono state pioniere non solo nelle carriere che hanno scelto ma anche per il modo in cui hanno interpretato e vissuto il lavoro: oltre il laboratorio la vita reale fatta di persone che si ammalano in luoghi di lavoro malsani e mortiferi o in località devastate dall’inquinamento ambientale, fatta di studio paziente per comprendere come sconfiggere la mortalità infantile avviando campagne di informazione sull’importanza dell’igiene con cui vengono allevati i bambini.
Sono donne che vanno oltre le logiche di ricerca di laboratorio facendo indagini sul campo, ascoltando sintomi e mappando comportamenti, abitudini e caratteristiche ricorrenti senza lasciarsi abbattere dalle critiche dei colleghi che bollano i loro metodi come “non scientifici”.
Ognuna adotta strategie di sopravvivenza in un ambiente ostile optando per scelte che risultino vincenti non solo per loro stesse ma anche per le altre, Baker nel 1915 accetta di tenere lezioni di Igiene nel nuovo corso di dottorato in Public Health presso la New York University solo se le faranno frequentare il corso per ottenere il titolo e lo apriranno alle donne fino a quel momento escluse, Stewart dichiara in un’intervista: «Se fossi stata un uomo avrei cambiato subito lavoro: il salario era troppo basso, le prospettive pessime. Come donna ho avuto modo di scivolare attraverso le fessure, ed eccomi qui, come una goccia d’acqua. Dal momento che nessuno mi ha presa sul serio, sono stata lasciata libera di seguire la mia strada…e andare molto lontano».
Quante di noi sono campionesse di scivolamento nelle fessure? Molte, troppe. Tutte le scienziate raccontate trovano il tempo per lavorare alacremente, studiare, fare ricerca sul campo, fondare associazioni e istituire fondazioni, dedicare tempo alla famiglia crescendo figli, partecipare a incontri, seminari, convegni e conferenze per condividere una visione affinché questa diventi patrimonio comune per la tutela della salute delle persone, degli esseri senzienti e del pianeta.
Tra le scienziate raccontate ce ne è una, Rachel Carson, che occupa un posto speciale tra le donne che compongono  il mio universo di modelli di ispirazione, co lei condivido la rabbia profonda e feroce nei confronti della stoltezza umana che, con arroganza e protervia, distrugge e utilizza ogni singola forma di vita del pianeta secondo i propri interessi, anche quelli più insulsi, senza mai provare rispetto, considerazione e meraviglia per una natura che non sempre è capace di autoguarirsi dalle ferite inferte e mai può essere in grado di ridare vita agli animali sacrificati per interesse o semplice crudeltà.
I suoi studi sugli effetti letali del DDT e i pesticidi hanno salvato vite umane e risparmiato sofferenze dimostrando l’inutilità, oltre che la dannosità, di determinate scelte.
Figlia di agronomo ho sempre frequentato aziende agricole crescendo con l’insegnamento della lotta biologica integrata, i metodi di concimazione naturale e l’importanza della presenza di animali antagonisti. Del suo pensiero condivido, inoltre, la passione per la letteratura e quando leggo del suo ammirato stupore e incantamento per la perfezione delle leggi che regolano una natura mai uguale a sé stessa e sempre fonte di gioia mi vengono in mente le pagine scritte da Mary Wollstonecraft e da sua figlia Mary Shelley in cui compaiono ambientazioni dettagliate che testimoniano uno slancio appassionato che va ben oltre il Romanticismo di maniera.
Tutte le scienziate di cui leggiamo, quelle presentate e le autrici, ci restituiscono un’immagine della scienza come di un’avventura appassionante in cui oltre il cervello c’è anche spazio per il cuore, una scienza dove tutti siamo connessi e importanti per contribuire allo sviluppo della conoscenza in una relazione che abbatte la separazione tra la torre eburnea degli scienziati chiusi nei loro spazi asettici e il resto dell’Umanità osservata come inconsapevole comunità di cavie.
Di Lynn Margulis apprezzo molto gli studi sull’osservazione dei modelli cooperativistici e simbiotici in natura e il loro studio comparato con quelli di tipo competitivo, la neurobiologia vegetale mostra tutta la limitatezza della conoscenza comune sul mondo vegetale che percepisce le piante come forme di vita passive, disorganizzate e immobili: niente di più lontano dalla verità!
Nelle mie lezioni di economia e gestione aziendale paragono spesso i paradigmi organizzativi del mondo vegetale a quelli di macro e micro economia, se imparassimo dalle piante saremmo tanto più avanti!
Cosa fare, dunque, con questo libro? Leggerlo, assimilarlo, e divulgarlo il più possibile. La mia copia è piena zeppa di sottolineature, annotazioni, rimandi e asterischi.
Le autrici scrivono: «Per questo abbiamo voluto raccontare, dall’interno, esperienze di scienziate nelle quali poterci rispecchiare, per non sentirci sole». La solitudine di chi fa fatica a dialogare, su un piano paritario, diffondendo idee, visioni e intuizioni sulle quali costruire insieme una società in cui valori come il rispetto, il riconoscimento del merito, la valorizzazione del talento vadano di pari passo con il benessere comune e la tutela dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi che popolano un pianeta che non ha risorse illimitate e non è un giocattolo in appannaggio esclusivo di una parte di creature che si arroga il diritto di disporne a suo piacimento perché auto riconosciutasi “superiore” alle altre.
La scienza non è solo numeri, provette e tecnologia è anche empatia, compassione, ascolto e senso del limite. Per alcuni la scienza è una ubriacatura di onnipotenza per altri una lezione di umiltà. Tutte le scienziate che incontriamo tra le pagine condividono la stessa visionarietà: una scienza che ci renda migliori come persone, come esseri umani, e non si limiti a migliorare la nostra qualità della vita assecondando una perversa concezione di progresso.
Il progresso non è crescita a dismisura e senza limiti, è altro. Abbiamo bisogno di visionari e visionarie, di innovatori e innovatrici che con coraggio e tenacia coltivano visioni di un mondo da costruire, senza di loro saremmo ancora a brancolare nelle caverne coperti di mantelli irsuti a maneggiare clave. Grazie ragazze.
©Riproduzione riservata
IL LIBRO
Cristina Mangia e Sabrina Presto
Scienziate visionarie. 10 storie di impegno per l’ambiente e la salute, edizioni Dedalo
Pagine 155
euro 17

 A proposito di biografie di mediche citate nel libro tra #ledisobbedienti:

e di altre mediche:

https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-mulieres-salernitanae-limpegno-di-donne-mediche-che-curarono-imperatori-e-papi-dal-ix-al-xiii-secolo/https://www.ilmondodisuk.com/le-disobbedienti-erika-maderna-alla-scoperta-delle-medichesse-quelle-donne-arse-sul-rogo-per-le-loro-conoscenze/

a proposito di biografie di scienziate tra #ledisobbedienti:

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