Ecco la quinta puntata puntata del nuovo racconto di Francesco Divenuto, “Assemblea straordinaria al College”. Il rettore raduna professori, allievi e anche i loro genitori nell’aula magna in seguito a un fatto gravissimo: due allievi sono stati aggrediti di notte nel parco. Sembra, alla fine, però, che  nessun estraneo si sia introdotto all’interno e che l’aggressione si sia svolta tutta nella “famiglia” del college, senza  estranei. Nel dibattito acceso, si profila l’ipotesi che forse i ragazzi facessero uso di droghe… Poi sopraggiunge una nuova idea…
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane).
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, Variazioni Goldberg, Il bar di zio Peppe, Carmen e il professore, Il flacone verde (o Pietà per George), Lido d’Amore, Frinire, Primo novembre, Due di noi, Il trio, Quattro camere e servizi, Mai di domenica, Cirù e Ritù, Una notte in corsia, Gennaro cerca lavoro (il peccato originale)”, “Fine stagione”.
QUINTA E ULTIMA PUNTATA
Se stavano parlando, raccontandosi della loro vita e delle loro aspettative future
e allora la violenza con la quale sono stati investiti non ha alcuna spiegazione anche se conseguenza di una discussione tramutatasi, poi, in litigata. Sapere ascoltare e rispettare le opinioni degli altri è la base di ogni convivenza civile.
Ma io sono certo, invece, -mi riferisco alla seconda ipotesi- che qualcuno fra noi pensa che fossero in effusioni diciamo intime e che, quindi, l’assalto in qualche modo, possa essere giustificato. Bene, ammettiamo pure che i due ragazzi si fossero appartati per vivere una loro storia d’amore.
A queste parole un brusio serpeggia nell’aula.
– Professore Borney, la prego, non può esprimersi in questi termini;
i suoi sono giudizi affrettati, non alimentiamo conclusioni che non hanno nessun riscontro.
– Signor Rettore, colleghi, signori, ascoltatemi per favore. Sì ho detto amore, non abbiate paura delle parole. La mia tristezza, il mio rammarico è quello di non aver saputo insegnare a quegli allievi che li hanno assaliti che cosa sia la tolleranza, il rispetto degli altri, il rispetto dei sentimenti degli altri. Nessun sentimento può essere oggetto di discriminazione, scherno, o, peggio, violenza; nessuno. Tutti hanno il diritto di cercare la propria felicità nei modi che a loro sembrano giusti.
– Ma per favore signor Rettore intervenga; lei non può tacere. Esistono leggi di natura che vanno rispettate; non possiamo capovolgere tutto a nostro piacimento.
Ma nell’imbarazzo generale, il rettore tace lasciando che il professore continui la sua arringa; forse lui stesso, pensa, non avrebbe saputo con parole migliori perorare la causa dei due ragazzi.
– Mi ascolti signor Farrel. Lei parla di natura ma non esiste un testo scritto, una volta per sempre, al quale gli uomini si debbono attenere. La natura siamo noi, anche con le nostre paure e i nostri dubbi. Siamo noi che, nel corso dei secoli, interpretiamo quelle che sembrano leggi immutabili e che, invece, ci appaiono diverse progredendo nelle nostre conoscenze. Quando qualcuno ha ipotizzato che la terra non fosse al centro dell’universo, è stato accusato di andare contro natura.
Anche la schiavitù che molti paesi occidentali hanno, fino a non molti anni fa, praticato contro intere popolazioni, è stata letta come la naturale supremazia di alcuni uomini su altri; il solo colore della pelle o diversi costumi, sono stati interpretati come segni non di una diversa civiltà ma come l’appartenenza a riti ed abitudini sociali che andavano repressi e combattuti. Quanti misfatti compiuti in nome di una presunta supremazia civile o religiosa. Anche in tempi più vicini a noi. In molti paesi sembra naturale che ogni uomo possa avere più mogli mentre nel civile mondo occidentale ancora qualcuno pensa che il ruolo naturale della donna sia soltanto quello di moglie e madre per non parlare delle battaglie che i ceti sociali più umili hanno dovuto fare ascoltare la loro voce, per ottenere il diritto di far valere, con il voto, le loro opinioni in materie che sembravano essere competenza soltanto degli uomini appartenenti alle classe dei nobili; e ancora oggi quante battaglie portate avanti con il pretesto di esportare la nostra idea di democrazia; noi rifiutiamo tutto quello che non comprendiamo senza alcun rispetto per gli altri…
– Ma professore, non confondiamo le questioni; quello che lei dice non ha nessun rapporto con quello che è successo fra i due ragazzi nel parco e che noi, come genitori, abbiamo il diritto di sapere.
– Scusate, un momento per favore, ascoltate: io penso che semmai solo le famiglie dei due ragazzi dovrebbero volerlo sapere, non le sembra signore?
Tutti si voltano verso il ragazzo che ha parlato. È un giovane, alto, con un fisico atletico ma quello che colpisce è il suo braccio, tenuto da una fascia, e alcuni vistosi cerotti sul viso.
– Sì, sono uno dei due ragazzi assaliti, l’altra notte, nel parco. Mi costa molto essere qui con voi perché ancora non sono perfettamente guarito ma soprattutto perché vorrei essere in ospedale accanto a Nick.
Voi volete sapere come si sono svolti i fatti; potrei dire che si è trattato di un atto di bullismo. Una dimostrazione di insofferenza. Forse lo sarà stato in un primo momento. Alcuni allievi degli ultimi anni ci hanno assaliti prima ingiuriandoci e prendendoci in giro, poi hanno cominciato a spintonarci. Nick si è difeso ed allora uno gli ha sferrato un pugno facendolo cadere e poi tutti lo hanno preso a calci mentre io cercavo di fermarli; ho gridato ma mi hanno tappato la bocca storcendomi il braccio.
Quando hanno smesso ridevano e continuavano a sputarci addosso. Io mi sono inginocchiato e ho cercato di sollevare Nick; ho visto che non si muoveva; allora ho ripreso a gridare e piangevo chiedendo che mi aiutassero ma…-qui il ragazzo si ferma preso da un pianto che gli rompe la voce-…non mi hanno ascoltato e sono scappati via verso i dormitori.
Mi sono disteso, a terra, vicino a Nick lo accarezzavo, gli parlavo nella speranza che mi sentisse. Poi ho avuto freddo; credo di essere svenuto. Devo correggere quello che qualcuno ha detto precedentemente; non sono riuscito a chiamare nessuno. Siamo rimasti, li per terra, non saprei dire quanto tempo; a un certo punto ho sentito qualcuno che parlava e che mi  prendeva in braccio. Non ricordo altro; mi sono svegliato in ospedale.
Un silenzio carico di tensione accoglie la parole del giovane; qualche amico gli si affianca cercando di confortarlo.
– Mi dispiace molto per lei e per il suo compagno, giovanotto, ma lei non ci ha detto perché vi prendevano in giro; che cosa stavate facendo lei e Nick nel parco a quell’ora?
– No, no! con un urlo il professore  Borney si alza di scatto dal suo posto. Questo è troppo, non lo posso permettere. La smetta con queste domande. Le ho già detto che niente può giustificare un atto di violenza, ma lei insiste. A questo punto temo che abbia ragione l’allievo che l’ha accusato di essere solo un morboso.
– Ma come si permette…
– Mi lasci ancora dire.
La violenza che hanno subito i due ragazzi non è stata soltanto una violenza fisica. I giovani a quella età fanno fatica a trovare la propria identità, sperimentano nuove situazioni, nuovi sentimenti; ed a volte la ricerca è dolorosa.
Con questo stupido pestaggio quei vigliacchi, che sono fra noi e che ancora non hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto, potrebbero aver compromesso per sempre questo loro cammino verso la consapevolezza e l’accettazione di sé stessi. Il danno psicologico provocato potrebbe essere irrimediabile. Il dubbio, l’incertezza dei propri sentimenti potrebbe segnare la loro vita futura definitivamente. Tutto questo è inaccettabile. Il nostro lavoro non è, caro signore, di creare cittadini tutti uguali. Ogni persona ha diritto alla sua felicità. E nessuno, dico nessuno può dettare leggi sulle modalità, i tempi o la persona con la quale ognuno spera di trovare la propria felicità.
Forse, lei crede, che i ragazzi abbiano avuto il torto di voler cercare una felicità che la nostra morale non consente. Forse era solo un’empatia sulla quale sviluppare, poi, la propria sensibilità. Può darsi che stessero soltanto scambiandosi opinioni sulle loro vicende private, su un amore non ancora tutto espresso per il quale chiedere un consiglio. A quella età si cresce contaminando la propria personalità e confrontandola con quella dell’altro da sé. Chi potrà mai misurare il danno arrecato loro?
– “Non sono veramente felici quelli di cui nessuno conosce la felcità.”
Una voce interrompe il professore, alla quale, subito dopo, risponde un’altra voce:
Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi la passione.”
Non tutti i docenti e forse nessuno fra i genitori riconosce, nelle parole degli allievi, il testo di Apuleio. Amore e Psiche
– Ma che cosa succede? Signor rettore, come può consentire tutto questo?
– Per favore, un momento, lasciatemi ascoltare. Tutti tacciono guardando il rettore che, ha alzato il telefono e ora scuote la testa; poi chiude la comunicazione.
Tutti lo guardano e aspettano mentre, in un silenzio irreale, si percepisce il disagio al quale ognuno cerca di dare un significato.
– Era l’ospedale, dice guardando tutti.
Nell’aula la tensione è altissima; nessuno sa che cosa dire e come riprendere la discussione mentre un mormorio ristagna nell’aria.
– Vi prego, riprende il rettore. –Era l’ospedale e le notizie che devo darvi, purtroppo, non sono buone. Le lesioni riportate nel pestaggio si sono dimostrate più gravi di quanto, in un primo momento, si sperava. L’allievo non ha superato il grave stato comatoso in cui era da quando è stato ricoverato. I genitori hanno dato l’autorizzazione per l’espianto degli organi. Io credo… ma non riesce e continuare. Dopo attimi di silenzio, durante i quali nessuno parla, alcuni allievi escono velocemente dall’aula seguiti dai genitori.
I docenti restano immobili qualcuno con la testa fra le mani incapace di qualsiasi reazione; nel silenzio un pianto, prima piano e poi sempre più chiaro, sovrasta i mormorii.
– Noooo! Vigliacchi, assassini; con un grido l’altro allievo coinvolto prorompe in singhiozzi urlando la sua rabbia e il suo dolore. Circondato dagli amici si lascia cadere sul banco senza nascondere forse quello che è il primo grande dolore della sua giovane esistenza.
– Vieni Gorge, andiamo. Ora i genitori lo trascinano via abbracciandolo senza aggiungere altre parole; nel loro abbraccio vi è la testimonianza di un amore che non ha paura della verità. La sofferenza del figlio li annienta ma non possono fare nulla. Solo il tempo dirà quanto terribile sarà la ferita che avrà segnato l’animo del ragazzo.
Ora tutti sono usciti dall’aula.
Il rettore, per ultimo, abbandona l’anfiteatro ormai vuoto.
Che cosa deve fare, si chiede. Sa che il suo ruolo gli impone iniziative anche burocratiche. Ma ora ha voglia di restare solo. Esce dal College percorrendo i cortili silenziosi.
Giunto a casa, senza parlare, guarda la moglie con una sofferenza nello sguardo, che non chiede conforto e poi si chiude nello studio.
Sulla scrivania, aperto, c’è il testo sul quale, da qualche tempo, sta lavorando.
In una collaborazione fra facoltà, un collega italiano gli ha inviato i versi della poesia Alcyone di D’Annunzio chiedendogli di cimentarsi con una traduzione in inglese.
Riprende a leggere le accorate parole di Dafne che chiede amore invano poiché, ormai, il suo destino è segnato. “O Apollo” geme tal novo dolore
/“prendimi! Dov’è dunque il tuo disio?/O Febo, non sei tu figlio di Giove?
/Arco-d’-argento, non sei dunque un dio?
/Prendimi, strappami alla terra atroce
/che mi prende e beve il sangue mio!
/Tutto furente m’hai perseguitata/ed or più non mi vuoi? Me sciagurata!
/Salva mio grembo per lo tuo desio!
L’oscurità della sera gli impedisce di continuare a leggere, ma preferisce non accendere la lampada e resta seduto, al buio. È un uomo solo, deluso. Non è difficile capire che la sua battaglia è perduta. Chi non voleva che i giovani fossero liberi di guardare con maggiore ottimismo alla vita che avanza, cercando la propria strada, ha vinto. Intere generazioni saranno ricacciate indietro costrette ad un perbenismo di facciata.
La parte peggiore della cittadinanza crederà suo dovere chiedere le sue dimissioni
allontanando anche i docenti che meglio avevano interpretato la necessità di un rinnovamento.
La moglie, che è entrata in silenzio, gli si avvicina accarezzandolo con dolcezza.
– Dobbiamo aspettare che le indagini siano finite, lui dice, poi credo che sia giunto il momento di fare quel viaggio in Italia che abbiamo sempre rimandato.
– Questa volta, riprende, potrei accettare l’invito di quella Università italiana; proprio qualche giorno fa, il collega nell’inviarmi il testo di D’Annunzio, mi diceva che l’invito a tenere un corso è sempre valido. Non te lo avevo detto perché pensavo che fosse una cosa per ora inattuabile; credevo di poter continuare a lavorare qui; ma ormai…
E, poi, ci pensi, abbiamo sempre desiderato di vivere per un certo periodo a Venezia. Tu potresti completare le tue ricerche presso la “Marciana”, ti pare?
Lei sorride nel buio della camera accarezzandogli i capelli con mano leggera.
– Vieni, la cena è pronta. Il tempo cicatrizza le ferite, aggiunge; ma è importante, però, essere sempre pronti a iniziare una nuova battaglia.-
– Hai ragione, lui risponde baciando la bella moglie mentre insieme passano nell’altra stanza.
                                                                                                                       (5.fine)


QUARTA PUNTATA
Ecco il temuto argomento è arrivato. La questione, posta dal genitore, ripropone il problema in tutta la sua gravità e delicatezza. Non si può ignorare; bisogna affrontarlo con lucidità e, soprattutto, senza inutili allarmismi.
Le domande non possono restare senza risposta. Il rettore si guarda intorno scrutando le reazioni degli altri genitori. Sa bene che altre volte, nel ristretto collegio dei docenti, questi temi sono stati affrontati senza giungere a soluzioni convincenti. Non senza resistenza di molti genitori e, purtroppo, anche di alcuni docenti, sono state organizzate conferenze sui pericoli, dovuti al fumo e all’uso di droga, così come su quelli del sesso senza protezione. Quest’ultimo argomento, manco a dirlo, aveva provocato le maggiori opposizioni; soltanto le notizie dell’allarmante diffusione della terribile infezione di Aids avevano convinto anche i più riottosi che la conoscenza del problema poteva essere un deterrente.
– Comprendo le giuste preoccupazioni dei genitori, riprende il rettore, e vi assicuro che sono anche le nostre. Il consiglio dei docenti, con i rappresentanti di genitori e allievi, non ha mai ignorato questi problemi che, purtroppo, sono diventati di drammatica attualità.
Ora il rettore parla con maggiore convinzione rivolgendosi a tutti.
– Ci siamo più volte interrogati sulle questioni appena ricordate e i provvedimenti da prendere. Naturalmente cerchiamo di aiutare i ragazzi nelle proprie scelte anche se sappiamo bene che fuori del College possono accadere cose che non riusciamo a prevenire. Vorrei, invece, essere più chiaro sulle misure di sicurezza adottate all’interno del College.
I locali comuni sono sorvegliati costantemente, con molta discrezione in particolare nelle ore notturne quando una squadra di sorveglianti ispeziona tutti gli ambienti.
Come sapete, per ogni classe, poi, ad ogni inizio dell’anno scolastico, vengono nominati un docente ed un allievo ai quali, alla fine del loro mandato, chiediamo una relazione che viene poi commentata nel Collegio dei docenti in modo da sapere se vi sono problemi da risolvere o nuove iniziative da prendere. Inoltre, il docente responsabile pone attenzione ai gruppi di amici che si formano in ogni classe. Cerchiamo anche di scoraggiare che si formino gruppi con allievi di corsi differenti.
Disapproviamo ogni gesto di bullismo che viene punito severamente, ma, per esperienza, sappiamo che i più giovani sono spesso attratti dagli allievi degli ultimi anni;, li scelgono come loro modello subendone, spesso, il fascino ma, a volte, anche un vero e proprio plagio.
Non dimentichiamoci che è nostro compito aiutare i giovani a crescere sviluppando liberamente la loro personalità. E questo passa, soprattutto, per una sana consapevolezza ed accettazione del proprio modo di essere. Non possiamo ammettere razzismi o pregiudizi di nessun genere. Vorrei, a questo proposito, ricordare che solo da un anno il College ha aperto i propri corsi ad allievi provenienti da culture e religioni diverse proprio perché crediamo fermamente che la diversità, di qualsiasi genere, non può che aiutare i giovani a capire quanto sia importante confrontarsi con la complessità della nostra società; occorre, infatti, innanzitutto comprendere le altre realtà sociali e culturali…
– Scusi Rettore, ma questo suo discorso è soltanto un elenco di ottime intenzioni; ma, come genitore, vorrei sapere come agite per prevenire o anche punire comportamenti diciamo…scorretti. Lei, ad esempio, ancora non ci ha detto che cosa pensa dell’incontro notturno dei due ragazzi nel parco.
– Per favore; nessuno intende sindacare il comportamento dei due allievi ed, invece, si continua a spostare la discussione dalla violenza, subita da due giovani, al motivo per il quale questi fossero in giardino in un’ora certo insolita come se l’una cosa fosse conseguenza dell’altra; e non è così…
– Certo che è così, anche se a lei non piace ammetterlo caro professore…
– Un momento, un momento; Ora è un allievo, lo stesso di prima, che chiede la parola. La vostra curiosità non ci aiuta a capire l’avvenimento mentre rischia di diventare oggetto di morbosità…
– Giovanotto, nessuno può permettersi di chiamarmi morboso.
– Per favore, calma; non è il caso di alterarsi. È di nuovo il professor Borney a intervenire. Ha ragione l’allievo, in questo modo non riusciamo a concludere nulla. Vi prego, ascoltatemi. Dunque anche se ignoriamo i particolari, possiamo immaginare che i due ragazzi, che si erano appartati nel parco, sono stati assaliti e malmenati con conseguenze che, di questo posso essere d’accordo, nemmeno gli assalitori avevano previsto; una spinta di troppo, una caduta accidentale, certo, posso ammettere che, l’intenzione non fosse quella di colpire così duramente i due ragazzi.
Purtroppo, e mi dispiace dirlo, comunque vogliate interpretare la vicenda, i fatti testimoniano il fallimento, sì rettore, il fallimento totale del nostro lavoro. Vedete a me non interessa sapere che cosa stessero facendo i due ragazzi; ciò nonostante facciamo alcune ipotesi che poi, in realtà, si riducono a due…
                                                                                              (4.continua)
TERZA PUNTATA
Il rettore stenta a mantenere ordine negli interventi; le domande sono molte.
– Scusi professor Tabor, ma non credo che questo sia il vero punto della questione.
– Già, risponde con sarcasmo il professor Tabor; scommetto che lei, professor Borney, questo lo chiama socializzare, vero?
– Per favore, per favore, interviene il rettore nel tentativo di bloccare una discussione che potrebbe degenerare per le implicazioni che contiene. Il problema è l’aggressione e non già il comportamento privato di due allievi.
– No, scusi rettore, come genitore io esigo sapere se fra gli insegnanti c’è qualcuno che non considera immorale, oltre che disgustoso il rapporto fra due ragazzi.
– Un momento; qui si sta equivocando, nessuno ha detto che cosa stessero facendo questi ragazzi nel parco di notte. Potrebbe darsi che non avendo sonno fossero usciti per non disturbare i compagni. Per favore non arriviamo a conclusioni affrettate le quali, comunque, sia ben chiaro, non giustificano la violenza dell’aggressione. Questo deve essere un punto fermo. Non possiamo ammettere che fra i nostri studenti ci sia qualcuno capace di giungere a tanto…
– Ma, scusi, perché continuiamo a chiamarli aggressori; non è giusto. Non possiamo escludere, come lei stesso ha detto, che si sia trattato di un litigio fra ragazzi; cosa piuttosto normale, direi, non vi pare?
Ora ognuno, fra i genitori, cerca una giustificazione al gesto forse nel timore che il proprio figlio possa essere coinvolto nella faccenda.
-Inoltre, riprende un altro, come avvocato credo che la polizia non possa interrogare i ragazzi se non in presenza di un loro legale di fiducia e questo dovrebbe valere anche per il College la cui reputazione va tutelata, non crede? A maggior ragione se la faccenda viene divulgata dalla stampa è interesse di tutti che questa secolare Istituzione esca indenne da questa storia; ed anche per i ragazzi, un domani la loro carriera potrebbe risentirne.
– Certo, certo, per questo motivo vi ho convocati.
– Riflettiamo bene su che cosa convenga fare, prima di prendere una qualsiasi iniziativa, aggiungono altri.
– Scusate, per favore…
Tutti si girano verso l’allievo, l’unico, che chiede di intervenire.
– Prego Thomas, di’ pure.
– Scusate se parlo con difficoltà ma sono emozionato, anzi no per dire meglio sono sorpreso e addolorato, sì avete capito bene, addolorato.
– Nessuno, dico nessuno che abbia chiesto come sta Nick, nessuno che abbia chiesto della famiglia; l’unica preoccupazione vostra è il buon nome del College e l’avvenire dei propri figli; se questi sentimenti appartengono alla maggioranza di noi, c’è poco da essere convinti dell’utilità di questa riunione.
– Ma Tohmas, non puoi parlare così, ci sono aspetti che riguardano la vita di tutti noi e che non possiamo ignorare. Ci preoccupiamo soprattutto del vostro avvenire.
– No, professoressa Genthem, dica la verità la principale preoccupazione, sua e di molti altri in quest’aula, è sapere se i due ragazzi stavano facendo uso di droga o, peggio, sesso a quell’ora nel parco, vero? Abbia il coraggio di ammetterlo.
– Thomas, interviene ora il rettore, basta così. Capisco il dolore di voi ragazzi per le condizioni di Nick ma cerchiamo di restare calmi. Noi siamo preoccupati come voi. Il vostro compagno è assistito dalla famiglia con la quale sono in continuo contatto. Proprio poco fa ho chiamato l’ospedale: i medici dicono che le sue condizioni sono stazionarie; non c’è stato alcun miglioramento ma nemmeno peggioramento; occorre aspettare e sperare. Ma intanto io qui ho una responsabilità e non intendo nascondere, con voi e con le vostre famiglie, la gravità dell’accaduto.
– Ma, interviene un genitore, se la polizia è convinta che tutto sia accaduto all’interno del College, chiediamo ai responsabili di parlare. Sono sicuro  che sono addolorati come tutti noi; certo non sarà stata loro intenzione far del male ai due compagni.
– Per favore, interviene un altro genitore, non precipitiamoci in considerazioni azzardate; fin quando non sapremo le effettive condizioni del ragazzo, non è opportuno che si facciano supposizioni. Intanto l’altro ragazzo, sia pure fra qualche giorno, potrebbe venire e raccontare di quella notte; nessuno meglio di lui saprà, certamente, da chi sono stati, lui e il suo compagno, aggrediti, se di questo si tratta, e non piuttosto di un litigio troppo violento.
La tensione che ora si respira non facilita il compito del rettore; tutti vogliono intervenire.
– Scusate, ma così mi sembra che stiamo trascurando l’aspetto più difficile da affrontare ma anche il più importante da capire: cioè la sicurezza all’interno del College, un aspetto non secondario dell’accaduto e che a me, come genitore, interessa molto.
Poiché è sicuro che nessuno dall’esterno sia entrato, com’è possibile, vi chiedo, che due allievi, di notte, si siano allontanati dai dormitori senza che nessuno della vigilanza abbia visto o sentito niente? E questa è una prima domanda;  l’altra è: quando, poi, il secondo gruppo di ragazzi ha lasciato il dormitorio, come è possibile che nemmeno questa volta i guardiani, passando nei viali, non abbiano visto nulla?
– Ma forse, aggiunge qualcuno, sono usciti tutti insieme, hanno discusso e poi hanno litigato.
– A maggior ragione, dico, un gruppo numeroso di allievi non dovrebbe passare inosservato.
– Io credo, interviene un altro, che su questo aspetto, cioè di come si siano svolti i fatti, occorra aspettare quanto meno d’incontrare l’altro allievo; per ora mi sembra inutile fare qualsiasi ipotesi. Piuttosto vorrei ritornare su quanto detto prima dallo studente il quale ha fatto intendere che ci sarebbe la possibilità…scusate il giro di parole…che i due ragazzi si fossero appartati per fare sesso. E nessun professore, né tanto meno lei, signor Rettore, ha detto nulla in proposito. Anzi, dalla discussione che si è accesa fra due insegnanti, ora non ricordo quali, mi è sembrato di capire che la possibilità non viene esclusa. Non sono un moralista ma ammetterete che noi genitori vorremmo almeno sapere che cosa succede, di notte, in questo College: i ragazzi fumano erba? bevono alcol? assumono droghe o fanno sesso?
                                                                                   (3.continua)

 

SECONDA PUNTATA
Tutti i precedenti rettori erano abituati
, loro stessi, a selezionare il personale docente con la dichiarata intenzione di accentuare l’impostazione confessionale del College scelto dalle famiglie, per i propri figli, convinti della validità dei valori culturali e sociali sui quali si basava il sistema educativo.
La nomina dell’attuale rettore, sostenuta dai maggiori contribuenti e da poche ma influenti personalità della città, era stata voluta con l’ intento di attuare un radicale aggiornamento dei metodi e dei contenuti con programmi che tenessero conto dei cambiamenti sociali e culturali avvenuti nel paese. I sostenitori del rinnovamento, infatti, avevano voluto attuare una scuola, sopratutto laica, che preparasse futuri cittadini, aperti alle diverse e complesse istanze che la società odierna presenta e non già solo portatori di tradizionali princìpi per quanto rispettabili.
Al nuovo Rettore il compito era sembrato immediatamente difficile. Il suo arrivo, infatti, era stato, in tutti i modi, osteggiato da alcune delle famiglie più importanti della città. Anche qualche docente, in particolare fra i più anziani, aveva chiesto l’incarico altrove; mentre molti fra quelli che erano rimasti non avevano nascosto le loro intenzioni di andar via appena avuta la possibilità.
In questo clima, piuttosto ostile, era cominciato il suo lavoro. La diffidenza con la quale molti docenti avevano accolto le sue richieste di rivedere i contenuti e le modalità del proprio insegnamento, lo avevano convinto che la battaglia sarebbe stata non breve e non facile.
Una convinta adesione alle sue idee l’aveva trovata nella maggioranza degli studenti mentre con i genitori, almeno all’inizio, il lavoro era stato piuttosto difficile e qualcuna aveva preferito iscrivere i propri figli in altri College di sicura formazione confessionale. Con il tempo, e continue riunioni, molti genitori si erano convinti della opportunità di aprire la didattica al sociale invitando relatori esterni a tenere cicli di conferenze su argomenti anche non previsti nell’ordinamento scolastico.
La possibilità per gli studenti di poter leggere i maggiori quotidiani o l’acquisto di nuovi testi per arricchire la biblioteca, tutto era stato oggetto di critiche e di non poche estenuanti riunioni.
In questo clima di continui scontri fra lui e la maggior parte dei genitori e dei docenti, la riunione di questa mattina si presenta, di questo il rettore è convinto, una prova non facile da superare. Egli sa che dall’esito della discussione potrebbe dipendere il proseguimento della nuova impostazione didattica. L’episodio di violenza, accaduto nel parco, pone interrogativi ai quali non sarà facile rispondere; ma proprio per questo motivo è convinto che l’argomento debba essere affrontato e senza indugi o ipocrisie.
– Vorrei affrontare l’argomento, riprende ora il rettore, senza nascondere la sua gravità, con la massima tranquillità possibile. Devo anche avvertirvi che da domani i giornali riferiranno l’accaduto; sono riuscito a tenere la notizia sotto controllo per qualche giorno ma la polizia intende iniziare una serie di indagini, qui nel College, interrogando tutti gli allievi. Vorrei che i genitori fossero al corrente di questo; mi sono anche informato presso uno studio legale; purtroppo non possiamo evitarlo.
– Scusi Rettore.
– Sì,
dica professoressa.
– Credo che dovrebbe raccontarci meglio che cosa è accaduto; non tutti, infatti,  sono al corrente di come si sono realmente svolti i fatti.
– Bene; ha ragione. Forse molti genitori sono all’oscuro di tutto ed anche qualche docente l’avrà appreso da altri; io stesso posso dirvi soltanto quello che anche io ho saputo in maniera indiretta.
Dunque, qualche sera fa, due ragazzi, che si erano appartati nel parco, sono stati assaliti e malmenati con conseguenze dolorose, in particolare per uno.
La polizia esclude che si sia trattato di un’aggressione a scopo di furto perché niente è stato sottratto ai due studenti.
– Ma come sono entrati? Scusi rettore.
– Questo… il rettore attende un secondo prima di continuare.
– Questo è l’aspetto, se posso dirlo, più inquietante in quanto dai rilievi fatti è stato escluso che qualche estraneo si possa essere introdotto nel parco. In altri termini gli aggressori sono qui, fra noi. Forse altri ragazzi sono stati testimoni ma, almeno per ora, nessuno ha parlato.
Un silenzio imbarazzante accoglie queste ultime parole; e fra i genitori non pochi si agitano sulle sedie.
– Ma come può la polizia escludere la presenza di estranei, scusi?
– Ha ragione signora Frenck. Vede, risponde il Rettore rivolgendosi alla signora che è intervenuta, il cancello non è stato forzato e non sono state rilevate tracce tutto  intorno al muro di confine. Inoltre nell’ingresso dei dormitori sono state trovate orme con residui di terriccio; segno che qualcuno, quindi, è rientrato quando la squadra di pulizia aveva già terminato. In realtà sono ancora indizi poco significativi ma per questo motivo la polizia intende interrogare tutti gli allievi. La più probabile delle ipotesi, infatti, potrebbe essere che si sia trattato di una discussione degenerata e che, poi, i ragazzi, spaventati, siano scappati non sapendo come prestare aiuto ai due compagni.
– Scusi, rettore, ma, allora, chi ha soccorso i ragazzi nel parco?
– Quello che, come vi dicevo, ha subito meno danni, è riuscito a chiamare la sicurezza che ha trasportato i due all’ospedale.
 – Ma dovremmo anche chiederci che cosa ci facevano i due ragazzi, soli, a quell’ora di notte, nel parco.
 (2.continua)

 

 

 

PRIMA PUNTATA
Nella severa aula magna,
dalle alte vetrate istoriate, dell’antico College sono tutti riuniti: professori, allievi ed anche i loro genitori. L’anno scolastico è quasi alla fine ed il rettore intende dare subito inizio ai lavori, ormai urgenti, in modo che, per l’inizio del prossimo anno, tutto sia in ordine. Ma, di solito, le decisioni per ogni spesa vengono prese in una riunione alla quale partecipano i rappresentanti dei docenti, degli allievi e dei loro genitori mentre soltanto l’inaugurazione di ogni nuovo anno avviene con la partecipazione di tutti.
Questa convocazione, e anche l’urgenza con la quale è stata convocata, ha destato apprensione più che curiosità; soltanto motivi eccezionali, infatti, possono giustificare questa riunione plenaria.
Nell’immensa aula ad anfiteatro tutti si dirigono ai posti, per tradizione, a loro destinati: gli allievi, con maggiore chiasso, corrono verso i loro scanni, i docenti si sistemano sul lato corto dell’anfiteatro ed infine, in un settore a parte, si siedono i genitori.
Tutti attendono con ansia l’arrivo del Rettore interrogando i vicini nella speranza di avere qualche notizia in più. Un brusio commenta l’ingresso di questi il quale, in fretta, raggiunge il suo posto. Al suono di un campanello, tutti tacciono mentre il Rettore, invita tutti a sedersi, e dopo aver guardato in giro, tossisce e inizia a parlare.
– Per favore ascoltatemi. Vi ringrazio per essere tutti presenti questa mattina; la comunicazione che sto per farvi è molto importante e della massima gravità. Per questo motivo ho ritenuto necessario che tutti fossero presenti a questa assemblea.
Attende che il mormorio, provocato dalle sue parole, si calmi per poi riprendere.
– Qualche giorno fa, come forse già saprete, due nostri allievi sono stati aggrediti, di notte, nel parco del College. Purtroppo per le ferite riportate, uno dei due ora è all’ospedale in coma mentre l’altro, anche se ha subito pochi danni, non è riuscito a dare indicazioni preziose alla polizia. L’incolumità fisica dei nostri ragazzi è per noi una priorità assoluta non meno importante della loro istruzione. Questo episodio è tanto più grave perché è avvenuto all’interno del nostro College. Vi è un problema di sicurezza sul quale dobbiamo riflettere…Sì professor Ruben, dica pure.
– Signor Rettore vorrei ricordarle, se mi è consentito, che nella convocazione non è indicato nessun ordine del giorno e credo che non tutti sappiano dell’accaduto al quale lei ha accennato..
L’intervento del professore e l’insolita interruzione crea un certo sconcerto anche se, sul piano formale, la domanda troverebbe molti sostenitori. L’argomento posto dal rettore merita maggiori dettagli.
– Ha ragione professore. Come tutti avrete capito la convocazione e la stessa modalità d’urgenza, per altro prevista dal nostro regolamento, vi avranno fatto intuire che doveva essere sopraggiunto un problema di notevole gravità; occorre parlarne con la massima urgenza. Ora, dopo avervi riferito dell’accaduto, chiedo, come richiesto, di approvare o meno la continuazione della discussione in questa forma assembleare; sono sicuro che capite che come responsabile non posso ignorare il grave fatto per il quale vorrei la vostra più ampia collaborazione.
Per tanto vi chiedo: chi è d’accordo nel proseguire questa discussione, aperta a tutti,  per cortesia alzi la mano. Pochi fra gli allievi non alzano la mano mentre pochi, fra gli insegnanti, la alzano. E questo, pensa il Rettore, non è un buon inizio.
Il College, prima del suo arrivo, aveva la fama di essere uno dei più tradizionalisti del paese con una concezione dell’insegnamento e della vita impostata su rigide regole tramandate da generazioni.
                                                                 (1.continua)
In alto, l’aula magna dell’Università di Urbino

 

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