Lia e Marcello Rumma alla Seconda Rassegna Internazionale di Arti Figurative di Amalfi, L’Impatto Percettivo, Amalfi 1967

Oltre settanta opere di una trentina fra i maggiori artisti italiani del XX secolo, raccolte e selezionate nel corso di un’intera esistenza dedicata all’arte entrano oggi a far parte del patrimonio dello Stato e della collezione di questo museo … Con la generosa donazione di Lia Rumma, che ringrazio per un gesto non comune di lungimirante e spassionato amore per la propria città e per il patrimonio culturale, Capodimonte si conferma come il grande museo dell’arte italiana dal XII secolo a oggi. Così il ministro della Cultura, Dario Franceschini, assente per la crisi di governo, in un messaggio inviato in occasione della presentazione della donazione di Lia Rumma allo Stato italiano della sua collezione.
Giovedì 21 luglio 2022 il Salone delle Feste del Museo è affollato per la conferenza stampa che vede come partecipanti la protagonista della donazione, la collezionista Lia Rumma, il Direttore generale dei Musei Massimo Osanna, il Direttore generale della Creatività Contemporanea Onofrio Cutaia, il sindaco Gaetano Manfredi e il Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger.
Ed è proprio il direttore del Museo a fare gli onori di casa: introdurre i lavori, ringraziare Lia Rumma, dare un significato profondo a questa donazione. Il suo intervento, articolato e intenso parte da Walter Benjamin, filosofo, critico e sociologo tedesco, autore di un acuto testo su Napoli[1]; nel suo saggio sulla memoria dice: un evento vissuto è un evento finito, perché confinato alla sola sfera dell’esperienza vissuta, mentre un evento inscritto nella memoria è illimitato. … Come luoghi della memoria, continua il direttore Bellenger, i musei hanno la virtù di “flirtare” con l’eternità, un’eternità che si fonde con la memoria dell’umanità, oserei dire nella sua componente divina della condizione umana, ovvero l’arte e la creatività.
Dopo aver ricordato il genio visionario di Lia Rumma, che in oltre 50 anni di attività ha saputo riconoscere la forza innovativa del linguaggio del tempo e il messaggio radicale degli artisti, ha voluto ricordare il percorso che ha portato alla creazione della collezione.
Negli antichi Arsenali di Amalfi, Lia e Marcello Rumma crearono una serie di eventi entrati a far parte della mitologia contemporanea: nel 1966 “Aspetti del Ritorno alle cose stesse”, nel 1967 “L’impatto percettivo” e  nel 1968 sempre a Salerno ma questa volta  negli spazi Einaudi “Ricognizione Cinque”. Sempre nel 1968 viene presentata a cura di Germano Celant, la prima mostra pubblica di arte povera, “Arte Povera più Azioni Povere”, considerata dalla critica tra le mostre collettive più importanti d’Europa e il primo momento d’internazionalizzazione dell’arte povera.
Il direttore del Centre Pompidou di Parigi, nella sua ultima visita a Napoli, rivela Sylvain Bellenger, nel parlare dell’arte Povera indicò l’importanza di questo momento artistico italiano nelle collezioni del MOMA di New York, del Centre Pompidou stesso, nella collezione Pinault, nelle collezioni del Castello di Rivoli e del Mart di Rovereto. Alla fine specificò che i pezzi storici sono quelli che fanno parte della collezione di Lia Rumma.
La collezione e quanti collaborano per realizzare la sede della sezione museale della Collezione Lia e Marcello Rumma prova che in Italia  la storia non viene cancellata dal passato e che il famoso talento del Belpaese continua a iscriversi nella nostra memoria e nella nostra identità. La parola identità non è proprio una delle mie preferite, a “identità” preferisco alterità, diversità, creatività e vita. Per questo amo questa città così generosa, così aperta, così viva.

La Palazzina dei Principi che ospiterà la Collezione Lia e Marcello Rumma

Oltre all’importanza delle singole opere, che la donatrice vorrebbe far crescere per perfezionare la raccolta con nuove acquisizioni, la sezione museale dedicata alla Collezione Rumma intende illustrare un gusto e una visione che rappresentano le scelte e la particolarità di una tra le personalità più significative della storia della contemporaneità.
Ci sono vite che si costruiscono come avventure, come lotte, come destini. Ci sono vite che sono fatte di passione e di sacrifici, vite consapevoli che non si vince senza intelligenza e visione. Tra questi eroici lottatori ci sono i collezionisti che hanno intuito l’arte del loro tempo, che hanno capito i profondi messaggi che l’arte introduce sempre nelle nostre vite e nel mondo che ci circonda. Sono questi collezionisti a scrivere la storia, per questo i musei, che sono la memoria della sensibilità e del genio umano, rappresentano la destinazione naturale delle loro raccolte. Con il dono della collezione a Capodimonte Lia e Marcello Rumma entrano nella storia, ma, ancor più, fanno entrare la storia a Capodimonte, una storia di cui sono stati testimoni e attori quando alla fine degli anni Sessanta con l’Arte Povera, l’arte italiana è entrata radicalmente nella contemporaneità ( Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte)[2]
Dopo la proiezione di alcuni scene del video in cui viene intervistata da Lucio Amelio, Lia Rumma accenna al suo rapporto con lui, al fatto che l’intervista era stata realizzata quando era giovanissima e aveva appena aperta la galleria, della sua difficoltà a rispondere, una sorta di timidezza che tuttora persiste … anche perché gli argomenti sono importanti e mi rendo conto quale peso possono avere le parole . Quando ha aperto la galleria siamo stati fieri antagonisti sull’arte … poi la sera andavamo a mangiare insieme, facevamo molti affari insieme, brontolavamo contro questa Napoli che non ci dava abbastanza ascolto, che era difficile, che i collezionisti non si volevano aprire … erano ancora troppo legati a cose importanti ma del passato … noi volevamo vivere totalmente la nostra contemporaneità. Ad una domanda specifica sulla relazione con gli artisti risponde che il rapporto tra galleristi e artisti non sono mai cosi pacificiquando le cose crescono insieme nascono delle dinamiche perché quando si crea qualcosa di nuovo si hanno dubbi, perplessità. Anche … sulla collezione io ho avuto dubbi, timori, ho avuto paure, ho detto andiamo avanti, poi volevo tornare indietro, insomma una dinamica che naturalmente fa parte delle persone .. Con gli artisti è la stessa cosa si progetta poi  si discute, alle volte si litiga … in una intervista mi è stato chiesto come fa a conservare  rapporti così lunghi  Non ho risposto perché non lo so … non voglio dire per generosità quando teniamo molto alle persone si combatte e si lotta non per vincere ma per creare rapporti sempre piu duraturi e più solidi e lasciare alla storia un pezzetto di noi.

Piero Gilardi: Sassaia di fiume, 1969
Poliuretano espanso


Nel presentare il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, Sylvain Bellenger  ricorda che quella odierna è una delle donazioni più importanti dal dopoguerra  ad oggi per i musei italiani di arte contemporanea ed è tanto più importante perché permette di presentare l’Arte povera in questo momento così radicale e così complicato da definire.
Per Massimo Osanna il salone delle feste  ospita in questa occasione una festa memorabile, un’avventura che resterà nella storia; Croce scriveva che la storia è sempre contemporanea e lui aggiunge che l’arte è sempre contemporanea.
L’Arte povera degli anni sessanta e settanta trova la sua giusta collocazione a Capodimonte perché come sappiamo l’Arte è sempre condizionata e ispirata dalle opere del passato, l’arte ha sempre vissuto della memoria del passato. Interprete del presente però contenente e accogliendo all’interno la memoria del passato.
Ringrazia Sylvain per la sua attività che conferma Capodimonte come uno dei musei più grandi dinamici  del panorama italiano e internazionale. Il sistema museale, continua, si sta trasformando da istituzione statica a istituzione dinamica. Non più sale un po’ polverose con didascalie incomprensibili ma spazi di incontro, di confronto, di riflessione, di critiche e di autocritiche.  Aprire le porte all’arte contemporanea vuol dire radicare i musei non solo nelle comunità e cogliere sempre più pubblico ma farle diventare un pezzo fondamentale della nostra vita contemporanea  … e Napoli è una città che si conferma un luogo straordinario in Italia per l’arte contemporanea.
Il direttore Bellenger dopo aver ricordato che alla Biennale di Venezia il padiglione Italia è stato affidato a un unico artista della squadra di Lia chiede a Onofrio Cutaia, Direttore Generale Creatività Contemporanea, cosa rappresenta la galleria e la personalità di Lia Rumma nella contemporaneità.
Secondo Onofrio Cutaia non è da oggi che il lavoro di Lia Rumma intercetta l’immaginario degli artisti e non solo quelli di arte contemporanea ma anche di quelli che  si occupano di cinema e di teatro. Ricorda che quando dirigeva il Mercadante moltissimi registi  di quelli che invitava a produrre avevano una relazione con Lia Rumma.
Io credo che il lavoro di Lia Rumma e quello dei suoi collaboratori sia stato e sia tuttora come nel caso del padiglione Italia, un grandissimo propulsore di luogo immaginario di intreccio tra le arti che è un po’ quello che ho visto fare qui, nel corso di questi anni, … mai è stato trascurato quello che circolava nelle viscere dei territori anche a livello di teatro, di danza, di musica.
Quando è stata presa la decisione, continua Cutaia, Commissario dell’attività, suffragata dal ministro Franceschini, di avere per la prima volta il Padiglione Italia[3] affidato ad un unico artista, c’era bisogno di qualcuno che avesse una ricerca in atto. Questa persona è stata individuata in Gian Maria Tosatti artista della squadra di Lia Rumma che vive e lavora a Napoli, una città che ha una grande capacità di attrare ed ospitare. Il ministero della Cultura ha affidato la responsabilità di questa scelta ad un grande intellettuale di questa città: il curatore Eugenio Viola di Scampia.
Nell’introdurre il sindaco Gaetano Manfredi il direttore Bellenger ricorda che si viene a Napoli per il Grand tour, per l’Archeologia, per le Regge borboniche ma si deve vivere a Napoli per capire quando l’arte contemporanea sia importante e quando sia vissuta in questa città. Ci sono tante piccole gallerie, tanti artisti, sono appassionati, creativi … è come se la crisi permanente della città fosse trasformata …  espressa  attraverso una ricerca artistica molto, molto creativa per la città.
Nel ringraziare Lia, Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli ricorda che la donazione di questo grande patrimonio artistico e culturale non è a Capodimonte, al Ministero o allo Stato Italiano ma alla città e sottolinea che la collezione rappresenta un percorso profondamente intrecciato con la storia della città di cui queste settanta opere sono la testimonianza. Parlare di arte contemporanea a Napoli significa parlare di una grandissima realtà storicamente presente ma poco conosciuta perché la città è spesso prigioniera della dimensione classica, di questa grande eredità che ha ricevuto e che è possibile vedere nelle bellezze di questo luogo.
Può diventare una prigione se non si riesce a cogliere il cambiamento ed intercettare quelle che sono le nuove tendenze artistiche e culturali che vivono nella contemporaneità. Per fortuna e facendo anche riferimento al passaggio sull’identità del direttore … penso che Napoli abbia una caratteristica unica sia una città che mette insieme identità ed alterità è capace di coniugare la sua dimensione identitaria con la sua dimensione di accoglienza, di inclusione, di confronto, di continua trasformazione … questo è un patrimonio straordinario che noi abbiamo ereditato e che dobbiamo conservare e mantenere. Quando si dice che questa città ha una grande creatività malgrado i problemi, in fondo bisogna riconoscere che è figlia del conflitto: se non c’è conflitto, se non c’è contrapposizione, non c’è sofferenza, non c’è neanche creatività. Napoli riesce a rigenerare la sua dimensione culturale e artistica, e questo è un altro patrimonio ereditato, partendo dalle sue grandi contraddizioni. Scampia, che è uno dei quartieri più difficili e conflittuali di Napoli, è anche uno dei luoghi più creativi: sta donando alla nostra città e al nostro paese artisti e scrittori che hanno una grande dimensione ed una grande capacità proprio di interpretare la contemporaneità.
Il sindaco passa poi ad illustrare il progetto Capodimonte, che consente di vedere questo sito non come un Museo ma come una Città-Museo, dove non c’è solo questa straordinaria Reggia ma, così come è stato concepito dai Borboni, un posto con tanti luoghi a rappresentare tante dimensioni culturali con tante funzioni:  quella educativa, quella di ricerca, quella di divulgazione.
 Il recupero della Palazzina che deve ospitare la collezione è un passo fondamentale per la costruzione di questa Città-Museo, un posto magnifico dove sono presenti tanti attrattori diversi e significativi realizzati con contenuti importanti. In questo modo si esce dalla dimensione della reggia e si entra in quella della città museale.
Il richiamo ai collegamenti con il centro urbano è  un tema storico e una responsabilità della città e l’amministrazione sta lavorando per dare una risposta. In conclusione, nel sottolineare la poliedricità di Lia, ricorda che nei momenti di grande trasformazione e di grande complessità chi dà l’energia del cambiamento è la contaminazione.
Lia ha avuto questa grandissima capacità di essere un’artista della contaminazione di essere in grado di mischiare bene le cose e Napoli è un luogo dove si mischia in senso negativo ma anche in senso positivo. Lia è stata una grande maestra della contaminazione l’ha fatto contaminando generi, arti, persone.Questo è il messaggio più importantel’eredità più importantee noi godiamo da questa contaminazione. Continuare a contaminare, continuare a contaminarci è un grande contributo che la città può dare al paese e al mondo. In questo momento di grande trasformazione chi sa contaminarsi sa guardare oltre Lia ha sempre guardato oltre e se oggi abbiamo questo grande patrimonio perché Lia ha saputo contaminare e ha saputo contaminarsi. La ringrazio a nome della città a nome di tutti i napoletani veramente grazie per aver fatto questa donazione straordinaria alla nostra amatissima città.
L’ultimo intervento spetta a Lia Rumma che si schernisce all’inizio dell’intervento dicendo: Non sto piangendo sono solo sudata perché fa caldo. Si, fa caldo ma l’emozione è grande e si palpa nell’aria.
Lei è una donna straordinaria; ha saputo affrontare le situazioni più difficili, specie quando era molto giovane, con determinazione facendo  della fragilità la sua forza. Siamo qui per assistere al racconto di una donazione ma soprattutto alla narrazione di una collezione legata alla sua storia dove l’esperienza di vita si intreccia con quella del suo lavoro. In silenzio la sala gremita ascolta quello che dice e soprattutto quello che non dice, sublimato da un sorriso e da una battuta veloce tipico di chi è abituata ai voli pindarici degli artisti: da attenta osservatrice sa captare i pensieri prima che diventino parole e indirizzare e gestire prima che diventino azione.
Dopo aver ringraziato i tanti coinvolti in questa donazione dal ministro Franceschini, ai tanti  amici e collaboratori ricorda che ci sono state richieste, anche abbastanza serie,  di portare altrove la Collezione. Per il legame che queste opere hanno con  la sua storia e quella di Marcello Rumma lei ha sempre desiderato, ed è stato un punto fermo nella sua vita, lasciare la collezione in Italia.
Ha ancora fiducia nello Stato italiano e ha accettato molto volentieri la proposta del direttore Bellenger a cui va tutta la sua gratitudine. Si dice contenta del luogo scelto per ospitare la collezione la Palazzina dei Principi, che è situata a ridosso della Reggia. Alle volte raccontavo a Sylvain cosa diranno Caravaggio, Masaccio, Tiziano sui nostri contemporanei  e poi ho ricordato un verso del Manzoni: ai posteri l’ardua sentenza. Noi facciamo le cose e poi vediamo quale sarà la sentenza.
Nel suo racconto Lia Rumma dice di aver chiesto al suo amico Gabriele Guercio uno storico dell’arte nonché un intellettuale attento alle sorti dell’arte contemporanea, di aiutarla in questa impresa elaborando il progetto scientifico. Sarebbe stato più semplice raccogliere opere di artisti di fama internazionali però ci siamo convinti che, per quanto più difficile, sarebbe stato di gran lunga più interessante donare un insieme di opere di artisti italiani.

Marisa Merz
Senza titolo, s. d.


Al momento il corpus comprende circa una settantina di opere tra dipinti, sculture, fotografie e lavori su carta di una trentina di artisti a partire dagli anni 60 e 70. Sia chiaro che l’insieme non vuole proporsi come una panoramica esaustiva dell’arte italiana e chiaramente riflette il mio gusto personale nonché un preciso orientamento culturale; questa parzialità è significativa e offre tra l’altro un quadro abbastanza fedele dei temi e delle questioni affrontate da una precisa generazione dell’arte emersa in quegli anni.
Ricorda che nel 1971 dopo la scomparsa di Marcello e l’apertura della sua galleria d’arte a Napoli ha continuato a tenere lo sguardo  sugli artisti italiani e a proseguire l’intento, già condiviso con lui, di collezionare opere che le sembravano le piu suggestive degli artisti italiani di quella generazione rammentando come Marcello puntava sui giovani artisti anche locali di quel periodo.
Il progetto di Guercio prevede una collocazione della collezione tale da valorizzare l’unicità di ciascuna delle opere senza rinnegare il fatto che costituiscono un insieme. Il progetto architettonico è stato affidato all’architetto Ippolito Pestellini che dovrà interpretare queste intenzioni così da fare percepire ai visitatori della palazzina di trovarsi viso a viso con delle opere d’arte.  Il desiderio che ho è che la palazzina divenga un luogo di concentrazione più che di fruizione. L’architettura della palazzina va pensata come un avvicendamento tenendo conto che già la scelta iniziale di circoscrivere la donazione della collezione dell’arte italiana è di per se una recinzione ed una delimitazione di campo. Ciò detto non si tratta di richiamare l’immunità dell’arte italiana dal resto del mondo. In questi mesi abbiamo spesso riflettuto sul fatto che la donazione sia diretta allo stato italiano e che la collezione diventerà un bene comune ma mi sembra giusto che il confronto con una tale raccolta possa in futuro offrire uno stimolo per riflettere sui legami non sempre cosi semplici tra i luoghi e le persone, tra i pensieri  e le ragioni artistiche.
La raccolta della Collezione Rumma sarà esposta nella Palazzina dei Principi, edificio situato a poca distanza dalla Reggia, dopo i lavori di ristrutturazione, nel 2024.
La Palazzina dei Principi è l’edificio più prestigioso e centrale del complesso di Capodimonte, dopo la Reggia. Contraddistinta da un’elegante e sobria struttura, consta di 4.000 metri quadrati circa di superficie e fu costruita nel XVII secolo per volere dei marchesi Carmignano di Acquaviva. Divenuta una delle più celebri ville suburbane delle colline napoletane, fu acquistata dal re durante la costruzione del Palazzo Reale della tenuta di Capodimonte. Deve il suo nome ai principi reali, ovvero i figli di Francesco I di Borbone, che qui risiedettero a partire dal 1826.
L’insieme delle opere copre un arco di tempo che va dal 1965 agli anni duemila. Gli artisti selezionati dalla collezionista sono oggi rappresentati nei maggiori musei d’arte contemporanea del mondo, Moma di New York, Centre Pompidou di Parigi, Tate Modern di Londra. Non a caso, più volte sono arrivate proposte di acquisizione dall’estero, ma l’obiettivo di Lia Rumma come ha ribadito durante la conferenza stampa del 21 luglio 2022, è sempre stato quello di far sì che non venisse mai cancellata la memoria e la storia di quegli straordinari anni dell’Arte Italiana: la collezione doveva infatti rimanere in Italia.
©Riproduzione riservata 

Michelangelo Pistoletto, Mappamondo, 1966-68

NOTE

[1] La Libreria Dante & Descartes ha pubblicato nel 2020,  il volume “Napoli porosa” scritto nel 1924 da  Walter Benjamin testo. durante un soggiorno a Capri di sei mesi in compagnia di Asja Lacis, attrice e drammaturga attiva in Germania e in Unione Sovietica e collaboratrice di Brecht e Piscator.  Questa edizione contiene le aggiunte dalla prima redazione del dattiloscritto inviato da Benjamin a Gershom Scholem. “Porosità significa non solo, o non tanto, l’indolenza meridionale nell’operazione, bensì piuttosto, e soprattutto, l’eterna passione per l’improvvisazione.” W. Benjamin

[2] https://capodimonte.cultura.gov.it/donazione-della-collezione-lia-e-marcello-rumma-a-capodimonte/

[3] S’intitola “Storia della notte e destino delle comete” ed è firmato da Gian Maria Tosatti. Con il creatore erano presenti Dario FRANCESCHINI Ministro della Cultura, Roberto CICUTTO Presidente della Biennale di Venezia, Onofrio CUTAIA Direttore Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura Commissario del Padiglione Italia, Eugenio VIOLA Curatore del Padiglione Italia.

Nella foto di copertina, conferenza stampa nel Salone delle Feste del Museo e Real Bosco di Capodimonte con , la collezionista e donante Lia Rumma, il Direttore generale dei Musei Massimo Osanna, il Direttore generale Creatività Contemporanea Onofrio Cutaia, il sindaco Gaetano Manfredi e il Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger

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