Il Museo archeologico nazionale di Napoli è l’enorme, ricchissimo, fantastico scrigno di quell’arte che è all’origine della civilt  artistica europea (e non solo). Peccato che qui si sia in pochi a saperlo. Un marted, che ne è il giorno di chiusura, ho un appuntamento con il suo nuovo direttore, Paolo Giulierini. Vado. Le porte del museo sono chiuse. Ma c’è un uomo che viene dalla mia parte. Domando. Mi accompagna. Lavorava alla sovrintendenza archeologica, che ora, con la riforma del Ministro della Cultura Franceschini, è stata soppressa e «non so bene che cosa farò» mi dice, lui preferirebbe lavorare al Museo con Giulierini. Per incontrare il direttore, attraversiamo i locali, all’apparenza piuttosto trascurati, della ex sovrintendenza, che si trova all’interno dell’edificio del museo. Negli ultimi decenni non si è avuta molta cura di questo edificio, tanto che, in occasione del G7 del 1994, ne fu ridipinta soltanto la facciata principale. Quella laterale, che non sarebbe stata alla vista dai Grandi della terra, rimase grigia, annerita dallo smog. Eppure è un edificio bello, grande e ha una sua storia.
Le collezioni borboniche
Costruito nel Cinquecento come caserma di cavalleria, divenne, nel secolo seguente, sede dell’Universit  degli Studi e infine, nel Settecento, museo, ovvero fu il luogo dove i re Borbone vollero albergare le loro collezioni e quei reperti che, dal 1738, venivano estratti dalle macerie delle eruzioni vesuviane del ’79 d. C. e insegnarono al mondo che cos’è l’arte della Magna Grecia. Forse il mondo non la comprese appieno e pensarono a un classicismo che poi, redivivo, poco dopo si sarebbe realizzato, simbolo degli ideali giacobini e del Potere napoleonico. D’altronde molte delle sculture marmoree che, durante il governo di Roma, erano state sistemate all’aperto nei luoghi pubblici suggeriscono appunto un classicismo di tipo greco-romano, con la loro gr vitas, imponente espressione della Legge e del Potere. Le sculture in bronzo, invece, e le pitture soprattutto, che, generalmente, adornavano le abitazioni, testimoniano, nell’ambito della vita privata, l’esistenza di quell’ "ellenismo perenne” (John Ruskin), espressione di una più ricca umanit  e, molte volte, di una ritmica, pitagorica bellezza. Poi, negli anni Cinquanta del Novecento, le opere d’arte più moderne furono trasferite nella reggia di Capodimonte, quasi stabilendo una frattura storica con quelle antiche rimaste al Museo Archeologico. Ma il Mann, posto al centro storico di Napoli, che è Patrimonio dell’Umanit  Unesco in quanto museo a cielo aperto, è parte viva ed essenziale di questa citt  che ha la più lunga continuit  storica dell’Occidente. Il Mann ne racconta le origini e ne chiarisce e illustra l’identit .
Il rilancio parte dal rapporto con la citt 
Paolo Giulierini, toscano di Cortona, certo non ha l’aria di un pezzo da museo, è una persona vivace, che comunica una grande simpatia. Ha modi semplici, spontanei, il facile sorriso, grandi occhi luminosi, che al momento sono arrossati e dimostrano una lunga veglia. «S, ho dormito poco- mi dice- stanotte ho dovuto scrivere il bilancio». La figura agile e snella, l’espressione fervida e attenta, lo fanno sembrare, a tutta prima, un ragazzo molto giovane, tanto che vien da pensare che abbia più anni di quanti ne dimostra. Gentile senza essere affettato, d  prova di un’intelligenza pronta e di una cultura profonda. Mi accorgerò, poi, che risulta simpatico anche al personale, che tratta con lui in una sorta di rispettosa confidenza. Non d  soggezione ma incute rispetto. A pochi è concesso avere un simile carisma. Ora ha da poco terminato un colloquio e lo sollecitano per un altro. Quindi vengo subito al dunque.
Quali sono i suoi intenti per il rilancio del museo? «Curare i rapporti con la Citt  e con le Istituzioni e migliorare i servizi di base» mi dice. Come i bagni? «S, che devono essere rifatti», mi risponde. Poi vi sar  un nuovo allestimento delle opere museali e sar  dato ampio spazio all’esposizione delle pitture. Ricordo come, invece, queste siano state, per anni, vietate ai visitatori, con grande delusione soprattutto di quelli venuti da lontano apposta per vederle.
La rivoluzione digitale
Giulierini mi dice che l’ala del palazzo ora in disuso sar  riattivata, per aumentare il numero delle sale espositive e per alloggiarvi una caffetteria e un ristorante. Un lavoro che durer  almeno un paio di anni e quindi, nel frattempo, ripiegher  sulla più modesta soluzione di un piccolo posto di ristoro. Pensa al museo come un luogo dove trascorrere ore piacevoli.
Dal 15 marzo, vi sar  la riapertura dei giardini storici varr  la pena passeggiarvi, gustarne l’atmosfera, riflettere sulla bellezza che ci circonda. Per facilitare la visita delle sale, vi saranno più chiare didascalie e l’uso della “realt  aumentata”, un accessorio tecnologico, presentato giorni addietro dal suo curatore, il professore Ludovico Solima. Consiste nell’adozione di mezzi digitali che guidino i visitatori e gli diano le informazioni che richiedono, per esempio dotandoli di lenti capaci di mostrare il luogo dove l’oggetto è stato trovato o di far vedere completa una statua monca. Un’iniziativa modernizzatrice che potr  piacere molto ai giovani e agli stranieri.
Sfilate di moda nei giardini
Il direttore, infatti, è consapevole della necessit  di adeguare i mezzi di comunicazione ai visitatori cinesi, indiani o guatemaltechi, che certo non hanno la nostra cultura e quindi il nostro tipo di comprensione. Nel frattempo, io penso alla modernit  straordinaria degli affreschi del museo, dove vi è finanche la testimonianza della emancipazione femminile nella rappresentazione della donna che scrive, di quella che dipinge e della sacerdotessa. Un motivo per fare qualche iniziativa che attragga le femministe, mentre le donne comuni saranno più interessate alle sfilate di moda che si potranno tenere nei giardini.
Il 15 marzo, mi annuncia il direttore, oltre la riapertura dei giardini storici, si inaugurer , nel magnifico salone della Meridiana, la mostra “Mito e Natura”, gi  presentata a Milano. Ma gi  l’8 marzo, vi sar  al museo una manifestazione del Fai. Poi, il 19 e il 20 marzo si potr  visitare Sing Sing, ci i locali del sottotetto, dove sono conservati una quantit  di reperti, molto interessanti e anche misteriosi. Il 7 ottobre, poi, vi sar  la tanto attesa riapertura, dopo decenni, del museo Egizio, che, secondo per importanza in Italia, segue a ruota quello di Torino, dove andr  una mostra, da Napoli, dei Misteri isiaci. Il 13 dicembre, poi, si potr  visitare la Stamperia Borbonica. E ancora mostre sono previste a Tokyo, Toronto e New York, mostre che diffonderanno la conoscenza della nostra arte e del Mann nel mondo. A tal fine sar  rinnovato il sito del museo e sar  creato un nuovo logo. L’identit  deve essere ben chiaramente definita per poter essere efficacemente divulgata.
Ma qual è l’identit  del museo archeologico di una Napoli capitale, citt  nata dal mare, citt  femmina, dolorante e allegra, vecchia e giovanissima, sognante e carnale, mitica e misteriosa, scanzonata e appassionata …?

Per saperne di più
cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale

Nelle foto, in alto, la facciata esterna del Mann. In basso, da sinistra, il direttore Paolo Giulierini, uno scorcio dell’interno del Museo e la sala del gruppo Farnese in occasione della mostra"Landscapes of memory" di Christian Leperino

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