Un viaggio in Israele non si può raccontare a parole. Le immagini, quelle s, può darsi che rendano testimonianza alla realt . Ma nemmeno di quelle ci si può fidare troppo. Quando si parla di Medio Oriente, la menzogna, la propaganda, tendono a distorcere la realt , fatta di singoli momenti di paura, tutti identici, persino, a volte, monotoni.
Israele è un paese nato nella paura e destinato a vivere, costantemente, sotto la minaccia di attacchi, attentati, razzi e missili. In quella terra siamo stati quattro giorni, invitati dall’Ambasciata d’Israele in Italia, come delegati per la Federazione delle associazioni Italia-Israele. Meno di una settimana per girare l’intero paese, alla scoperta della realt , del modo di vivere di più di otto milioni di persone, destinate, da sempre, a guardarsi le spalle, a sperare che almeno per qualche ora non cadano razzi, non si sentano esplosioni.
Si parte da Gerusalemme, citt  santa, la culla delle religioni. Tra sinagoghe, moschee e chiese, sembra di essere catapultati su un altro pianeta. Gerusalemme ha ispirato romanzi, storie, fantasie, musiche e racconti e solo chi veramente c’è stato può capire il perch. Dalla capitale di Israele ci spostiamo verso il sud del paese, a Sderot ed Ashkelon, per la precisione. L apprendiamo che si tratta di due villaggi di poche migliaia di persone su cui piovono ogni mese, centinaia di missili Kassam. Non propriamente razzi artigianali o botti di capodanno. Proprio in quei luoghi è stato necessario, infatti, costruire rifugi antimissile destinati ai bambini. Tutto questo, mentre, a poche centinaia di metri, al di l  del muro di recinzione e del check- con Gaza, i bambini palestinesi diventano scudi umani e le sovvenzioni e i fondi internazionali, anzich utilizzati per la popolazione civile, vengono usati per costruire tunnel destinati ai terroristi.
Con il denaro utilizzato per la costruzione dei cunicoli, infatti, potrebbero essere sfamati migliaia di palestinesi. Ma ad Hamas non interessa. Hamas vuole costruire la propria locandina di vittima, vuole delegittimare Israele lucrando sulla sua popolazione. Lasciamo Ashkelon con un misto di tristezza e di inquietudine per recarci a Tel Aviv, dove, nonostante la tensione di vivere sotto minaccia, ci accorgiamo che Israele è un paese allegro. Le strade della citt  brulicano di pub, bar, discoteche. Il centro, di notte, si riempie di musica, di giovani ed adolescenti che, nonostante tutto, vogliono godersi la vita. E la night life di Tel Aviv è qualcosa che ti sorprende, nulla da invidiare alle occidentali citt  spagnole o italiane.
L’ultimo giorno di viaggio lo trascorriamo al nord, tra Nazareth, che non ha bisogno di presentazioni, e Haifa, il cuore delle industrie israeliane, dove da poco è stato inaugurato il parco industriale finanziato dal magnate Stef Wertheimer e destinato a promuovere la pace religiosa tra ebrei e musulmani. Proprio a Nazareth veniamo a conoscenza di un fatto assai spiacevole. Vicino alla famosa Basilica dell’Annunciazione, luogo santo per il cristianesimo, si trova una moschea. Nulla da ridire, ovviamente, se non fosse che al di sopra di questa costruzione vi è inciso, su una tabella di grandi dimensioni, un verso del Corano, che, con le opportune sottolineature ed evidenze, suona quasi come un avvertimento (nella seconda foto, in basso). Tutto questo mentre, dai mondi religiosi sale il grido di una pacifica convivenza. Quattro giorni non sono tanti in Israele, ma comunque sufficienti per apprendere molte cose, per capire, un po’ di più, la situazione del Paese.
C’è un detto in Israele che suona pressappoco cos “a Gerusalemme si prega, ad Haifa si lavora e a Tel Aviv ci si diverte”. Nulla di più vero. Se aggiungiamo che in tutte e tre le citt  si vive con la speranza di non morire anticipatamente. Speranza che però non impedisce alla gente del luogo di sorridere, emozionarsi e divertirsi.

Nella immagini, veduta del golfo di Tel Aviv, il muro del pianto a Gerusalemme, verso del Corano nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth e rifugio per bambini ad Ashkelon

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