Riflessione filosofica e racconto. Bruno Pezzella li mescola nel libro “Adessità. Il tempo della provvisorietà e del transito” (edito da Cuzzolin) che presenta martedì 4 giugno alle18, alla Fondazione Premio Napoli (Palazzo reale). Introduce il dibattito il presidente della Fondazione  Domenico Ciruzzi. Ne parlano con l’autore: Ernesto Paolozzi e Antonio Filippetti.  Adriana Carli e Bruno Minotti leggerano brani dal testo.

Qui sopra , la copertina del libro. In alto, le lancette dell'orologio che scandiscono il tempo
Qui sopra , la copertina del libro. In alto, le lancette di un vecchio orologio che scandiscono il tempo

Pezzella prende spunto critico dalla teoria dell’Immediatism (immediatismo) detta anche dell’adessità  del guru cibernetico americano Hakim Bey e di David Gelernter, professore a Yale di scienza dei Computer, critico di Obama e del sistema di indottrinamento liberale americano,  vittima di attentati.
L’adessità è, per questi pensatori, l’unica dimensione che ci è rimasta del tempo; è la necessità di vivere sempre in tempo reale, scansando ogni possibile approfondimento e riflessione, rifiutando lo stallo e l’impasse. È il carpe diem in versione terzo millennio, liquido e globale, che oscilla tra Eraclito e Orwel, tra Bauman, Job e Gates.
In questa nuova dimensione temporale, cerchiamo di riconfigurare continuamente le categorie della nostra identità, di capire dove si possa trovare il nostro altro sé, l’alternativa al momento e al luogo dove ci troviamo, dove siamo diretti, o dove siamo costretti ad andare.
Nuovi impulsi delegittimano principi e verità acquisite, decadono miti e credenze, altre idee influenzano i modi di essere e di fare; cambia persino il senso di molte parole: amore, amicizia, libertà, intelligenza, bellezza, etica, paura, estasi …
Il libro cerca di approfondire questo aspetto del mutamento, considerando come la memoria in giga prevalga su quella umana e come il futuro sia soltanto una proiezione angosciosa dell’adesso.
Sottolinea Paolozzi nella prefazione: «Ogni lettore cerca e trova i momenti di consenso e di dissenso di fronte a un’opera che ti invita a riflettere. Per mio conto, fra le tante, mi convincono le riflessioni sul quantitativo come segno negativo della nostra epoca. D’altro canto chi, come Pezzella, pensa il tempo nella sua essenza di temporalità, sempre nuova e vecchia al tempo stesso, come ritenevano Benedetto Croce e Bergson, e rifiuta l’dea di un tempo oggettivo, spazializzato come avrebbe detto il grande filosofo francese, come potrebbe non ribellarsi a una concezione della vita che tutto cerca di misurare con criteri falsamente oggettivi, di ridurre la qualità in quantità mentre nella realtà storica ed esistenziale avviene esattamente il contrario? ».

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