Emozionato. Quasi da non poter trovare le parole per parlare al pubblico che affolla la sala della Giunta del Comune di Napoli. In attesa di ascoltare il Maestro di Biella, esponente di spicco dell’arte povera, che ha appena compiuto novant’anni.

Qu sopra, Pistoletto durante la presentazione della Venere in sala Giunta
In copertina, la sua opera aperta


Michelangelo Pistoletto è in città per inaugurare in piazza Municipio la sua gigantesca Venere (neoclassica) degli stracci che dà le spalle a Palazzo San Giacomo e rivolge lo sguardo al mondo, al mare, a quel Mediterraneo culla di culture differenti, ma anche tomba per chi scappa dall’orrore e non ce la fa a toccare la sponda di un futuro.
L’artista spiega e improvvisamente il brusio della persone nello spazio che lo accoglie cede il passo a una silenziosa attenzione: «L’opera è nata in maniera molto semplice, nel 1967. Avevo un mucchio di stracci nello studio per pulire i miei quadri specchianti e in un magazzino per progetti da giardino ho preso d’istinto questa scultura di 1 metro e 35 circa, l’ho caricata in macchina e portata a casa. E le ho detto : “Adesso aiutami a tenere su questi stracci, e lei lo ha fatto”. La Venere è uno dei miei oggetti in meno che nascono sulla linea della spontaneità».


Ma cosa vuol dire oggetti in meno? Pistoletto non la lascia la platea nel buio e chiarisce: «Vuol dire che c’è una necessità che provoca un atto, e fa accadere qualcosa di universale. Nel nostro cervello abbiamo un grande meccanismo, il meccanismo del possibile. Durante la nostra vita esprimiamo continuamente un possibile che si trasforma in realtà. L’universo è una massa di possibilità che man mano si trasformano in esistenza fisica, ogni cosa che passa dal possibile all’essere è una possibilità in meno. Poi, a sua volta diventa un oggetto che suscita altre possibilità e fa funzionare le cose che proseguono. Potrei dire che la Venere è l’ultimo degli oggetti in meno».
E approfondisce: «La Venere è una memoria che attraversa il tempo, materna, femminile, si sviluppa su una dualità: la mostruosità di quegli stracci che invadono, per esempio, metri di spiagge africane, distruggendo gradualmente il pianeta e la bellezza della nascita dell’essere umano che di quegli stracci si veste. C’è chi mi dice: “Pistoletto, lei ha fatto la Vergine degli stracci».
Venere è Dio, ma anche il diavolo. Da una parte abbiamo il massimo negativo, dall’altra il massimo positivo. Una provocazione che stimola il pensiero: «L’arte deve portare il cervello a funzionare perché una nuova era possa nascere: io l’ho chiamato il terzo Paradiso. Ho realizzato tre cerchi dell’infinito, che diventa finito. Nel cerchio centrale, che è sempre vuoto, si incontrano i due elementi che sono sempre contrastanti in qualche maniera. La creazione avviene così, da due elementi che si incontrano dando la luce a un terzo: ossigeno e idrogeno producono acqua, maschile e femminile la persona che non esisteva, tesi e antitesi, creano la sintesi. Abbiamo la possibilità di capire che la Venere rappresenta questo: una memoria straordinaria che fa parte di noi e una miseria tremenda che pure ci appartiene. Dal contrasto può svilupparsi l’equilibrio, ma dobbiamo impegnarci per un vero cambiamento».
Quello di Pistoletto con Napoli è un rapporto consolidato nel tempo, attraverso le gallerie di Lucio Amelio e Lia Rumma, fino alla collaborazione con il museo Madre. E da ieri la sua Venere accoglie chi sbarca in città: davanti al porto, un lavoro aperto che passanti e cittadini vorrebbero arricchire donando i loro vesti dismessi. Ma pure icona della nuova ondata di arte contemporanea su cui naviga la strategia del sindaco Gaetano Manfredi che per realizzarla si fa affiancare dallo storico e critico d’arte Vincenzo Trione, suo consigliere in materia artistica e museale.
L’installazione è la seconda, in ordine di tempo, a rinforzare il rapporto di Partenope con la creatività contemporanea di questa amministrazione, dopo l’inaugurazione dell’installazione Questi miei fantasmi di Antonio Marras realizzata alle rampe del Salvatore, la passeggiata che da via Tari sale accanto alla Federico II fino a via Paladino, nel centro storico.
Non solo grandi autori: ci sarà un’apertura alla città, ai progetti migliori, dicono, con l’avvio di bandi che possano includere anche le energie del territorio che pure sono tante e che si sono sentite, sin dai tempi delle installazioni internazionali in piazza del Plebiscito, totalmente escluse. Mentre si pensa a valorizzare gli spazi esistenti, partendo dal Palazzo delle arti Napoli, in via dei Mille.
Intanto la città tra miseria e bellezza, non si arrende. Lo sa bene chi abita, respira e lavora in piazza del Mercato, dove, malgrado incursioni camorristiche e sfide tra minorenni che impazzano nell’esedra restaurata grazie ai fondi Unesco, ci si mobilita per far emergere cultura, conoscenza, emozioni.
Ha confermato la tenacia degli abitanti di perseverare in un progetto di sviluppo, l’iniziativa la notte di San Giovanni a mare, terminata in un ballo catartico al suono di tammorre e trombe, alla luce di una fiamma, guida e ispiratrice di questa nuova estate napoletana.
Nel grande braciere, con lo scioglimento del chiummo ‘e San Juanne,  il quartiere ha recuperato la sue tradizioni più vere e dal fuoco è emersa  l’innovazione artistica di Gianluigi Masucci.

La notte di San Giovanni in Piazza del Mercato


 In perfetta sintonia, con le parole del primo cittadino Manfredi, quando ha presentato l’opera di Marras: «Il nostro grande passato, le nostre secolari tradizioni non possono in nessun caso essere  un ostacolo al nostro progresso, semmai, rappresentano un vantaggio e una grande opportunità per tutti noi».
Napoli offre contenuti antichi e slancio innovativo. La città millenaria, e allo stesso tempo sempre giovane, comprende la contemporaneità. Divora le regole, per restituire filosofia. 
A Napoli l’arte si vive in ogni modo: ermetica, minore o artigianale  come quella degli artisti di strada che si sono esibiti nella splendida Piazza Mercato, coordinati artisticamente  da Pier Macchie’ .
Dopo il successo dell’iniziativa, Forum, agenzia per lo sviluppo territoriale dell’area del Mercato e degli Orefici, sostenuta da AssoGioCa, Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli, Antico Borgo Orefici e Antiche Botteghe di Piazza Mercato, intende promuovere la manifestazione ogni anno, il 24 giugno. Così la festa per celebrare il santo diventa un modo per accogliere la nuova stagione sull’onda di una gioia contagiosa.
Una prova generale importante, la notte di San Giovanni, che riporta l’attenzione sul progetto di fiera permanente a tema; una scommessa su cui puntano il sindaco Manfredi e l’assessora al turismo Teresa Armato che hanno sempre fortemente creduto nel rilancio economico e turistico della zona.
Una scommessa, come hanno più volte ribadito, che vinceranno grazie all’impegno della cittadinanza molto attiva nell’area. Determinata a non far cadere nell’oblio la piazza dove, dal 30 marzo, spicca la chiave dell’artista italoalbanese Milot. Simbolo della vita, della rinascita di una società aperta a tutto e a tutti, al dialogo, al confronto, di un mondo in cui ci siano possibilità e potenzialità per tutti.

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