Storie da supermercato. O “iper” come è definito dal protagonista (lui stesso, con la sua esperienza in loco) del romanzo “Questo posto è un inferno” (Edizioni Cento Autori, pagg. 202, euro 14) di Enrico Masnata, genovese classe 1970. Un romanzo tragicomico e reale sulla vita in un ipermercato, fatto di folli regole interne, mobing, strane richieste dei clienti. Una bolgia infernale dalla quale fuggire…
Ne abbiamo discusso con l’autore.
Quale posto è un inferno?
“L’ipermercato inteso come simbolo, come qualcosa che rappresenta anche il fuori, il mondo in cui si vive, ormai spersonalizzato. Un non luogo in cui non è più chiaro nulla, dove non c’è possibilit  di distinguere tra chi è il responsabile e chi la vittima. Ma l’iper non è un nemico. I supermercati ci servono. l’umanit  che si crea l dentro ad avere qualcosa di inquietante. Questo luogo mi ha subito ispirato per il romanzo, che è assolutamente rappresentativo del mondo di oggi, cos come quello di dieci anni fa, periodo in cui è ambientato il libro”.
Il 1999…
“La mia esperienza è stata in quell’anno. Il volerlo ambientare in quel periodo è per dimostrare che succedeva gi  dieci anni fa e che oggi non è cambiato nulla. Non sono informato in merito, ma temo che in quel mondo funzioni ancora cos. Quello che mi ha colpito è che dei lettori, pur provenendo da esperienze lavorative completamente diverse, ci si sono riconosciuti. Significa che mentalit  questo tipo ricorrono anche altrove, nelle grandi aziende come nella piccola bottega: è l’idea che il profitto vada oltre le persone”.
Quel periodo è stato anche un anno di eventi e cambiamenti…
“Si. C’è stata la rivolta di Seattle ed è morto Fabrizio De Andr”.
Per te, un concittadino…
“Non è musica, ma qualcosa di diverso. Fa parte non solo della citt , ma del contesto, della cultura in cui sono vissuto”.
Quanta componente autobiografica c’è nel libro?
“Come stati d’animo, totale. L’et  in cui l’avevo scritto era un periodo di passaggio. Cos molte inquietudini ricadono nel libro. I fatti descritti non tanto. Di autobiografico direi ci sia il 40%…”.
Pubblichi con un editore napoletano. Come ci sei arrivato?
“Avevo inviato il manoscritto a un’agenzia letteraria. La risposta di Gianluca Calvino, oggi direttore editoriale di Cento Autori, era stata positiva. Ebbi anche un rifiuto con lode da Fazi: avevano letto e apprezzato, ma non lo ritenevano commercialmente con prospettive. Oggi trovare un editore non a pagamento è molto difficile”.

Nella foto, la copertina del libro

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