È Taranto lo scenario scelto da Ghizzardi e Guastella per un racconto preciso sulla città criminale. Sono molti gli omicidi che investono le terre di quegli anni, circa centosessanta, numero che avvicina la terra Tarantina alla camorra campana, alla ndrangheta calabrese o alla Sicilia di Cosa nostra.
I protagonisti principali delle vicende sono i fratelli Modeo. Antonio, Gianfranco, Riccardo e Claudio, sono infatti i protagonisti di una faida, che li vede persino combattere tra loro. Sullo sfondo una Taranto vittima del IV centro siderurgico, combattuta tra la necessità occupazionale e la tutela ambientale.
A farla da padrone è l’immagine che gli autori restituiscono, la scia sanguinosa, non si ferma solo alla famiglia Modeo, ma arriva fino alle istituzioni pubbliche capaci di piegare le leggi ai propri voleri. Una fotografia agghiacciante che ben si presta ad un saggio capace di ingolosire gli amanti del genere.
Nella sua seconda versione, il testo di Ghizzardi e Guastella, pone stavolta maggiore attenzione al connubio tra vicende giudiziarie e la problematica ambientale. La nuova versione, inoltre, prevede un’interessante intervista all’ultimo dei Modeo.  
Gianfranco, ormai uomo libero, vive in una località segreta insieme a sua moglie, regalando una serie di dettagli e racconti piuttosto interessanti sulle vicende che hanno riguardato la malavita tarantina di quegli anni.
Collegata alla figura di Gianfranco, gli autori ben raccontano il fenomeno del cosiddetto “pentitismo”. Qui, la voglia di collaborare mette nero su bianco la moltitudine di vite spezzate: è il caso di Giovanni Orlando, Paolo de Vitis detto U melonaro, Cosima Ceci, fino a raggiungere corpi innocenti, talvolta persino bambini. Una scia di sangue che sgorga nel rione Tamburi e che racconta una storia agghiacciante dove la morte è dietro l’angolo e non scende a patti.
Nel saggio Taranto tra pistole e ciminiere. Ieri e oggi (editore i libri di Icaro) ben chiaro è il passaggio quindi, da una delinquenza spicciola ad orizzonti che gli autori definiscono criminogeni.
Non manca il racconto sull’Italsider, polo siderurgico che sorge nel 1960 e che se da un lato favorisce il fronte occupazionale, dall’altro si fa portavoce anch’esso di morte e miseria.
I danni ambientali, divengono quindi di grande portata, fino alla domanda essenziale: può l’esigenza occupazionale essere più importante della tutela all’ambiente e della salute dei cittadini tarantini? Interrogativo lasciato incompiuto per anni, e che trova riscontro nelle numerose rimostranze che egregiamente gli autori hanno raccolto nel loro saggio.
Un libro, quindi, che ripercorre le gesta della malavita e che al tempo stesso tende lo sguardo all’affranta problematica ambientale, che tutt’oggi sembra affliggere la terra dei due mari. (Miriana Kuntz)

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