L’ex ministro degli esteri – Luigi Di Maio – è in predicato per un ruolo istituzionale, per conto della Ue, come inviato per il gas nel Golfo Persico. La notizia in sé potrebbe anche essere una “non notizia”, qualcosa da lasciar passare inosservata, ma le considerazioni sull’eventuale nuovo impiego dell’ex deputato si prestano a più diaframmi argomentativi.
Il soggetto in questione, prima di diventare deputato e poi ministro, era socio al 50% di una srl, denominata Ardima, con sede in Pomigliano D’Arco, registrata nell’aprile del 2012, avente ad oggetto sociale la “costruzione di edifici residenziali e non residenziali”.
Una società che non ha mai avuto dipendenti, in liquidazione, con un fatturato di meno di 20 mila euro (2021). Iscrittosi a due facoltà universitarie senza mai completare i relativi cicli di studi, e tentativi vari di affermarsi nel mondo del lavoro.
È un mancato laureato, è un mancato giornalista-pubblicista, è una mancata partita IVA, è un mancato web marketing e social media marketing.
Poi, nel 2013 diventa parlamentare. Dopo due legislature, ad un passo dal diventare Presidente del Consiglio e dopo aver lasciato la compagine politica con cui era nato, è stato bocciato alle elezioni politiche del 2022, tanto da non entrare più in Parlamento.
Allora, in questo paese chiunque può far tutto senza saper fare niente!
Niente contro l’uomo ma percorso formativo e storia politica parlano chiaro.
Un messaggio devastante per le nuove generazioni, rispetto a tanti giovani che per aver fortuna vanno (emigrano) all’estero perché offesi in patria, per tutti quelli che studiano, con sacrifici propri e delle famiglie, costretti a vedersi riconoscere, nella migliore delle ipotesi, paghe da fame, se non addirittura non vedersi mai inseriti in un ciclo lavorativo degno di questo nome (specialmente al Sud).
L’Italia non può e non deve essere rappresentata da una persona, pur onesta e perbene, che non ha alcun titolo per poter aspirare a tale incarico, nessuna competenza di merito per “trattare”, in nome di uno Stato e per conto dell’intera Europa, questioni di sicurezza globale.
Sicurezza energetica, cambiamento climatico, digitalizzazione e transizione verde, sono questi i maggiori problemi di cui dovrebbe occuparsi un “incaricato” per conto di istituzioni sovranazionali, questo nuovo scenario geopolitico, determinato dalla guerra russo-ucraina, creerà nuove alleanze internazionali per l’approvvigionamento energetico. Con buona probabilità le future relazioni diplomatiche dei prossimi anni dovranno concentrarsi su una ripresa dei colloqui tra UE e Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), su temi di iniziative economiche e sociali.
Tutto questo non sembrerebbe essere alla portata culturale e politica di un ex ministro che non ha brillato per chissà quali doti particolari, nel suo paese. Bocciato in Italia e promosso all’estero.
Ma che posto del mondo è questo? Basta con la salvaguardia del proprio reddito personale con soldi pubblici, senza un valore aggiunto per la collettività, senza una competenza specifica e settoriale per ciò di cui ci si dovrebbe occupare, basta farsi nominare per funzioni generali strategiche senza alcun riconoscimento oggettivo.
Una sola persona ha espresso parole di elogio per l’operato dell’ex ministro Luigi Di Maio, l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, quello che plaude alla Ue per aver creato un Fondo europeo intergovernativo per finanziare le spese militari di uno Stato in guerra. Tradotto, significa che i singoli Stati europei hanno già sborsato circa 3 miliardi di euro per comprare armi all’Ucraina, oltre ad altri 6 miliardi già spesi direttamente dal bilancio europeo.
Un soggetto che giudica positivamente l’indebitamento dei paesi appartenenti alla Ue e della stessa Ue per comprare armi. Cioè per finanziare guerre, insomma un guerrafondaio. Mentre in Italia famiglie e imprese sono piegate dal caro energia che sta strangolando l’economia del Belpaese.  
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In copertina, il Parlamento europeo, foto di Erich Westendarp da Pixaba

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