Da non perdere stasera, mercoledì 8 agosto,  alle 21, 30  per la rassegna estiva partenopea “Classico contemporaneo” organizzata da Mirko Di Martino e Gianmarco Cesario nel chiostro del convento di san Domenico Maggiore, “Cyrano station”. Testi di Edmond Rostand, Reiner Maria Rilke, William Shakespeare, Luigi Pirandello, Nicolaj Gogol, Carlo Collodi, Roberto Ingenito. Con Alessandro Balletta, Fortuna Liguori, Gaetano Migliacci. Regia di Roberto Ingenito per una produzione LiberaImago.
L’amore vive tra i versi dei poeti. Sui guanciali del loro risveglio. Nei pensieri che accompagnano al crepuscolo. E se l’amore fosse la mera invenzione di un dio beffardo, un bluff, un modo per riempire pagine di libri, appesantire tavole di palcoscenico, giustificare torbidi di stomaco. Se fosse solo “parola”, o molto più semplicemente menzogna?
Un viaggio, con tanto di fermate tra romantiche note di frequenze radiofoniche, e un arrivo verso un inesorabile capolinea. Virtuosi della parola, dall’inchiostro sopraffino, duelleranno in singolar tenzone a colpi di puntuta stilografica. Rilke e Rostand… e  poi il bardo, declamato per errore o forse per amore. E ancora i turbamenti di Vitangelo Moscarda, di Kovalèv e Pinocchio. E poi la figura storica di Savinien Cyrano de Bergeracn uno dei più estrosi scrittori del seicento francese  (cui si ispirò Rostand), testimone di un amore impossibile ma terribilmente reale, emblema letterario della menzogna, ma anche rivelatore di verità.

Roberto Azzurro| ilmondodisuk.com
Qui sopra, Roberto Azzurro. In alto, un momento di “Cyrano station”

Domani sera, giovedì 9 agosto, alla stessa ora, Orfeo. Piombato giù, originale riscrittura di Cristian Izzo da Rilke, Nietzsche, Pavese, Savinio, spettacolo diretto e interpretato da Roberto Azzurro.
Il pastore che insegue la Luna e della Luna si trova a ragionare, diviene Leopardi stesso, poeta. Così che l’attore che entra sulla scena per caso, come al mondo si viene per caso, s’accorge di non poter più uscire. S’accorge che tutto è scena. Così le sue parole, il suo manoscritto, si identifica con i fogli che egli trova già sulla scena: è egli entrato in scena per portare, o per prendere? Sì è egli voltato e tutto è sparito? O nulla è stato mai?
Così le parole di Rilke, di Pavese, di Savinio e le altre, non hanno più autore; il poeta non può che lasciarsi strappar via da questo fiume di parole, il fiume Ebbro in cui fu gettata la testa d’Orfeo; non può che lasciarsi fare a pezzi dalle Baccanti, perché si compia il volere di Dioniso. Piombare giù nel fiume: questo fanno i poeti.
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