La dialettica tra essere umano e ambiente di vita circostante; l’esigenza di prendersi cura della persona non come paziente da sottoporre a una semplice terapia medica, ma come individuo da curare globalmente, a cominciare dall’attenzione allo stile di vita. Questo è il tema di riflessione del convegno “Prendersi cura della persona, della collettivit  e dell’ambiente”, che si terr  gioved 15 e venerd 16 gennaio nella sala degli Angeli dell’universit  di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. Relatori appartenenti a diverse aree di ricerca si incontreranno per interrogarsi e mettere a confronto esperienze e contributi significativi. Dalle neuroscienze alle scienze ambientali, dall’alimentazione al cibo come cura, dall’architettura all’arte, dalla poesia al cinema e alla musica gli interventi di scienziati, studiosi e operatori saranno caratterizzati da un approccio interdisciplinare, allo scopo di sensibilizzare i cittadini verso i valori della qualit  della vita.
Nel corso del convegno verr  presentato il fondo librario intitolato al professore Giorgio Liotti e istituito presso la biblioteca universitaria del “Suor Orsola Benincasa”.
Giorgio Liotti è un medico napoletano che, dopo la specializzazione in malattie respiratorie, ha esercitato la professione medica per più di cinquant’anni all’ospedale Cardarelli di Napoli, percorrendo la carriera fino alla funzione di primario.
La lunga pratica in campo scientifico e terapeutico lo ha portato a interessarsi di omeopatia, dapprima collaborando col centro di medicina omeopatica napoletana del professore Antonio Negro e successivamente fondando l’associazione di medicina omeopatica (A.M.O.), ricoprendo per molti anni la carica di presidente.
“L’ipotesi di partenza del convegno” spiega Liotti “è la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanit , che definisce la salute non come assenza di malattia, ma come una risultante dell’equilibrio tra ambiente di vita e persona umana. Il convegno affronta inoltre i presupposti storici e teorici di quelle metodologie preventive e terapeutiche supportate da un differente paradigma rispetto all’approccio medico corrente”.

Professore, qual è il significato dell’istituzione di un fondo librario a lei intitolato presso il Suor Orsola Benincasa?
“Il fondo raccoglie duecentoventi libri, per lo più testi di medicina non convenzionale che ho collezionato nel corso della mia attivit  professionale e di ricerca. Ho scelto il Suor Orsola Benincasa perch è un istituto universitario a indirizzo umanistico, particolarmente attento ai temi epistemologici e antropologici e quindi sensibile all’idea del prendersi cura della persona, che va sempre distinta dalla mera terapia medica convenzionale. In questo senso mi auguro che il Suor Orsola Benincasa possa assumere un ruolo da protagonista e accreditarsi come polo di studio per una forte azione culturale sui temi della salute e della cura personale ed ambientale”.
Lei si è avvicinato alla medicina omeopatica nel 1970. Come è nato il suo interesse?
“Dopo una fase di crisi personale dovuta a risultati poco soddisfacenti nel campo della terapeutica tradizionale. Provai a indirizzare la mia ricerca sui rimedi fitoterapici, in seguito lessi alcuni libri sulla omeopatia e mi appassionai alla materia. In particolare mi interessava l’idea, essenziale nella medicina omeopatica, che il rapporto con il paziente dovesse essere diretto e molto personale, estremamente riservato. Appresi dalla stampa che si apriva il centro di omeopatia a Napoli, diretto dal professor Antonio Negri, e fui il primo ad iscrivermi. All’ospedale Cardarelli ho creato dal 1983 al 1989 un ambulatorio omeopatico, a cui facevo accedere pazienti con impegnativa dell’asl, ma quando sono andato via è stato chiuso perch non c’era un aiuto assistente che potesse sostituirmi. Ho tenuto anche dei corsi di omeopatia presso la scuola medica Tedeschi, nelle aule del Cardarelli. L’idea era di creare una divisione di omeopatia nell’ospedale, ma non si è realizzata”.
L’Italia è il terzo paese, dopo Francia e Germania, come utilizzo di medicinali omeopatici, un successo significativo…
“C’è un successo, ma si è verificata anche una prostituzione della medicina omeopatica. Le case farmaceutiche hanno intuito il notevole giro d’affari e si sono buttate voracemente, creando prodotti che non si attengono scrupolosamente alla dottrina di Hahnemann, fondata sull’utilizzo di un unico farmaco, invece di prodotti composti da tanti farmaci. Solo un farmaco agisce realmente da un punto di vista terapeutico, gli altri sono inutili”.
A Napoli e in Campania ci sono diverse scuole di omeopatia. Che ruolo ha svolto Napoli nella diffusione dell’omeopatia?
“Un ruolo fondamentale Napoli è stata molto importante per la diffusione della medicina omeopatica a livello mondiale. Al tempo dei Borbone, la casa regnante chiamò presso la sua corte molti medici omeopati, che in breve tempo acquisirono fama internazionale. Uno di questi, il dottor Francesco Romani, curò con successo la moglie del co            6                  «    oè è á«sptLlibrined dd dpG7eEèHlèNO» OJe
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       Ønte Guidi, giunta a Napoli dalla citt  francese di Lione per farsi curare. Il conte rimase talmente impressionato dall’efficacia della cura che decise di far conoscere l’omeopatia in Francia e poi in Brasile”.
Nella scelta della terapia è importante il rapporto tra medico omeopata e paziente?
“Direi che è essenziale, in campo sperimentale sono stati pubblicati studi importanti sull’argomento. Il soggetto è importante, perch ha una sua reattivit  individuale alla terapia ognuno di noi ha un modo personale di affrontare la cura. L’obiettivo dell’omeopata è proprio quello del rapporto tra medico e malato, saper individuare l’elemento caratteristico dell’individuo che ha di fronte e capire qual è il suo modo di reagire rispetto all’ambiente. Inoltre la cura non deve mai prescindere dai consigli sullo stile di vita, e il bravo omeopata non deve fare della sua medicina una religione”.
Da un punto di vista legislativo nel nostro paese in che modo è tutelata la professionalit  dei medici omeopati?
“In maniera equivoca. L’omeopatia è sopportata, quasi fosse un peso da trascinare. I direttori della farmacologia a livello di sanit  centrale sono contrari, a causa dei forti interessi economici che spingono nella direzione della medicina convenzionale. Naturalmente le case farmaceutiche recitano un ruolo importante e condizionano le scelte in maniera pesante. Consideri che il prodotto omeopatico è mutuabile sia in Francia che in Germania, da noi invece si preferisce attendere l’intervento dell’unione europea in materia. Siamo un paese che rimane sempre indietro e le decisioni vengono rinviate”.
Su internet lei ha pubblicato una sua poesia, intitolata “La preghiera del paziente”. Le prime parole sono “Non mi smontare, medico! Non farmi a pezzettini, sono simile a te…”…
“La medicina ufficiale analizza l’uomo a pezzettini, con un criterio cartesiano di causa-effetto. Il medico tradizionale è un meccanicista ciò che rimane è una diagnosi organicistica, che non considera la totalit  dell’individuo. Infatti le case farmaceutiche orientano la loro ricerca sul singolo organo, inoltre per le medicine allopatiche assistiamo a un continuo cambio dei protocolli. In campo omeopatico, invece, quando un rimedio è stato sperimentato su un uomo sano viene fuori la sintomatologia e si individua il farmaco adeguato, che rimane quello. Bisogna curare il malato globalmente e non solo la malattia. Ecco perch al convegno del Suor Orsola Benincasa è necessario far parlare esperti di varie discipline, dalla medicina tradizionale cinese all’agopuntura, dalla medicina ayurvedica e tibetana alle neuroscienze, dalla genetica all’epistemologia”.

In alto, una foto di Giorgio Liotti

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