Le disobbedienti/ Neri Pozza pubblica per la prima volta in Italia le memorie dell’avventurosa Virginia Cowles. Reporter di guerra, in cerca di guai

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Una donna di ventisei anni sprovvista di una significativa esperienza giornalistica sbarca in Spagna nel pieno della guerra civile, è Virginia Cowles l’autrice del bestseller pubblicato nel 1941 e da poco presentato da Neri Pozza: “In cerca di guai. Avventure di una reporter di guerra”. Americana dotata di coraggio, curiosità e buone relazioni viaggiò in Europa raccontando i conflitti che misero a ferro e fuoco i diversi fronti dal 1938 fino alla deflagrazione della seconda guerra mondiale.
Cowles scrive cosa accade in un continente scosso dai sussulti che a vent’anni dalla fine della Grande guerra portarono l’Umanità al baratro. Viaggia in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Russia, Finlandia, Italia e Polonia con aerei, treni, automobili e mezzi di fortuna passando dal caldo torrido alle temperature polari osservando, parlando con le persone e sfuggendo alle bombe per far sapere, oltre l’Atlantico, come le tenebre si stessero infittendo sulla vecchia Europa.
La sua ammirazione per l’Inghilterra è dichiarata spesso e, per quanto in generale la sua scrittura ricerchi l’oggettività, come ogni cronista risente di personalismi e qualche stereotipo.
Nei riguardi del nostro Paese, ad esempio, le considerazioni in merito alla politica interna ed estera del periodo, appaiono più di colore rispetto ai personaggi protagonisti che non di approfondimento rispetto alle scelte strategiche o le ragioni storiche del momento.
Particolarmente chiara è l’inclinazione a favore delle scelte di politica britanniche nel condannare la politica coloniale degli altri stati come aggressione senza mai soffermarsi sul vasto impero coloniale costruito, nei secoli, dall’Inghilterra.
Il suo punto di vista è interessante soprattutto perché unico, è stata l’antesignana delle corrispondenti di guerra che, oggi, siamo abituate/i a leggere sulla carta stampata e a seguire nelle trasmissioni televisive o sui canali social.
Tratteggia, con vivide pennellate, momenti drammatici reali in cui le persone scappano dai bombardamenti e dall’avanzata del nemico in Spagna prima e in Austria, Polonia, Francia e Inghilterra poi, con una scrittura coinvolgente e mai monotona racconta di come il totalitarismo si fa strada invadendo un Paese dopo l’altro e del modo in cui i finlandesi resistettero a lungo alle armate russe ben più numerose delle loro.
Frammenti di storie personali si intrecciano ai grandi eventi storici inframezzati da conversazioni con militari, politici e gente comune. «Tirai un sospiro di sollievo ed estrassi il passaporto. Le aquile hanno lo stesso aspetto in tutto il mondo, ma quella stampata sulla copertina era un vecchio osso duro. Più duro, pensai, dell’aquila tedesca. Almeno, fino a quel momento».
Per esperienza personale so che agli americani, fin da bambini, viene insegnato che in caso di pericolo bisogna cercare l’aquila, quella fissata in bella vista all’esterno delle sedi diplomatiche in giro per il mondo. L’aquila a stelle e strisce è il simbolo della protezione dalla minaccia esterna, quella minaccia che dilagò per l’intero continente europeo in un crescendo di follia improntata allo sterminio e al saccheggio.
La giornalista, più volte, si domanda fino a quando il suo Paese rimarrà a guardare lo spegnersi della civiltà senza intervenire e nel farlo elogia lo spessore di statista di Winston Churchill, sostenitore di una posizione a favore dell’interventismo, spiegando che la politica di appeasement di Neville Chamberlain fosse da ascrivere alla sua genuina convinzione che Hitler non volesse la guerra. 
Nelle pagine non c’è mai un accenno, se non in termini di condivisione con altri colleghi, al disagio vissuto per percorrere in lungo e in largo territori in preda al rischio di devastazione, al contrario, ci sono descrizioni di luoghi in cui la bellezza del paesaggio e la tranquillità apparente creano una realtà schizofrenica in cui la battaglia potrebbe essere solo un incubo partorito dalla mente.
La lettura di Cowles risulta molto interessante quando inserita in una riflessione sul periodo congiuntamente alla lettura di un’altra autrice, la filosofa e politologa Hannah Arendt. Il lavoro di quest’ultima fornisce chiavi di lettura per cercare risposte allo sgomento della prima di fronte alle affermazioni ascoltate da persone tedesche in merito ai motivi propagandistici, creati ad arte, per giustificare l’invasione dell’Austria e della Polonia e – più in generale – la ragione della supposta supremazia del popolo germanico.
Quando ci si trova di fronte a un totale sovvertimento della realtà, condiviso da gruppi di persone, le certezze possono vacillare. Esiste una vasta letteratura sulla persuasiva strategia di comunicazione elaborata dal nazismo, sulla ritualizzazione di rappresentazioni di massa e sulla capillarità di un sistema di propaganda sviluppato per imporre una visione del mondo in cui la Germania fosse legittimata a governare il mondo schiacciando le democrazie e la libertà, Cowles racconta le sensazioni che provò vivendola in prima persona e da vicino.
Prima di lei un’altra donna aveva scelto di raccontare la guerra guardandola in faccia ma, per farlo, dovette spacciarsi per uomo: Dorothy Lawrence (1896 – 1964). Si arruolò per dieci giorni e visse da vicino la prima linea durante la Grande Guerra presentandosi come Dennis Smith, militò nella British Expeditionary Force sul fronte occidentale dove osservò, ascoltò e domandò prima di autodenunciarsi.
Scrisse di quanto aveva, personalmente, vissuto nel 1919 riscuotendo interesse nel suo Paese, l’Inghilterra, mentre in molti altri fu censurata.  Morì dopo una lunga malattia mentale causata, forse, da uno shock post traumatico. Virginia Cowles, che non smise i suoi abiti da donna, racconta quanto di terribile accadde dopo il primo conflitto che, fino a quel momento, era apparso come il limite massimo di atrocità raggiungibile dagli esseri umani.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Virginia Cowles
In cerca di guai. Avventure di una reporter di guerra
Neri Pozza
Pagine 479
euro 26

L’AUTRICE
Virginia Cowles (1910-1983), scrittrice e giornalista, nasce in Vermont. Negli anni Trenta la sua fama di giornalista cresce, tanto che i suoi pezzi vengono letti con voracità su entrambe le sponde dell’Atlantico. Durante la Seconda guerra mondiale continuò a scrivere dai fronti di guerra in Italia, Francia e Germania. Fra le sue opere si contano anche numerose biografie, come quelle dedicate a Winston Churchill ed Edoardo VII.

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